15 HA PIU’ NUMERI DI 18

Oramai la spaccatura non solo è evidente, ma suggerisce riflessioni che proprio campate in aria non appare che possono essere per come suggerite da singoli e seppure eclatanti avvenimenti che viviamo tutti i giorni.

I sindacati, esclusi i cislini, hanno manifestato in oltre 50 città e la partecipazione popolare non pare proprio che sia stata limitata a pochi iscritti o simpatizzanti. Infatti, si è calcolato in non meno di un milione  e mezzo i lavoratori che sono scesi in piazza.

Ha acquistato unasua identità anche quella parte, seppure minoritaria, di parlamentari del Pd che  non è composta solo di un numero di politici impreparati ed occasionalmente per singoli episodi in contrapposizione con il capo del governo.

Aggiungasi, ancora, che non è operante la nuova legge elettorale e se gli avvenimenti lo dovessero determinare, saremmo chiamati a votare con il mattarellum, vale a dire con le preferenze che consente all’elettore di esprimerne una sola con buona pace del patto del Nazareno che è impostato su criteri del tutto diversi.

Aderenti e simpatizzanti delle tesi riguardanti il lavoro e i lavoratori non sono affatto pochi e per le note diatribe intercorse con la politica renziana  il recente suffragio elettorale consegnato al Pd in occasione delle elezioni europee dello scorso mese di maggio appare alquanto difficile che possa ripetersi. Il ritorno alle urne, se Renzi lo volesse decidere per un suo calcolo politico o vi fosse costretto dall’instabile condizione economica, non potrebbe fare a meno di un rinnovato rapporto di conciliazione con i sindacati e con quella parte minoritaria di parlamentari che del tutto convinti  della politica renziana proprio non lo sono. D’altra parte non si può non tener conto che l’Europa, pur non bocciando la legge di stabilità, insiste nel richiedere consistenti riforme strutturali e pensare che le stesse, se si dovesse votare nel 2015, sarebbero ulteriormente rimandate a chissà quando potrebbe crearci problemi di non poco conto.

Ci si rende anche conto che ipotizzare che tutti i partiti in questi momenti di crisi, possano mettere da parte le loro posizioni e adoperarsi tutti insiemiper una crescita nazionale è pura fantasia che non si traduce neanche in un’ipotesi accademica. a prescindere dalla loro origine,

. Non ci sono vie di mezzo. Cambiare il Paese nel perdurare costante di tanti disagi sociali per la disoccupazione sempre crescente, con l’obbligo di rispettare i parametri che ci vengono sempre raccomandati, con un prodotto interno lordo che non accenna a discostarsi dallo zero, con una spesa pubblica talora non amministrativamente uniforme nel perseguimento delle sue finalità, è un’impresa per così dire storica e che potrebbe essere raggiunta e perseguita solo da un governo forte e compatto nelle parti su cui dovrebbe poggiare.

La dichiarata richiesta da parte del governo di avere a disposizione mille giorni per avviare quelle riforme che si ritengono necessarie e indispensabili in questo quadro non perfettamente delineato nei suoi contorni non trova convinto assenso nè dai partiti non governativi per ragioni dagli stessi ritenute fondate e nemmeno di quella parte della società italiana sindacalizzata per come del resto è stato dimostrato con il recente sciopero nazionale. Se si deve per onestà intellettuale sempre rispettare chi la pensa diversamente, per lo stesso motivo si deve consentire agli altri di esprimere un pensiero diverso. Purtroppo, però, non siamo in un’accademia e a farcelo ricordare è il fumo che si innalza da una casa che nel frattempo rischia di bruciare.

In altra occasione si è fatto ricorso al dato fattuale che fra il pane e il caviale esistono tanti altri cibi ed esigenze che nei tempi scorsi, seppure non proprio lontani, abbiamo ritenuto come ineliminabili ed essenziali. La crisi che viviamo non può che farci ricredere e obbligarci ad un adeguamento che si spera proprio che possa essere temporaneo. Negli anni del boom economico era del tutto impensabile che un giovane laureato per assicurarsi l’indispensabile ritenesse in attesa di tempi migliori di cercare un lavoro come cameriere in un ristorante. Ora, con molta probabilità, non trova neanche il ristorante che nel frattempo ha chiuso i battenti per mancanza di clienti.

I paesi che hanno intravisto un’effettiva possibilità dell’insorgenza di una crisi economica si sono attrezzati con opportuni accorgimenti di tecnologie competitive che non hanno mancato di dare i frutti sperati che si concretizza con un aumento del loro prodotto interno lordo che supera, sia pure di poco, lo zero. Da noi, invece, si tenta quanto meno di non scendervi sotto e in questo contesto le piccole e medie imprese hanno subito un danno immenso.

Ed allora, questi 1000 giorni renziani saranno sufficienti e bastevoli per farci ritornare quanto meno a galleggiare?

Lo sapremo in poco tempo quando il giovane laureato invece di espatriare in cerca di un futuro migliore troverà un lavoro di livello corrispondente agli studi compiuti e non penserà di cercare un lavoro di cameriere nel ristorante che h normalmente riaperto i battenti.

 

                                                                                      Politicus

 

 

 

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