VISITA DEL SITO ARCHEOLOGICO DI CASTIGLIONE

L’ incontro conclusivo del Corso di Archeologia Preistorica, si è tenuto il 30 aprile nel sito archeologico di Castiglione con il Prof. Giovanni Di Stefano, e il Presidente dell’Archeoclub di Ragusa Enzo Piazzese. Il Prof. Di Stefano ha tenuto una lezione su un sito, quello di Castiglione, in cui lui stesso dagli anni ’80 al 2000 ha condotto delle campagne di scavi che hanno portato alla luce scoperte sensazionali. L’area su cui è stato ritrovato l’insediamento indigeno, è posto in un pianoro che domina il corso del fiume Ippari, la pianura su cui fu fondata Kamarina, e tutto il territorio circostante. Quindi si tratta di una sistemazione urbanistica strategica, che ha consentito agli abitanti del posto di salvaguardare il loro stato di pace, le loro derrate alimentari e soprattutto gli ha consentito di controllare i traffici commerciali con la Grecia, (importavano le ceramiche di tipo corinzio). Un popolo indigeno-dice il Prof. Di Stefano- che esisteva già prima della fondazione di Kamarina, agli inizi del VI sec. a.c. , che, insieme ai greci, avevano un nemico comune: i greci di Siracusa, e non i greci di Kamarina! Di Stefano spiega che l’urbanistica della città si sviluppa in un modo particolare: prima venivano realizzate le case, e successivamente dal loro perimetro veniva fuori l’allineamento della strada principale, che risulta oggi ben visibile. Gruppi di abitazioni si aprono su cortili lastricati, nei quali troviamo i resti di “Siloi” di forma circolare, dove probabilmente venivano conservate le derrate alimentari. Negli scavi sono stati ritrovati resti di ceramiche di tipo “Licodia Eubea”, ceramiche locali, e, Paolo Orsi trovò anche ceramiche greche, che testimoniano appunto gli scambi commerciali. La scoperta più importante avvenne nella necropoli orientale, nel 2000, quando, a condurre gli scavi fu proprio il Prof. Di Stefano che rinvenne una scultura in pietra, il “Guerriero di castiglione”. Questa scoperta dimostrò che insieme agli indigeni, in questo sito, convivevano anche un piccolo gruppo di greci. Le ipotesi sono molteplici, una fra tutte è che quest’uomo scolpito nella pietra, potesse essere un principe guerriero, un capo. Nella scultura venne rinvenuto anche il nome del principe e di suo padre, ma anche dell’autore della scultura. Il guerriero è raffigurato di prospetto, su un cavallo, con lo scudo e le armi tipicamente greche; alla sua destra c’è una sfinge, e sotto la lastra è scolpito un cavallo. La scultura è l’architrave di una porta decorata, collocata all’interno di una recinzione circolare, nella quale sono stati rinvenuti 7 crani, rivolti tutti verso un’unica direzione, sul margine di una tomba, senza la mandibola inferiore. Da alcuni studi emerse che questi crani furono prelevati da un’inumazione primaria e poi trasportati all’interno dello spazio circolare, per onorare l’ultimo uomo morto con una libagione. Infatti furono rinvenuti anche un set da mensa, coppe ioniche dell’inizio del VI sec. a.c., un cratere a colonnette. Un’altra scoperta interessante, che testimonia, forse, la convivenza di indigeni e greci, è il piccolo santuario realizzato con tecniche costruttive differenti. Presenta dei muri che bipartiscono lo spazio, che potrebbe essere un Sacello greco di fine VI sec. a.c., al cui interno furono ritrovati armi, e per questo si ipotizza che potesse essere dedicato a un dio della guerra. Proseguendo più avanti, si trova un grosso muro di recinzione con una porta, la “Porta di Kamarina” larga circa 4/5 metri, che si pone sulla stessa direzione della strada che solca tutto il pianoro. La visita si conclude visitando la necropoli, con le tombe scavate nella roccia.

Un sito che per la sua strategica ubicazione presenta una bellezza panoramica indescrivibile, che gli indigeni e i greci seppero apprezzare. Ci auguriamo quindi che questi luoghi del nostro passato possano essere meta turistica, magari arricchendoli con un’adeguata segnaletica e un’opportuna manutenzione.

 

 

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