SAN LEOPOLDO MANDIC

 

Nel contesto del Giubileo della Misericordia sono state traslate a Roma le urne con le salme di San  Pio da Pietrelcina  e di San Leopoldo Mandic, due  figli di S. Francesco che hanno vestito il saio dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e  hanno trascorso gran parte della loro esistenza al confessionale,  dispensando perdono, conforto, consiglio e la riconciliazione con il Padre.

Non voglio parlare di San Pio, non ce ne è bisogno. Tutti lo conoscono ed ha un seguito di devoti innumerevole anche tra i non praticanti.

Voglio, invece, dedicare questa pagina a San Leopoldo, piccolo,brutto, insignificante e sconosciuto fraticello(aveva persino, come Mosè,un difetto di pronuncia).

 Voglio sperare che la lunghissima fila di persone che si recava a rendere omaggio a San Pio abbia rivolto una preghiera e un pensiero anche a lui, magari dicendosi :

“Chi era costui?”

Conosco la storia di Leopoldo Mandic grazie all’indimenticabile Padre Enrico Abramo, Cappuccino, Parroco della S. Famiglia negli anni Settanta e Ottanta.

E’ stata  sua l’iniziativa di collocare il simulacro di San Leopoldo in una cappella a sinistra dell’altare maggiore nella chiesa della S. Famiglia. Un altro piccolino lo teneva sulla sua scrivania e, purtroppo, gli è stato rubato, provocandogli un grande dispiacere.

Bogdan Ivan, questi i suoi nomi di battesimo, nacque a Castelnuovo di Cattaro in Montenegro il 12 maggio 1866, penultimo dei sedici figli di Pietro Mandić e di Carolina Zarević, famiglia cattolica croata. Frequentando l’ambiente dei frati cappuccini , in occasione delle funzioni religiose e del doposcuola pomeridiano, il piccolo Bogdan manifestò il desiderio di entrare nell’Ordine.

Fu accolto nel seminario cappuccino di Udine e poi, diciottenne, il 2 maggio 1884 al noviziato di Bassano del Grappa , dove vestì l’abito francescano, ricevendo il nome di fra Leopoldo e impegnandosi a vivere la regola e lo spirito di San Francesco’Assisi. “
Dal 1885 al 1890 completò gli studi filosofici e teologici a Padova e a Venezia.

 Il 20 settembre 1890, nella basilica della Madonna della Salute a Venezia, fu ordinato sacerdote per mano del card. Domenico Agostini.

Di intelligenza aperta, padre Leopoldo Mandić aveva una buona formazione filosofica e teologica.

 Sin dal 1887, si era sentito chiamato a promuovere l’unione dei cristiani orientali separati con la Chiesa cattolica. Nella prospettiva di un ritorno nella terra natia come missionario, si dedicò all’apprendimento di diverse lingue slave, compreso un po’ di greco moderno. Fece domanda di partire per le missioni d’Oriente nella propria terra, secondo quell’ideale ecumenico, divenuto poi voto, che coltiverà fino alle fine dei suoi giorni, ma la salute cagionevole sconsigliò i superiori dall’accettare la richiesta. Infatti, a causa dell’esile costituzione fisica e di un difetto di pronuncia, non poteva dedicarsi alla predicazione.

I primi anni passarono nel silenzio e nel nascondimento del convento di Venezia, addetto al confessionale e ad umili incombenze, tra cui la questua di porta in porta. Nel settembre del 1897,ricevette l’incarico di presiedere il piccolo convento cappuccino di Zara in Dalmazia. Durò poco la speranza di poter realizzare l’aspirazione alla missione , già nell’agosto del 1900 fu richiamato in Veneto dove tra il 1906 e il 1909 prestò servizio come confessore.

A Padova Padre Leopoldo,  nell’agosto del 1910, fu nominato direttore  dei giovani frati cappuccini che frequentavano lo studio della Filosofia e della Teologia.
Furono anni di intenso studio e dedizione. A differenza di altri docenti, padre Leopoldo – che insegnava Patrologia – si distinse per benevolenza, che qualcuno riteneva eccessiva e in contrasto con la tradizione dell’Ordine. Anche per questo, probabilmente, nel 1914 fu improvvisamente sollevato dall’insegnamento. E fu un nuovo motivo di sofferenza.Così, a partire dall’autunno del 1914, a quarantott’anni di età, gli venne chiesto l’impegno esclusivo nel ministero della confessione.

Fortemente legato alla sua terra d’origine, padre Leopoldo aveva mantenuto la cittadinanza austriaca. Le scelta, motivata dalla speranza che i documenti d’identità favorissero un suo ritorno missionario in patria, si muta però in problema, nel 1917, con la rotta di Caporetto. Come altri ‘stranieri’ residenti in Veneto, nel 1917 fu sottoposto a indagini di polizia e, visto che non intendeva rinunciare alla cittadinanza austriaca, venne mandato al confino nel Sud d’Italia.

Il 27 maggio 1919 ritornò a Padova, dove riprese il proprio posto nel confessionale. La sua popolarità aumentò a dispetto del carattere schivo. Gli Annali della Provincia Veneta dei Cappuccini riportano: “Nella confessione esercita un fascino straordinario per la grande cultura, per il fine intuito e specialmente per la santità della vita. A lui affluiscono non solo popolani, ma specialmente persone intellettuali e aristocratiche, professori e studenti dell’Università e il clero secolare e regolare”.Nell’ottobre del 1923 i superiori religiosi lo trasferirono a Fiume  ma, soltanto una settimana dopo la sua partenza, il vescovo di Padova, interprete della cittadinanza, invitò il Ministro provinciale dei francescani Cappuccini  a farlo ritornare. Così, per il Natale di quell’anno padre Leopoldo, obbedendo ai superiori e congedando il sogno di lavorare sul campo per l’unità dei cristiani, era di nuovo a Padova.Da Padova non si allontanerà più per il resto della vita. Qui, spenderà ogni momento del suo ministero sacerdotale nell’ascolto sacramentale delle confessioni e nella direzione spirituale. Domenica 22 settembre 1940, nella chiesa del convento di Santa Croce, fu festeggiato il 50º anniversario dell’ordinazione presbiterale.

Negli ultimi mesi del 1940 la sua salute andò sempre più peggiorando. All’inizio di aprile 1942 fu ricoverato all’ospedale: ignorava di avere un tumore all’esofago. Rientrato in convento continuò a confessare, pur in condizioni sempre più precarie. Com’era solito fare, il 29 luglio 1942 confessò senza sosta, trascorrendo poi gran parte della notte in preghiera. All’alba del 30 luglio, nel prepararsi alla Santa Messa, svenne. Riportato a letto, ricevette il sacramento dell’unzione degli infermi. Pochi minuti dopo, mentre recitava le ultime parole della Salve Regina, tendendo le mani verso l’alto, spirò. La notizia della morte di padre Leopoldo si diffuse rapidamente a Padova. Per un paio di giorni una folla ininterrotta passò al convento dei Cappuccini per rendere omaggio alla salma del confessore, già santo per molte persone.

Il 1º agosto 1942 ebbero luogo i funerali  nella chiesa di Santa Maria dei Servi. Venne sepolto nel Cimitero Maggiore di Padova, ma nel 1963 il corpo venne traslato in una cappella presso la chiesa dei Cappuccini di Padova .

 Nel 1983 è stato proclamato santo da Papa Giovanni Paolo II.

 

 

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it