RISCHI DA PETROLIO: NON SOLO L’ESTRAZIONE MA ANCHE IL TRASPORTO

Spesso quando si parla dei rischi da petrolio ci si concentra solo sull’estrazione: ma purtroppo c’è molto di più. Ce lo ricorda in questi giorni l’ennesimo nuovo disastro ambientale in mare causato da 400 mila litri di petrolio al largo delle coste di Santa Barbara in California, per un guasto alla conduttura della Plains all american pipeline. Il mare è ora nero di catrame: il petrolio oltre che in acqua è finito sui sassi, sulla sabbia e a riva per una lunghezza di costa di 16 km portando alla chiusura delle spiagge e all’evacuazione dei campeggi con gravi riflessi sull’economia della zona che deve molto al turismo. Le operazioni di pulizia sono così difficili e i danni così vasti che il governatore della California si è visto costretto a proclamare lo stato di emergenza nella zona turistica di Santa Barbara, località a nord-ovest di Los Angeles.

Gli sversamenti di petrolio non sono mai un incidente, bensì la diretta conseguenza di misure di controllo e prevenzione insufficienti, adottate da compagnie petrolifere che mettono il loro interesse davanti ogni rischio per l’ambientale e per la salute umana.

Ciò che accaduto in California può purtroppo accadere anche da noi a causa dell’oleodotto di 35 km, di cui 6,5 in mare, che la società Irminio intende costruire per sfruttare i pozzi che vorrebbe scavare lungo il fiume Irminio. In tal caso allora, si potrebbe dire addio al turismo di cui tanti si riempiono la bocca.

A quanti incidenti dovremo ancora assistere prima che i nostri governi e i nostri amministratori capiscano che occorre imboccare un’altra strada? Non è bastato l’inquinamento delle acque potabili di Santa Croce Camerina in concomitanza della perforazione del Pozzo S.Anna di proprietà della Enimed, Irminio ed Edison ? Alla necessità di un cambio radicale del modello energetico ci sono arrivati anche in Arabia Saudita, primo produttore mondiale di petrolio. Il potentissimo ministro del petrolio del Regno, Ali al-Naim, prevede un futuro senza petrolio, e neppure tanto lontano: nel 2040, 2050.  Riad, ha sostenuto Al Naimi, intende “diventare una potenza globale nell’energia solare ed eolica”.

Riteniamo che il comune di Ragusa, prima di decidere (auspichiamo negativamente) sul rilascio della concessione edilizia alla soc. Irminio per le ricerche petrolifere nella vallata del fiume, debba pensare attentamente alle conseguenze che potrebbe avere quella scelta. Proponiamo invece che faccia come gli arabi, investa le risorse delle royalty petrolifere nella transizione verso un modello energetico a bassa emissione di CO2, per il bene dell’ambiente, della salute, dell’economia e del lavoro. Si sa infatti che investire in rinnovabili ed efficienza energetica permette di creare molti ma molti posti di lavoro in più del settore petrolifero.

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