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QUANDO IL MARKETING INGANNA NELLA SCELTA DEI PRODOTTI CONFEZIONATI
30 Apr 2015 13:16
Supermercato, corridoio “biscotti e prodotti per la prima colazione”: sfilze di confezioni colorate, pacchi di tutte le forme e dimensioni, nomi fantasiosi che destano curiosità (o scetticismo, a seconda dei casi), ma la cosa che più salta all’occhio è quella breve, strategica dicitura, il cosiddetto “health claim”, posto in bella vista e volto a spiegare le “uniche” proprietà di quel prodotto. Stessa cosa accade per prodotti da forno, yogurt, formaggi e latticini. E tra un po’ anche per i surgelati.
Quanto c’è di vero? La legislazione, teoricamente, è molto semplice: è vietato dichiarare in etichetta informazioni false. Peccato che i geni del marketing riescano ad aggirare tale divieto con frasette all’apparenza innocue ma, credetemi, capacissime di condizionare le scelte del consumatore. E questo lavaggio del cervello comincia molto prima di entrare al supermercato: la pubblicità in tv, per radio e in giro per la città è letteralmente tartassante. Uno yogurt “abbassa il colesterolo” (no comment, ormai conoscete la mia idea in merito), l’altro “protegge il tuo cuore”, un altro ancora “sgonfia la pancia”. Il colmo è che la gente abbocca. Come biasimarla, del resto, se a volte sono gli stessi dietologi o nutrizionisti a consigliare Danacol e Activia facendoli passare per prodotti miracolosi? Tanto per saperlo, il famoso Bifidus ActiRegularis non esiste, o meglio, altro non è che il nome commerciale del Bifidobacterium animalis DN-173 010, ovvero un probiotico sviluppato dalla Danone Research: si tratta, quindi, di un composto chimico, non di un ceppo batterico naturale, nemmeno tanto miracoloso…
Di esempi come questo ce ne sono a decine, ma il punto è: serve davvero fare la spesa al supermercato più in voga, scegliere solo prodotti di marca, leggere bene le etichette delle confezioni? No, perché gli inganni si fanno sempre più subdoli, arrivando dove e quando meno ce li aspettiamo. Basta pensare ai tanti casi di “frodi” più o meno note: hamburger preparati mescolando ingredienti di dubbia natura; gelati addensati con la carragenina, alga marina su cui sono state fatte non poche critiche; hot dog e wurstel fatti con ritagli (o meglio, scarti) di carne, frammenti di ossa, cereali e altre parti degli animali; olio d’oliva tagliato con altri oli più economici e scadenti; formaggio grattugiato e pangrattato pronti contenenti quantità significative di cellulosa. Alla lista di “alimenti” fatti grazie agli scarti o con ingredienti poco genuini possiamo aggiungere: formaggini, sottilette, dadi da brodo, alcuni salumi e affettati, alcuni formaggi confezionati (la cui “pasta filata” altro non è che una fusione degli scarti di lavorazione di un prodotto di maggior pregio) etc.
Di questi prodotti non sempre è facile capire l’inganno celato dietro a un nome “tranquillo e comune”, ma seguire le pubblicazioni dell’EFSA (www.efsa.europa.eu/it) o le denunce del Fatto Alimentare (www.ilfattoalimentare.it) può essere d’aiuto, così come porsi qualche domanda quando ci si trova davanti a un health claim clamoroso, che promette solo vantaggi per la nostra salute.
È il caso, infatti, di tutti quei prodotti che vengono dichiaratamente fatti passare per “salutari”, quando farne a meno sarebbe l’unico vero vantaggio per la nostra salute. È il caso di patatine, biscotti, crackers, grissini, crostini, alcuni yogurt e formaggi. Vediamone alcuni.
Dopo numerose denunce, sia di privati che dell’Unione nazionale consumatori, nel 2014 l’Antitrust ha sanzionato le patatine fritte SanCarlo, Amica Chips, Pata e Ica Foods per pubblicità ingannevole, e si è trattato di multe salate: 350.000 euro per il gruppo “San Carlo”, 300.000 per “Amica Chips”, 250.000 a “Pata” e 150.000 per “Ica Foods”.
Infatti, come il “Fatto Alimentare” ha più volte dichiarato, queste aziende hanno usato diciture e immagini “allettanti” per attribuire ai propri prodotti una natura artigianale e pregiate qualità, nonostante la manifattura decisamente industriale e di certo non proprio salutare. Sulle confezioni di “Eldorada” e “Alfredo’s” di Amica Chips, infatti, si poteva leggere “cotte a mano”, mentre Pata declamava “patatina artigianale” le sue “Da Vinci chips”, e Ica Foods vendeva “Le contadine” come “fatte a mano”. Tra le motivazioni dell’Antitrust, si legge: “quattro le imprese sanzionate, dichiaravano un ridotto contenuto di grassi nelle confezioni, non rispettando le regole secondo cui la percentuale di riduzione vantata era inferiore rispetto a quella consentita”. In particolare, la patatina “Rustica” pubblicizzata dal cuoco Carlo Cracco e “La patatina” di Amica Chips, sono state condannate per pubblicità ingannevole per “aver presentato in maniera ambigua e omissiva le caratteristiche reali e distintive di alcuni prodotti, generando così nei consumatori l’erronea convinzione che queste confezioni fossero nettamente diverse dal prodotto base”, quando non è affatto così!
Tra l’altro, tre di queste aziende hanno dichiarato con particolare enfasi grafica la presenza di olio d’oliva (“Autentica trattoria all’olio di oliva” di San Carlo; “Eldorada, la tradizionale con olio d’oliva” di Amica Chips; “Da Vinci chips: con olio extra vergine d’oliva”), anche se la percentuale di questo tipo di olio era più bassa degli altri oli vegetali presenti!
Un altro caso che si commenta da solo è quello dei frollini “Fiori di latte” della Barilla (già il nome è tutto un programma), i cui spot pubblicitari riscuotono molto successo, poiché dichiarano un contenuto di grassi del 40% in meno rispetto agli altri prodotti. La quantità di grasso è realmente ridotta, ma ciò non comporta una significativa riduzione delle calorie, come verrebbe spontaneo pensare. Infatti, la tabella nutrizionale indica 424 kcal/100 g, un valore di poco inferiore ai Rigoli (457 kcal/100g), alle Primizie (469 kcal/100g), alle Campagnole (460 kcal/100g), ai Magretti di Galbusera (443 kcal/100g) – che tra l’altro hanno più calorie dei normali Frollini della stessa marca… alla faccia del nome) – , agli Oro Saiwa classici (430 kcal/100g e meno grassi di tutti!) e a molti, molti altri biscotti. Potete davvero divertirvi (o disgustarvi) leggendo tutte le etichette…
Considerando anche il peso del signolo biscotto, facendo colazione con 5 Fiori di latte o con 5 Rigoli o altri biscotti, si ingeriscono praticamente le stesse calorie, con un aumento dall’8 al 15% (a parità di peso) quando si opta per versioni più “grasse” tipo Campagnole, Gocciole, Macine, Krumiri etc. Un aumento poco significativo, insomma.
Se qualcuno, inoltre, si è posto lo scrupolo di leggere l’etichetta al supermercato, avrà notato che, a dispetto del nome, i Fiori di latte contengono solo il 5,1% di… latte scremato in polvere! Dove sarebbe il vero latte? Gli altri ingredienti sono praticamente uguali a quelli degli altri biscotti Mulino Bianco (e non solo), e il prezzo, guarda un po’, è decisamente maggiore.
Infine, un ultimo, ma non meno importante, aspetto da tenere in considerazione riguarda il tipo di grassi utilizzati, soprattutto dopo il boom esploso contro l’uso di olio di palma. Indovinate? Barilla per la linea Mulino usa proprio quello, particolare un tantino in contrasto con il claim salutistico del biscotto “semplice, leggero, cotto al forno e blablabla” tanto esaltato dalla pubblicità.
Ahimè, – sospiro di rassegnazione -, la lista è lunga, eppure i carrelli continuano a essere pieni di questi e altri prodotti (dai formati sempre più grandi, evviva la convenienza) che meriterebbero piuttosto di finire nel dimenticatoio. Vi lascio riflettere su come un biscotto/cracker/grissino “povero di grassi o di zuccheri o di chissà cosa”, possa aiutarvi a “ridurre il colesterolo” o “migliorare il vostro benessere intestinale”. Se proprio vogliamo mangiare biscotti e crackers a colazione e a merenda, almeno non illudiamoci che saranno loro a farci vivere meglio e più a lungo.
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