PERCHE’ VOTARE “SI” AL REFERENDUM DEL 17 APRILE CONTRO LE TRIVELLE

IL 17 APRILE VOTANDO “SI” AVREMMO L’OPPORTUNITÀ DI GUARDARE CON OTTIMISMO AD UN FUTURO ENERGETICO PULITO E RINNOVABILE GIÀ AFFERMATO NEI PAESI PIÙ AVANZATI DEL PIANETA. IL SI EQUIVALE A DARE UNA SCADENZA DEFINITIVA ALL’ESTRAZIONE DI IDROCARBURI DA PARTE DI SOCIETÀ PRIVATE CHE SVOLGONO LE LORO ATTIVITÀ SFRUTTANDO BENI APPARTENENTI ALLO STATO E QUINDI ALL’INTERA COLLETTIVITÀ.

Trivellare il mare è un affare solo per i petrolieri e non si capisce perché le compagnie petrolifere debbano godere di una normativa speciale che non vale per nessun altra concessione, lasciando quindi loro la possibilità di appropriarsi di una risorsa pubblica a tempo indeterminato.

Ad oggi nel nostro mare sono presenti 79 piattaforme e 463 pozzi distribuiti tra il mar Adriatico, Ionio e Mediterraneo. La produzione nazionale di oggi è calata notevolmente se consideriamo che le piattaforme attive entro le 12 miglia producono meno dell’1% del fabbisogno nazionale per il petrolio ed il 3% per il fabbisogno nazionale del gas. Il MISE stima che sotto i nostro fondali, nel caso si dovesse far leva sulle trivelle, le risorse presenti sarebbero sufficienti a soddisfare il fabbisogno nazionale di petrolio solamente per un periodo di 7 settimane, mentre per quello del gas per appena 6 mesi.  Il che porta a pensare che è più logico votare SI, in tal maniera infatti non solo si tutela l’ecosistema marino e costiero , su cui tali attività di estrazione possono avere un impatto rilevante e disastroso attraverso il rilascio di sostanze chimiche inquinanti, pericolose, e dannose per la nostra qualità di vita, ma indirettamente si tutela il settore turismo del nostro paese caratterizzato fortemente dal grande patrimonio marino e costiero.

Votando SI non si creerebbe nemmeno un danno sui posti di lavoro dato che comunque le attività petrolifere verrebbero cessate progressivamente secondo la loro naturale scadenza, inoltre se pensiamo al polo petrolchimico di Gela ad esempio, dove l’Eni per cinquant’anni ha sfruttato il nostro territorio finché gli ha fatto comodo, cosa abbiamo ereditato?  Un mostro ambientale su cui occorrerebbe un’opera di bonifica di milioni e milioni di euro, ed i posti di lavoro? Sono andati comunque persi. Come anticipato le alternative ci sono: basta investire su un sistema energetico sostenibile, proprio come ha fatto l’ENEL nei giorni scorsi in Nevada. Si, proprio una società Italiana che va a creare posti di lavoro e ricchezza all’estero perché lì gli incentivi ci sono; era presente anche il primo ministro Renzi all’inaugurazione dell’impianto per la produzione di energia eolica e solare. Quindi perché in Italia no e all’estero si? Altra alternativa alle trivellazioni è il biometano ed il biogas che si può produrre in una quantità superiore a quattro volte al gas che estraiamo dalla piattaforme, e non è nemmeno nei nostri mari, bensì nel nostro territorio, nelle discariche  e negli i scarti agricoli (che ancora oggi soprattutto al sud Italia rappresenta il settore con volume d’affari più alto) e risolverebbe non solo il problema dello smaltimento dei rifiuti ma abbasserebbe i costi di produzione e creerebbe migliaia e migliaia di posti di lavoro. Peccato però che, incredibilmente, il biometano non può essere immesso nella rete Snam. Da anni viene infatti ritardata l’approvazione di un decreto che dovrebbe essere scontato per l’interesse generale e cioè quello di aprire alla concorrenza dei gruppi che gestiscono gas, come Eni, che possiedono larga parte delle concessioni di gas nei nostri mari, pari al 71%.

Altro che referendum inutile. Fino ad oggi il governo si è mosso nella direzione sbagliata tagliando gli incentivi alle rinnovabili ed oggi sappiamo anche il perché. Sarebbe opportuno invertire il trend per il bene dell’economia, delle imprese e del clima. Più che mai diventa necessaria un’azione di governo volta ad incentivare gli investimenti sulle fonti rinnovabili così che le multinazionali tornino ad investire in maniera sostenibile nel nostro paese.  L’hanno già fatto molti stati nel nord Europa e negli Usa e questa volta non possiamo perderne l’opportunità.  Votare Si può essere un inizio e già alla conferenza ONU sul clima, tenutasi a Parigi nel dicembre scorso, l’Italia insieme al altri 194 paesi ha sottoscritto anche l’impegno di abbandonare l’utilizzo delle fonti fossili. Fermare le trivelle, quindi, vuol dire essere coerenti con questo impegno.

 

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