MESSAGGIO DEL VESCOVO MONS. ANTONIO STAGLIANO’

Carissimi,
vi ricordate di quei due discepoli che volevano sedere alla destra e alla sinistra di Gesù nel suo Regno? Dice il Vangelo che gli altri s’indignarono. Gesù però li raccoglie tutti, per il suo insegnamento sul “potere come servizio”. Già questo dimostra che anche gli altri soffrivano della stessa malattia del “potere come dominio”, e quindi necessitavano dello stesso ammonimento di Gesù. I discepoli s’indignano, ma Gesù credo – o almeno mi piace pensare-, si sia commosso, nel costatare l’ingenuità dei due per quella richiesta. E’ proprio vero che “lo sguardo” è decisivo per cogliere la realtà nel suo profondo. “Chi di voi vuole essere il primo, si faccia servo di tutti”, così disse per sempre, per ieri e anche per oggi e per tutti, fedeli laici, preti, vescovi. E allora? Invece di predicare “contro il desiderio di essere il primo” (che pare Gesù non discuta per nulla), dovremmo concentrarci spiritualmente sulla via che Egli ci indica per esserlo. Non vi sembra? Da qui, abbiamo anche un criterio per giudicare certa “umiltà pelosa” che si maschera dietro un vacuo spiritualismo. I più pericolosi, infatti, sono quelli che in realtà esercitano il “potere come dominio”, esibendo tra le mani “l’imitazione di Cristo” (mamma come appaiono umili!!!). Gesù li chiamò con una espressione indimenticabile: pecore/lupi rapaci. Wake up (Rocco Hunt a Sanremo), svegliamoci ragazzi: come la storia dimostra, la famosa dialettica servo/padrone non cambia affatto semplicemente perché i servi di appena ieri sono i padroni di oggi. E’ necessaria che quella dialettica venga piuttosto smontata dal di dentro, e non continui più “sotto spoglie diverse”, e con “nuovi arrangiamenti verbali”, colorati con frasi evangeliche o magari presi a prestito dalla mistica antica. Gesù raccomanda l’esercizio del “potere come servizio” quale unica via perché quella dialettica servo/padrone non continui più. E’ l’unica vera rivoluzione, quella dell’amore che esercita il suo “potere” attraverso il dono di sé fino alla morte, affinché l’altro sia, l’altro viva.
Tutto l’affetto del mio cuore, con una speciale benedizione, +donTonino

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