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MEDITERRANEO: UNA STRADA NEL MARE
21 Nov 2015 12:10
Sul tema delle migrazioni “la politica è tremendamente indietro rispetto alla storia e all’attualità”. La denuncia arriva da monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, secondo il quale “se l’Europa, che va verso un progressivo e irreversibile invecchiamento, non vuole perdere il livello di progresso che ha raggiunto, deve cambiare testa e strada”. “La colpa dell’Occidente, come pure dell’Italia, è non aver compreso pienamente la complessità della questione delle migrazioni”, ha detto Mogavero intervenendo al Colloquio “Mediterraneo: una strada nel mare”, in corso a Pozzallo per iniziativa di Rinascita Cristiana e del “Mouvement International d’Apostolat des Milieux Sociaux Indépendants” (MIAMSI).
“L’Europa non ha un progetto di politica alta sulle migrazioni, né l’Italia né la Sicilia, che pur avendo sempre accolto, non ha una legge sulle migrazioni”, ha osservato il vescovo di Mazara del Vallo, per il quale “la Chiesa deve gridare forte perché altrimenti avrà la colpa di omissione nel non aver aiutato la comunità a guardare avanti”. Per la Chiesa, sollecitata “dal magistero illuminante di Papa Francesco che ci invita ad aprire gli occhi”, i migranti rappresentano infatti “un richiamo a quella nota ‘cattolica’ e ‘universale’ che tutti abbraccia e comprende”. Nella logica della “mistica della prossimità indicata dal Papa”, la comunità ecclesiale è chiamata “ad un annuncio profetico che vada oltre i confini ecclesiali”. Del resto, ha ricordato Mogavero, “ci sono indagini di mercato per le quali coloro che oggi rifiutiamo o accogliamo con riserva domani potrebbero essere ricercati con umiltà perché nel 2050 l’Europa avrà bisogno di un gran numero di lavoratori di cui non dispone”.
Secondo il vescovo di Mazara del Vallo, “è possibile realizzare modelli integranti purché si metta al centro la persona”. “L’altro – ha spiegato – è una presenza esigente perché è persona umana e non perché è qualcuno che ha bisogno. Proprio in virtù di questo, noi non possiamo chiudere le porte: la nostra umanità si realizza nell’accoglienza dell’umanità dell’altro”. Nel suo intervento, Mogavero ha anche evidenziato che “la Sicilia, immersa nel Mediterraneo, è una metafora dell’attuale momento storico: al centro di scontri e di incontri di fedi e culture, ha saputo realizzare sintesi alte di convivenza”. “La nostra terra – ha detto – non conosce problemi di rifiuto aprioristico o ideologico, sebbene alcuni provvedimenti legislativi, come quello dei respingimenti messo in atto in passato, hanno disonorato questa tradizione”.
“I migranti sono spesso considerati una minaccia a tutti i livelli, mentre la sfida è creare una società inclusiva. La paura va combattuta perché ci impedisce di aprirci all’altro e per noi cristiani significa chiuderci al principio dell’amore”, ha detto da parte sua Katrine Camilleri, Vice Presidente del Jesuit Réfugies Service di Malta, prendendo parte alla tavola rotonda insieme a padre Daniel Nourissat, Vicario generale della Diocesi di Rabat (Marocco) per il quale “i migranti sono una chance: si tratta di lavorare per un cambiamento di mentalità in Europa, in Africa e ovunque nel mondo”.
“Dobbiamo lavorare insieme per trovare soluzioni che siano all’altezza delle responsabilità e in questo ambito il cammino partecipativo delle Ong è fondamentale per individuare percorsi condivisi, ma anche per dire che niente è impossibile. Bisogna bandire la parola ‘impossibile’ dalle nostre lingue”, ha affermato Mechthilde Fuhrer, segretaria esecutiva del Dipartimento delle iniziative democratiche del Consiglio d’Europa.
“Siamo di fronte ad un cambiamento di epoca e non ad un’epoca di cambiamenti che ci chiede un cambio di mentalità, ispirato dalla lettura dei segni dei tempi”, ha osservato padre Giovanni Di Gennaro, del Centro Astalli di Catania. “Mentre i governi si dibattono per trovare linee di azione comuni, a volte smentite da egoismi nazionalistici, la società civile si prodiga per l’accoglienza”, ha rilevato ricordando quanto viene fatto concretamente sul campo. “L’Italia ha fatto e sta facendo parecchio a livello di accoglienza, sia sulla qualità che sulla quantità”, gli ha fatto eco Tonino Solarino, della Fondazione San Giovanni Battista di Ragusa, per il quale tuttavia occorre “evitare che l’emergenza diventi un alibi della corruzione e che si crei una guerra tra poveri, alimentando il brodo dei partiti xenofobi”.
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