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MARIANNINA COFFA
06 Ago 2014 17:24
Mariannina Coffa ,coetanea di Capuana e Verga, non ha la loro stessa fama forse perché, in quanto donna, non può ,come loro, dedicarsi completamente alla Letteratura.
Nasce a Noto il 30 Settembre 1841 dall’avvocato Salvatore Coffa Ferla e da donna Celestina Caruso. “I primi quattro mesi, quasi presagio di una vita infelice, sono da Lei passati in continuo pianto ed in gemiti che non valevano ad estinguere le cure dell’affettuosa genitrice, né a darle pace, né a conciliarle il sonno riparatore.”
Iscritta al Collegio Peratoner di Siracusa, rivela ben presto la naturale inclinazione a formulare versi estemporanei, su qualunque argomento le venga indicato .
Nel 1855, a causa di un’epidemia di colera ,torna a casa dove la sua educazione viene affidata al Canonico Corrado Sbano, che le vieta la versificazione estemporanea e la indirizza allo studio dei classici della Letteratura Italiana , Latina e Francese.
Viene avviata alla studio della Musica da Ascenso Mauceri di cui si innamora, ricambiata. I genitori all’inizio assecondano questo fidanzamento, ma in un secondo momento preferiscono orientarsi verso partiti più solidi.
Si approfitta della lontananza di Mauceri, in viaggio per il Continente alla ricerca della gloria, per alimentare la gelosia di Mariannina, e si fa leva sulla docilità e l’obbedienza per farle rompere il fidanzamento.
Infatti Mariannina rifiuta la proposta di Ascenso di fuggire con lui e sposa, a Siracusa, all’alba dell’8 aprile 1860, Giorgio Morana, primogenito di un ricco proprietario terriero ragusano, scelto dai genitori per lei .
Ecco come lei racconta il matrimonio in una lettera ad Ascenso
“Il giorno di Pasqua del 1860 fu giorno di lutto per la mia famiglia – sì di lutto; i volti sorridevano forzatamente, i cuori piangevano.
Io non potei piangere né cogli occhi né col cuore. Sposai all’alba – la chiesa era deserta – camminavo come trasognata e mi pareva di non essere più sulla terra. Mio Padre non mi accompagnò, non ebbi accanto un amico – da un lato avevo mia madre confusa e dolente anch’essa ,dall’altro lato mio suocero ,che col suo viso arcigno mi faceva spavento come l’angelo del male….”
A Mariannina, dopo questo matrimonio, toccheranno solo sofferenze.
Ascenso non le perdonerà mai di aver accettato di fare la volontà dei genitori che, secondo lui, “l’hanno venduta al migliore offerente”.
Dopo un silenzio durato più di sette mesi, le scriverà soltanto per proporle di divenire socia di un periodico di cui è redattore.
Lei gli risponderà solo dopo tre anni di lotta con se stessa e dopo aver lacerato tante lettere, tentando inutilmente di giustificarsi per la rottura del fidanzamento, e chiedendogli un incontro che non le concederà mai.
Per quel particolare meccanismo psicologico che fa idealizzare il passato, quando il presente è troppo infelice, Mariannina rimpiange Noto, la patria lontana, e gli anni dell’adolescenza.
Ragusa le è odiosa per il clima freddo e per l’assoluta incomprensione con la famiglia del marito e, soprattutto, col suocero che ,tra l’altro, le apre o distrugge la corrispondenza.
L’epistolario con il Mauceri potrà continuare grazie a molti sotterfugi.
Nelle ultime lettere sono ancora presenti accenni al suocero che le ha fatto perdere gli amici ragusani, che la odia perché a creder suo è povera, e che le strappa un’affermazione piuttosto grave “Duolmi…aver onorato della mia povertà una casa così povera d’onore” (forse si riferiva al fatto che il vecchio aveva un figlio illegittimo). Ciononostante continuerà ad accudirlo, soprattutto durante la malattia che lo porterà alla morte, e “a fare la sarta, la donna di casa, la cuciniera e la serva”.
Così come lo ha iniziato, Ascenso decide di troncare questo rapporto epistolare durato, con qualche interruzione, dodici anni .
L’unica ragione di vita che le rimaneva viene meno, le sue sofferenze psico-somatiche si acutizzano, e la sfiducia nella medicina tradizionale la spinge sempre più verso la medicina omeopatica che all’epoca ha nel Migneco il suo messia e nel Bonfanti uno dei più ferventi apostoli, a quest’ultimo tanto chiaccherato, alle sue dottrine e ai suoi sistemi affida la sua salute fisica e psichica, la sua cieca fiducia fino alla morte”
Il trasferimento a Noto, consigliatole dal Migneco, non serve a risolvere i problemi di salute di Mariannina, anzi….
La malattia diagnosticata dal Dott. Pennavaria, ragusano, suo amico ed estimatore, come neoginoplasia avrebbe bisogno del bisturi e non di cure omeopatiche!
I genitori non tollerano i suoi rapporti col Bonfanti e il Migneco , credono che il primo l’abbia sedotta e il secondo l’abbia allontanata dal marito e dai figli, si sentono disonorati dal suo comportamento e la cacciano di casa
Alle calunnie risponde rivendicando orgogliosamente la sua morale “arci pura”, il suo onore di donna senza macchia madre di cinque figli.
Le ultime lettere esprimono l’atroce sofferenza di questa donna abbandonata nella malattia e nella povertà sia dai Coffa che dai Morana. Per gli uni e per gli altri avrà parola tremende.
Muore all’alba del 6 Gennaio 1878 a soli trentasei anni.
Mentre i familiari rifiutano di accollarsi le spese per il funerale e litigano col Bonfanti,che l’aveva ospitato a casa sua e l’aveva aiutato anche economicamente , accade un evento inspiegabile, se si pensa all’isolamento in cui Mariannina ha trascorso gli ultimi anni della sua vita.
“La notizia si sparge per la città.
La poetessa Mariannina Coffa è morta.
Il giorno del funerale tutta la città è sulla piazza a seguire silenziosamente il corteo. In prima fila, il Sindaco, le autorità, i notabili.
A meta corteo una vecchia scarmigliata, vestita di nero , si avvicina alla bara ,gridando con tutta la potenza di una voce resa rauca dal dolore: :
“figlia, figlia mia, figlia preziosa…abbandonata e sola”
Nessuno sa chi sia ,nessuno sa donde venga ,rimarrà nella leggenda.
Una sorta di angelo vendicativo di dea della vendetta.”
I funerali in chiesa vengono celebrati dal Canonico Sbano che nella sua orazione funebre…la definisce “ottima figlia, ottima sposa., ottima madre. “Ma “l ‘ottima sposa”, “l’ottima madre” non ebbe nemmeno dietro il suo corteo funebre il marito e i tre figli.”
Parteciparono, invece, ai suoi funerali i Fratelli dell’Elorina cioè gli adepti alla Massoneria della città di Noto che prendono la parola e fanno imbalsamare il corpo della Poetessa, prima che venga tumulato nel cimitero di Noto, onori che possono trovare spiegazione in una notizia secondo la quale la Coffa è Gran Maestro di una Loggia Coperta.
Un mese dopo, la sera del 6 Febbraio 1878, in quella Ragusa che lei non amò mai , “…nel Teatro Concordia , a cura del Municipio, faceasi commemorazione dell’estinta POETESSA MARIANNINA COFFA CARUSO IN MORANA.
Il teatro era parato a lutto. Molte signore nei palchetti, moltissimi uomini nella platea , e tutti vestiti a bruno.
Sul palcoscenico ,fra bandiere tricolori con lo stemma del comune di Ragusa e di Noto, ergeva una bara ornata di fiori e corone d’alloro e il ritratto velato dell’estinta; un’arpa con le corde spezzate era alla base della bara e sul panno che la copriva leggevasi a caratteri in oro
Ragusa a Mariannina Coffa.”
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