LIGHT HUNTER

Vive tra Verona e Catania. Ha il suo esordio a soli 18 anni, in qualità di assistente di Angelo Strano. Ma l’avvenimento che lo ha introdotto alla professione è stata la mansione di fotografo dell’Esercito Italiano, nella Scuola delle Trasmissioni di Roma. Conclusa la carriera militare, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Catania e ottiene le sue prime collaborazioni con l’Istituto archeologico nel capoluogo etneo contribuendo nelle missioni archeologiche internazionali a Phapos, Cipro, interrotte a causa del trasferimento, prima a Torino e, in seguito, a Bologna, dove si laurea discutendo la tesi sul “Reportage Fotografico”; esperienza che gli ha permesso di avvicinarsi ai grandi maestri come Giorgio Lotti, Mario de Biasi e Alex Maioli e Massimo Sciacca.

Nel 1997 appena laureato, si trasferisce in Portogallo dove collabora con la sovrintendenza portoghese IPPAR e i principali musei nazionali; proprio in Portogallo si avvicina al mondo della pubblicità che darà il La alla sua carriera futura e ai suoi odierni sviluppi estetici e tecnologici dell’arte fotografica e all’arte tout court.

Il percorso artistico, infatti, lo premia nel 2003 con la partecipazione alla VIII Biennale di Fotografia di Vila Franca de Xira, dove ottiene il primo premio. Trascorrono 6 anni in cui si sviluppano nuove contaminazioni artistiche e la nascita di una esigenza che, via via, prendere dominio delle sue visioni. Lentamente le sue esigenze di fotografo acquistano una dimensione 3.0, e nutre la necessità di agire in maniera interattiva attraverso una “fotografia” che si sviluppi attraverso il movimento.

Tali ricerche vengono interrotte, nel 2009, dalla decisione di ritornare in Italia per la nascita del suo primogenito, Luca. Sebbene l’artista risieda nuovamente in Sicilia, è un periodo ricco di collaborazioni e sodalizi che valicano lo Stretto, tra i quali si possono annoverare con orgoglio e affetto lo studio fotografico di Maurizio Marcato, a Verona, e il Politecnico di Milano.

Partecipa a varie mostre di arte contemporanea in Italia e in Europa, ma un nuovo progetto realizzato nel 2016 lo riporta a proporre la sua visione del ritratto come fece Caravaggio durante la “rivoluzione luministica” così definita dagli storici dell’arte, in cui Danilo Pavone immortala attraverso la fotografia, ritratti scegliendo i suoi soggetti tra personaggi nel loro crudo realismo.

“La grande innovazione portata da Michelangelo Merisi da Caravaggio dentro la pittura fu la rappresentazione scevra da ogni idealità e artificiosità della luce e dei suoi effetti. I personaggi “escono” spesso dall’oscurità dell’ambiente e le loro fattezze sono esaltate dal chiaroscuro e dai forti contrasti di una luce dura, sovente direzionale, sicuramente lontana dagli ambienti eterei e perfetti del Rinascimento o da quelli comunque ancora un poco artificiosi del Manierismo.

Ma la “rivoluzione luministica” di Caravaggio, così è stata definita dagli storici dell’arte, ha origine dalla decisione del pittore di rappresentare le scene ambientandole non in ricche stanze (vi ricordate il dipinto di Tiziano nell’altro post ad esempio?) o usando personaggi dalle vesti nobiliari, o di converso grottesche, ma di scegliere ambienti e personaggi del popolo nel loro disturbante, realismo”.

Ed è partendo dallo sfondo nero che Danilo Pavone illumina la sua scena, avvolta nell’oscurità mentre la sua macchina fotografica clic dopo clic attraverso la tecnica del light painting fa uscire i soggetti dalla scena. La luce non si vede nelle sue scene la luce sono i suoi personaggi emersi dal buio.

http://www.danilopavone.com/

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