LA LETTERA DI FRANCO CILIA A ROSSANA

Cara Rossana,

il primo marzo del duemila, nel sole dolce della tua casa in via Caccialepori a Milano, mi avevi detto: “Ero giovane, ora sono vecchia, l’ombra si alza sempre di più e vela tutti i colori della vita…” “Ma questa tragedia del vivere – continuai io, cogliendoti di sorpresa –  è sempre più imperscrutabile.” “Vedo che hai letto il mio libro”, mi dicesti con approvazione nella voce. Continuai, galvanizzato dalla tua approvazione: “Il rischio è finito, perché il rischio è di morire giovani! Alla nostra età si può chiudere la partita”. E –  continuando a rubare parole al tuo libro – conclusi: “Però vivere è stato bello, anche se la condanna del vivere è che non v’è Paradiso terrestre che non venga a noia.”

Il sipario si è chiuso ora sulla tua vita terrena l’otto di luglio del 2013, ma sono certo che tu non hai conosciuto la noia, Rossana; essa ti era sconosciuta.

Difficile considerarti defunta, anche se hai lasciato il tuo corpo mortale.

Come afferma il mio maestro e amico Emanuele Severino, al di là del fenomeno del divenire nulla muore, e mi piace pensare che nel tutto eterno il tuo pensiero possa continuare misteriosamente a vivere sempre, per sempre.

La cultura italiana ti piange, ma tu non vuoi commemorazioni fatte da frasi retoriche, noiose.

Che tu sia stata la storica dell’arte che ha lasciato pietre miliari nella storiografia dell’arte dell’ultimo mezzo secolo bisogna pur dirlo! che si deve a te in gran parte la riscoperta e valorizzazione del Liberty in Italia, non si può tacerlo. Come va detto che sei stata attrice di talento, come testimonia il tuo recitare con Vittorio Gassman e la Mondaini.

Io ti debbo molto come artista; la mia evoluzione pittorica sul tema dell’infinito incominciata con Federico Zeri ha avuto il suo apice con te: da Roma a Milano, da Bergamo a Ragusa sei stata presente nelle mie mostre, non soltanto con i tuoi testi in catalogo, ma con la tua presenza, spiegando ogni tela, rendendo la mia pittura colore che parlava al fruitore.

Nel novembre del duemiladue con il sole isolano ancorato a un autunno luminoso sei stata a Ragusa ad inaugurare una mia mostra nella cornice della chiesa della Badia. Ora, a distanza di undici anni, a una decina di metri di quella chiesa, nel Museo della Cattedrale, sarà ospitata un’altra mia mostra a te dedicata, curata da Andrea Guastella, di cui molto ti ho parlato.

 Ci sei con il tuo ultimo testo critico e con tele che hai visto nascere e che si sono moltiplicate nello scorrere del tempo.

Ti lascio ricordando il tuo romanzo, “La Nave di Ulisse”, dove apri il sipario con la tua inconfondibile scrittura su una storia umana, epica, con le ferite della vita che espelle i punti di sutura, dove nulla viene risparmiato nella decifrazione dei cicli dell’esistenza.

Sì, Rossana, non abbiamo il dono dell’oblio; la verità è il nostro non saperne di più.

Ecco, senza retorica, o, peggio ancora, senza scontati eccessi, ti abbraccio forte, ricordando che il mondo materiale e quello immateriale, dove il tuo spirito vive in eterno, possono comunicare se il ricordo delle persone da noi amate è vero e sincero come il mio per te.

Tu lo sai, Rossana, il nostro lasciarci è soltanto un arrivederci.

Ti voglio bene.

Franco

 

 

 

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