“LA CULTURA NON PAGA!”

“La cultura non paga!”. Vi ricordate la ridicola affermazione dell’ex ministro Tremonti?

Rivalutando l’affermazione a distanza di anni, la reazione di rabbia e riprovazione, non cambia.

Direi, al contrario, che in un paese, come la nostra amata Italia, dovrebbe essere un imperativo categorico, in stile kantiano, operare per la promozione della cultura, del culturale e del dibattito inerente.

A tal proposito, mi pare meriti un conquistato elogio, la neofita iniziativa promossa da Umberto Eco e dall’assessore alla cultura di Milano. I due, animati da uno spropositato amore per l’ambito, hanno avviato un progetto, dal nome book-city, che si pone l’onere di promuovere la cultura letteraria attraverso l’adozione, da parte di case editrici, di biblioteche. Il coinvolgimento dei soggetti editoriali privati ha una duplice valenza. Da una parte, infatti, si cerca di sopperire la mancanza di adeguati fondi e  finanziamenti che, al contrario, vanno sempre più riducendosi. Con il rischio di portare alla chiusura delle biblioteche. Dall’altra, al contempo, le case editrici, giovani o meno, avrebbero la possibilità di promuovere e sponsorizzare le proprie pubblicazioni. A mio avviso, inoltre, la valenza dell’iniziativa consta nel riproporre una pratica che, nel tempo e con l’avvento delle tecnologie, si è andata perdendo: il contatto diretto tra autore e pubblico. La pratica di avvalersi dei suggestivi spazi di piccole e grandi librerie, come contesto privilegiato per la presentazione di libri, riviste e quant’altro, si è andata, infatti, progressivamente scemando, dando maggior spazio e valenza alla diffusione attraverso internet e spazi non egualmente emozionanti e, conseguentemente, riducendo il ruolo dell’editor, quale intermediario fondamentale.

Sarebbe, a mio modesto avviso, una pratica da rivalutare e riaffermare. Un incentivo al contatto, al dibattito e all’eventuale dissoluzione di dubbi o curiosità.

Ciò detto, un ulteriore ambito da intensificare sarebbe quello teatrale. La magniloquenza e ridondanza degli scenari teatrali, consentono di comprende bene come si vadano miscelando le caratteristiche dei vari artisti sul palco e quella del regista, in una circostanza che consente di tastare l’empatia dell’attore con il pubblico e a quest’ultimo di essere direttamente partecipe.

Si tratta, purtroppo, di un ambito poco pubblicizzato, rispetto al collega cinematografo, nonostante siano molteplici le iniziative. È deliziante e sorprendente apprendere di quanto il panorama teatrale sia variegato e  ricco di valenti artisti. Conoscere, vivere e seguire tale brulicare sarebbe un dovere empirico.

I teatri, inoltre, offrono uno scenario, suggestivo e fecondo, anche per le manifestazioni musicali. Adattandosi, con estrema agevolezza e genuinità, alle musiche più disparate: dallo swing dal retrogusto gitano e neo melodico al raggae impegnato. Ma anche il riecheggiare del sound in chiave rigorosamente old style.

Il teatro, infine, consentirebbe, piuttosto che uno spazio aperto, l’avvio di una discussione post concerto, per conoscere gli artisti e comprendere le motivazioni che stanno alla base del loro lavoro.

Sono del parere che si attiverebbe una diversa concezione delle cose, degli artisti e delle loro opere, se si avrebbe la possibilità di approcciarvisi, di comunicare, di scambiare pareri ed opinioni tra questi ed il proprio pubblico.

Siamo, invece, relegati ad una superficialità che ci spinge al banale. Emozione più che attuale se consideriamo i tempi che stiamo vivendo, disegnati da una classe politica restia a sacrificarsi ma pronta a infliggere immolazioni al suo popolo.  Una classe politica che, a livello locale, spinge e favorisce la costruzione di sempre nuovi centri commerciali, piuttosto che incoraggiare il proliferare dei luoghi, anche tradizionali che, notoriamente, favoriscono l’aggregazione e l’incontro sociale.

Non si comprende, purtroppo, nel nostro fossilizzato paese, la pregnante importanza dell’incentivo alla cultura. Ogni manifestazione culturale suscita spostamenti di massa, stimolando e spingendo il turismo e, dunque, anche il ricircolo economico.  Tristemente, la realtà imporrebbe di operare una profonda opera di rieducazione alla cultura.

 

 

 

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