È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
INDIVIDUO E POTERE
05 Giu 2014 17:31
Nella storia della filosofia contemporanea, quattro sono gli autori fondamentali che hanno fatto della critica alla soggettività l’oggetto primario delle loro ricerche: Marx, e la sua analisi delle infinite declinazioni ideologiche della coscienza borghese; Nietzsche, e la sua sferzante teoria della genesi del soggetto morale; Foucault, e la sua “archeologia” delle mille forme in cui il potere si prolunga nel sapere; Deleuze, che ha riletto Nietzsche proprio nel suo valore precipuo di rottura dei codici interpretativi.
Quella della soggettività è una questione sempre più nodale nel dibattito culturale e politico attuale, ma in un senso affatto diverso rispetto alla modalità con cui si affrontò nel ’68, aprendo a partire da quegli anni la stagione di quello che Fusaro definisce il capitalismo assoluto, volgendo cioè l’energia eversiva nella direzione di un godimento pervasivo che è direttamente collegato all’edonismo degli anni 80.
Il tema, sempre più necessario in qualsivoglia analisi dei meccanismi ideologici del potere – che oggi è, non dimentichiamolo, il potere del capitale finanziario – si estende alle latitudini più estreme dell’universo culturale, sociale, morale, investendo macro-aree come la religione o l’economia e micro-aree come – per dirne solo alcune – i consumi e il fitness.
Prima o poi bisognerà rimettere mano all’intera partita della cosiddetta “salute mentale”, ovvero – data l’ascendenza medico-psichiatrica di quella locuzione – del benessere psichico, la cui “ipostasi” ha generato il rigoglioso parterre delle scienze della cura, di cui la psicologia si fregia di essere l’unica accreditata dalla comunità scientifica.
La nozione centrale, ancora e sempre nonostante decenni di teorie sistemiche e sociologiche, è quella di “individuo”, di un soggetto portatore di una identità, di una storia unica e irripetibile, di istanze e bisogni e desideri che gli sono propri, che entra in relazione con altri individui e che in tale relazione trova gli alimenti della sua identità e gli elementi che gli renderanno possibile costruire la sua storia.
Sembra perfetto. Sembra ovvio. Perfino elementare.
E tuttavia, se il mondo intero vorrà uscire dalla lunga notte in cui gli incubi sovrastano i sogni, occorrerà interrogarsi, incessantemente, violentemente, arrogantemente sulla possibilità che la nozione di “individuo” sia una truffa, una burla, un dispositivo mobile, itinerante, flessibile attraverso il quale il potere costruisce la sua trama, distogliendo la sguardo e flettendolo dall’esterno verso l’interno. Un interno che è narrato a immagine e somiglianza dell’esterno, dove avviene ciò che conta, preservato da ciò che “avviene” dentro. Vale a dire, probabilmente, nulla che conti veramente.
Facciamoci bastare una annotazione di ispirazione foucaultiana: fino all’avvento della cosiddetta “clinica”, le linee sottili, appena percettibili, dell’esperienza privata – da quella morale a quella sessuale – erano sepolte nel privato delle persone, che sentivano di esistere e di consistere fintanto che agivano e si “mischiavano” ad altre persone. Dalla nascita della clinica (concetto caro a Foucault) ogni cosa, ogni singola cosa, minuziosamente catalogata, classificata, codificata, è entrata a far parte di una costante ingiunzione: se le cose vanno bene, allora godi; se si mettono male, allora parliamone!
Non c’è angolo dell’animo umano che non sia illuminato da questa formidabile moltiplicazione dell’istituto della confessione!
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