IL FIGLIO DI RIINA INTERVISTATO SI È DATO LA ZAPPA SUI PIEDI

Ho visto con ritardo l’intervista di Vespa al figlio di Totò Riina a causa degli orari proibitivi di “Porta a porta”.

Francamente non  mi spiego le reazioni negative che ha suscitato, a meno che non siano una presa di posizione preconcetta perché si trattava di Bruno Vespa e di Porta  a Porta che alcuni non  sopportano proprio.

Personalmente non sono né tra i detrattori, né tra i fan di Vespa. Voglio dire soltanto che l’intervista a questo giovane ha reso un pessimo servizio a lui, alla sua famiglia e alla mafia più di tante analisi sociologiche e di tante prese di posizioni di chi dell’antimafia ha fatto un mestiere (come diceva Sciascia già tanti anni fa).

Le risposte del giovane e il suo volto inespressivo, anaffettivo, denunciano un modesto  livello di intelligenza.

I suoi principi sono ispirati al codice del familismo amorale spacciati per rispetto e amore per i propri genitori, per i morti ,le istituzioni etc

Da bambino non andava scuola e questo non generava in lui alcun disagio, anzi così ha avuto un’infanzia felice. (!)

Ha subito glissato a proposito del discorso sull’università, perché, pur essendo condannato al domicilio obbligato a Padova, non ha proseguito gli studi iniziati a Sulmona.

Non si chiedeva che lavoro facesse suo padre e perché si chiamasse Bellomo mentre loro, i figli, si chiamavano Riina , perché viveva in una famiglia serena.(!)

Sapeva che suo padre era un latitante ma questo non lo turbava più di tanto.

Aveva quindici anni quando c’è stata la strage di Capaci e ricorda che era in una sala giochi, ha sentito le sirene, ma a Palermo a quell’epoca era normale. Suo padre guardava alla televisione gli effetti della strage ma lui nel raccontarlo non muove un muscolo del volto.

La mafia significa delitti, droga, sì, dice lui, ma non è solo la mafia che fa queste cose. Siamo a livello del bambino colto in fallo che si difende dicendo: ”Anche lui lo sta facendo.”

Lo Stato gli ha tolto il padre. Ma a quanti figli suo padre ha tolto il padre?

Infine “Non tocca a me giudicare mio padre.” condannato a 18 ergastoli (!)

Se qualcuno potesse essere ben disposto nei confronti di questo giovane ora , con questa intervista, non potrà più  nutrire dei dubbi  sulla sua  psicologia e non proverà alcuna curiosità nei riguardi del libro che, improvvidamente, ha scritto.

Laura Barone

 

 

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