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IL DEBITO
30 Nov 2013 12:14
La nozione di debito attraversa le ere e gli strati della coscienza occidentale, fino a solidificarsi in una nuova figura ontologica della contemporaneità: l’uomo indebitato. Cui il filosofo Maurizio Lazzarato ha dedicato due lavori di grande fascino, attingendo da fonti eterogenee ma coerenti come Deleuze e Nietzsche.
La chiave di volta del capitalismo contemporaneo, nella sua declinazione finanziaria, è proprio la condizione del debito (ovvero, specularmente, del credito), che esige la costante applicazione di dispositivi di cattura. Che non sono solo economici ma anche e soprattutto simbolici e culturali: una diffusa, capillare strategia della colpevolizzazione quale “essudato” dell’essere intrappolati dentro la rete della restituzione rateale.
Il Debito, i primi 5.000 anni è il titolo del ponderoso volume di David Graeber, antropologo americano che si definisce anarchico (in un’accezione post-moderna). Una lunga, meticolosa disamina delle radici del concetto e delle sue pratiche sociali, statuali, con una particolare attenzione al problema della primarietà della moneta e del suo rapporto con il mercato del baratto (un punto su cui Lazzarato ha preso le distanze dall’Autore).
Declinato alla dimensione morale, Il Debito è il remake americano di un film israeliano sulla cattura del criminale nazista Dieter Vogel, il famoso chirurgo di Birkenau. John Madden lo costruisce come un thriller politico dando alla meravigliosa Jessica Chastain lo spazio che merita per una delle sue interpretazioni più intense. Il fallimento della missione, da parte dei 4 agenti del Mossad, e la successiva grande epica menzogna restano, nei decenni successivi, come un contratto non onorato, come un destino rimandato, come un debito dell’anima cui non è possibile sottrarsi.
Ci piace chiudere con un genio indebitato, che scrisse molte delle pagine più alte del suo repertorio dentro una condizione di pressione costante della realtà, schiacciato com’era dalla mediocre esigenza dei suoi creditori: Wolfgang Amedeus Mozart. Il suo Don Giovanni può avere il ruolo di opera emblematica del carattere ilare, anticonformista, impermeabile del grande tedesco.
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