È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
GIALLO VIENNESE IN SALSA KAZAKA
20 Giu 2015 07:48
Se non fosse oggetto di carte processuali, la storia che ora vi raccontiamo potrebbe diventare un’ottima sceneggiatura per un thriller avvincente che intreccia politica, affari e giustizia. E, invece, si tratta di un caso realmente approdato in tribunale che sta appassionando e, a tratti, sorprendendo la stampa austriaca, poco avvezza a discutere pubblicamente di errori e cortocircuiti giudiziari come invece avviene in Italia, dove da decenni si discute di una necessaria e mai compiuta riforma della Giustizia.
Il caso è quello di Rakhat Aliyev, un alto funzionario del governo del Kazakhstan, nonché Vicedirettore dei servizi di sicurezza nazionali, ambasciatore in Austria, e sottosegretario al Ministero degli Esteri. Dalla documentazione a disposizione delle autorità austriache, Aliyev avrebbe accumulato una fortuna nel settore bancario, della raffinazione del petrolio e in quello delle telecomunicazioni, riparando a Malta per evitare un mandato di cattura dell’Interpol. Ma, dopo aver tentato invano di ottenere la cittadinanza cipriota, Aliyev è stato preso in custodia nel giugno 2014 dalle autorità austriache e rinchiuso nel carcere di Josefstadt con l’accusa di rapimento e omicidio. Aliyev, che si è sempre dichiarato innocente e vittima di un complotto in quanto dissidente politico, muore però suicida in carcere a febbraio del 2015 in attesa del processo che si svolgerà solo due mesi dopo. Alla sbarra, rimangono altri due imputati, Alnur Musayev, ex capo dei Servizi segreti del Kazakhstan e Vadim Koshlyak, una guardia del corpo presidenziale, entrambi accusati di favoreggiamento nel rapimento e omicidio di due banchieri della Nurbank nel 2007 in combutta con Aliyev.
Ma nonostante siano stati portati ben 60 testimoni in tribunale e le risultanze processuali fornissero numerose conferme alle accuse mosse nei confronti dei due imputati, il giudice Andreas Boehm, rilascia Musayev e Koshlyak, archiviando come poco rilevanti le dichiarazioni della vedova di uno dei due banchieri assassinati.
Una decisione – quella del giudice Boehm – giunta inaspettatamente, che ha sollevato numerose domande e generato perplessità tra gli addetti ai lavori e tra i giornalisti locali che stanno seguendo sin dall’inizio questa vicenda giudiziaria. Dubbi e perplessità che hanno spinto anche il Procuratore di Vienna ad inoltrare una richiesta ufficiale di chiarimenti alla Corte Suprema della provincia di Vienna. Corte che, già all’inizio dello scorso Maggio, ha avviato le procedure di valutazione del ricorso. Non si comprende, infatti, cosa sia successo nel frattempo. Il perché di un cambiamento così radicale nel giudizio nei confronti degli imputati e lo scarso interesse dimostrato dal giudice per quelli che l’accusa riteneva “testimoni chiave” del processo.
Anche i media internazionali hanno dato conto della notizia con un certo stupore. Tra questi, il “Daily Mail International” che non nasconde le sue preoccupazioni, sostenendo che “Alnur Mussayev e Vadim Koshlyak, sospettati di due omicidi e di una serie di crimini gravi, sono stati rilasciati con la decisione della Corte di Vienna il mese scorso. Questo giudizio è scioccante per gli ambienti giuridici dell’Austria e solleva domande sul sistema giudiziario del paese”[1].
Ciò che ha destato maggior preoccupazione è stata la decisione di rilasciare in libertà delle persone sospettate di omicidi plurimi, appellandosi a mere incongruenze procedurali. Una decisione che, a legali e osservatori della stampa è sembrata irrituale e quantomeno affrettata. Ma non si tratta di episodi nuovi o isolati.
Sono, infatti, intrighi internazionali che riportano alla memoria le vicende di casa nostra, legate al tycoon kazako Mukhtar Ablyazov. Alla sua funambolica fuga in incognito, prima dall’Inghilterra e poi dall’Italia, fino all’arresto in Costa Azzurra, avvenuto in uno dei suoi “rifugi” dorati. In Francia è ancor’oggi trattenuto in carcere dalle autorità d’Oltralpe a seguito di un mandato di cattura internazionale spiccato dall’Interpol perché ricercato, oltre che dal suo Paese anche da Russia ed Ucraina. Una storia che suscitò grande clamore in Italia dove si è continuato a descrivere Ablyazov come un “dissidente politico”, dimenticando le accuse – ritenute fondate anche dalla Giustizia francese – di truffa e bancarotta fraudolenta per aver svuotato le casse della BTA Bank, la banca kazaka di cui era presidente. Un tesoro di svariati miliardi di dollari, dirottati illecitamente all’estero, con il quale il magnate kazako ha acquisito proprietà principesche in diversi Stati europei, subendo peraltro la condanna della Suprema Corte inglese per aver occultato alle autorità d’Oltremanica – che pur gli aveva concesso asilo politico – parte del suo ingente patrimonio.
Storie che vanno moltiplicandosi nel tempo e che dopo l’Italia hanno registrato episodi analoghi anche in Francia e in Spagna. Questa volta la patata bollente è toccata a Vienna e chissà che questi cortocircuiti giudiziari non possano servire da stimolo al processo di integrazione europea anche da un punto di vista legale.
© Riproduzione riservata