DALLA INDISPENSABILE RIFORMA DEL TERZO SETTORE A MAFIA CAPITALE

Quale riforma per il terzo settore? E’ l’interrogativo, pesante come un macigno, sollevatosi ieri pomeriggio, durante la tappa dei lavori del sedicesimo happening della solidarietà dedicati a “I cantieri del bene comune”. L’evento, infatti, ha avuto tra i protagonisti alcuni dei maggiori rappresentanti del volontariato, delle istituzioni locali e delle reti nazionali dell’associazionismo solidale i quali hanno fatto il punto della situazione su come stia cambiando il settore, anche alla luce delle nuove dinamiche sociali e dei mutamenti in atto nel Paese. La riforma del terzo settore, che sembrava una priorità del governo Renzi, soprattutto dopo lo scandalo Mafia Capitale sulle cooperative, è finita in coda, così come è stato sottolineato, facendo storcere il naso agli addetti ai lavori. Slittata all’anno prossimo, o meglio alla primavera del 2016, come ha detto il ministro Maria Elena Boschi. “In realtà, nel contesto di questa riforma – ha affermato Giulio Sensi, giornalista e direttore della rivista “Volontariato Oggi” – non c’è alcuna forma di controllo o vigilanza e chi perde è il mondo della cooperazione che in questo periodo non sta vivendo un buon momento visti gli scandali romani. Il Governo può ancora intervenire sul testo che allo stato attuale non premia il lavoro di tanti cittadini che credono in questi valori”. Al tavolo dei relatori anche: Giusi Palermo, vicepresidente Consorzio Sol.Co. Rete di Imprese Sociali Siciliane; Dino Barbarossa, presidente Fondazione Èbbene;  Gianfranco Marocchi, presidente consorzio nazionale Idee in Rete. Per quest’ultimo “la politica dovrebbe ascoltare ancora di più gli operatori sociali per un confronto più ampio sul tema dell’inserimento lavorativo e dell’inclusione sociale”. “Il percorso non sarà semplice – ha detto Dino Barbarossa – Le visioni da Montecitorio e Palazzo Madama sembrano stare ai poli opposti. E anche sul fronte del “controllo qualità” delle cooperative si potrebbe fare di più. Dovremmo cercare un meccanismo più selettivo per l’iscrizione all’albo senza arrivare dopo con la sanzione. L’idea iniziale era quella di affidare il controllo preventivo al ministero del Lavoro tramite gli ispettorati locali, ma poi con il Jobs Act gli uffici locali sono stati tagliati ed è stata creata l’Agenzia unica per l’ispettorato. Bisognerà trovare ora altri soggetti chiamati a distinguere le cooperative vere da quelle spurie. Mi auguro davvero che il Senato trovi la quadra politica e riesca a incardinare il testo”. Per gli addetti ai lavori la riforma del terzo settore va rivista partendo dal coinvolgimento della base per giungere ad una condivisione allargata. “Oggettivamente il nostro mondo è la testimonianza – ha aggiunto Giusi Palermo – che, soprattutto attraverso lo strumento della cooperazione sociale, l’economia sia riuscita ad usufruire di questa forma di impresa. Teniamo conto che, in un periodo di crisi che attanaglia l’Italia dal 2008, lo strumento della cooperazione sociale è stato l’unico che non ha perso occupazione perché il principio è quello di redistribuire il lavoro. Noi per primi vogliamo regolamentare la cooperazione sociale per buttare fuori da un sistema virtuoso come questo quelli che lo utilizzano a fini delinquenziali”. Partecipatissima, poi, la sessione mattutina dell’happening incentrata su “Territorio, partecipazione e salute mentale” con la presenza dei relatori che stanno animando il corso internazionale Ecm in grado di attirare l’attenzione di tutti gli operatori del settore. I lavori erano stati aperti da Sergio Mondello, consigliere delegato consorzio Sol.Co. Rete di imprese siciliane, alla presenza del presidente dello stesso consorzio, Francesco Passantino.

 

(nella foto dei relatori da sinistra Barbarossa, Sensi, Palermo, Marocchi)

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it