DA HALLOWEEN ALLA COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI, E RITORNO

Sabato 31 Ottobre, facendo ingresso in Ragusa a bordo della mia automobile sono incappato in un gruppetto di ragazzini, vagamente truccati  in sembianze plutonesche (credo in occasione della ricorrenza di Halloween), i quali avevano appena ricevuto in dono un frutto (non sono riuscito a identificarne il tipo) in cambio di uno “scherzetto” da evitare. Ebbene, sarà stato per un qualche bisogno interiore di esprimere comunque in una qualche forma lo “scherzetto”, sarà stato forse per una non proprio adeguata formazione civica (perlomeno non ancora raggiunta, sino ad un grado accettabile), sarà stato come sarà stato, i ragazzini hanno pensato bene di tirare il frutto contro il parafango della mia auto e scappare ridacchiando per i larghi viali dell’alta Ragusa. Nulla di gravissimo, intendiamoci, o forse sì, non saprei… in ogni caso, non ho riscontrato danni al parafango, quindi: Che frutto sarà stato?, mi sono chiesto, per gran parte della serata. Era usanza della Sicilia rurale quella di regalare ai fanciulli una melagrana, ciò accadeva prima di intraprendere la nefasta consuetudine – odiosa pensata – di cominciare a regalare pistole ad aria compressa (“vissica o gommino” non è stata altro che la premessa di “dolcetto o scherzetto”, e ho personalmente parecchio timore nei confronti di chi pensa uno scherzetto e fino a qualche annetto fa provocava vesciche. Parlo generalizzando della società e delle generazioni che si sono in contiguità susseguite, e “conseguite”, in tempi recenti). Il motivo per cui quei ragazzini hanno gettato il frutto – sia provenuto o meno da un albero di melograno – sta in parte nel dato positivo (da positivismo) che assegna al frutto della terra un valore minore in causa di una sua presunta abbondanza, ritenuta perlomeno tale – inconsciamente – dai più giovani (come dono, più apprezzato è uno smartphone, ad esempio). Ma c’è una ragione ben più profonda, di valore ancestrale, che andrebbe indagata. Parto dal mito:

Allorquando Zeus dovette cedere alle richieste di Demetra, disperata a causa del rapimento della preziosa figlia Persefone ad opera di Ade, fu lo psicopompo Ermes ad essere inviato nell’oltretomba per trattarne il ritorno. Gli accordi sembravano andare a buon fine, e presto il mondo avrebbe continuato a fiorire in eterno per il tramite della lieta Madre Terra Demetra, già predisposta a braccia aperte per accogliere la ritrovata figliola. Le trattative invece saltarono a causa di sei chicchi di melograno, unico cibo ingerito dalla fanciulla, durante il suo soggiorno di fidanzamento forzoso. Così la vita e la morte restarono per sempre legate indissolubilmente, e Ade coronò il suo sogno nuziale, consentendo tuttavia che per un periodo di sei mesi l’anno madre e figlia si sarebbero potute incontrare e stare insieme, rendendo infine ragionevole a noi esseri umani il nesso causale che rende intellegibile l’inverno e la primavera. Si tratta di un mito denso di significati, tra cui quello etico, importantissimo. Ricordo al lettore che Edmond Dantes non assaggia mai del cibo offertogli nei conviti organizzati dai nemici di cui si vendica via via nel romanzo di cui è protagonista, manifestando chiaramente – ma silenziosamente – il rifiuto di quella ospitalità. Si tratta di un precetto che dovrebbe essere sempre tenuto in gran conto, nella vita quotidiana, nel lavoro, nell’attività politica. Un altro mito, dal simile risvolto morale, è quello di Piritoo e Teseo che, scesi insieme nell’Ade, furono da Ade stesso fatti gentilmente accomodare nella sedia dell’oblio, mentre a loro ignoto era che essa si sarebbe subito tramutata in carne della loro carne. Ma, per quel che riguarda questo articolo, torno immediatamente alla melagrana.

Il melograno, dunque, come albero dell’oltretomba pagano, restò ancora nella consuetudine culturale cristiana, forse anche per ragioni legate alla coincidenza della fruttificazione nel periodo della commemorazione dei defunti. Il benevolo regalo dei morticini era proprio quel prezioso frutto, la rossa melagrana, simbolo di rigenerazione nelle più disparate culture e civiltà della terra. Simbolo di una stagione di attesa e di speranza che ha perlomeno due punti escatologici di riferimento, per quel che riguarda l’ambito agricolo, ma non solo: i due solstizi. Non diverso è il discorso che pertiene alla zucca invernale, in altri tipi società della nostra civiltà occidentale. Ed è per tanto nelle mie necessità quella di chiarire che nulla ho in contrario da opporre al festeggiamento della vigilia d’ognissanti; legittima festività quanto quella che riguarda la commemorazione dei defunti. Sebbene, tuttavia, devo precisare che forse sarebbe necessario accedere a queste ricorrenze con il giusto e appropriato stato d’animo, e con un bagaglio conoscitivo assolutamente necessario delle ragioni eziologiche. Ciò al fine di scongiurare il vuoto vaneggiamento di forme religiose o parareligiose che non si è in grado di comprendere per il tramite del Mercato liberissimo e globale, dio assoluto e sovrintendente a tutti i commerci. Forse è un po’ tardi per pensarci…

Gaetano Celestre

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