CHI HA UCCISO IL CHIANTI

 

Il nome Chianti rimanda in tutto il mondo immediatamente al vino Chianti, ancor prima del territorio Chianti, che in molti, fuori dall’Italia, ignorano che esista, pensando al Chianti soltanto come al vino. Questa internazionalizzazione del vocabolo Chianti è dovuta all’incredibile successo che ha goduto in passato questo vino. Già durante la monarchia dei Savoia, il Chianti era un vino affermato internazionalmente.

Proprio la grande fama di cui godeva questo vino ha spinto lentamente molti produttori di vino a produrre Chianti, sebbene le loro tenute agricole si trovassero, nella migliore delle ipotesi, vicino ai confini del Chianti, intesa come zona territoriale, o nella peggiore delle ipotesi ben lontano dal Chianti. Sul mercato si insinuarono quindi bottiglie di Chianti che non solo non provenivano dal Chianti, ma che erano di qualità decisamente inferiore. Basti pensare che si arrivò a vendere come Chianti vini che non erano neppure prodotti in Toscana e neanche con l’uvaggio tradizionale del Chianti.

Data la grande confusione che si stava creando e la reputazione della qualità dei vini del Chianti che si stava intaccando, i produttori chiesero che si regolamentasse la produzione tramite un disciplinare severo che potesse così tutelare il vero Chianti.

La denominazione che si venne a creare fu un vero colpo per i produttori della zona tradizionale del Chianti. La denominazione allargò il territorio in maniera smisurata. Ci mancò poco che comprendesse tutta la regione Toscana. Inoltre non si fece moltissimo per mantenere alto il livello qualitativo del vino; anzi l’impressione, che era più di una impressione, fu che si mirasse semplicemente ad approfittare del nome Chianti per vendere il maggiore quantitativo di vino possibile. Per intenderci, sarebbe come se a Trapani, tanto per fare un nome di una città lontana da Modica, si producesse una cioccolata e la si vendesse come cioccolata di Modica. Oppure un formaggio qualsiasi e lo si vendesse come Ragusano.

Il decadimento della denominazione Chianti risale quindi proprio durante l’epoca monarchica e a ben poco servirono le successive modifiche del disciplinare per salvare questo vino. Neanche creare due denominazioni separate, Chianti e Chianti Classico, dove per classico si intende la vera zona del Chianti, servì a molto. All’estero, praticamente tutti ignorano che esista una differenza tra Chianti Classico e Chianti. E ad essere franchi anche in Italia sono pochissimi a sapere che differenza intercorra tra queste due denominazioni.

A cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta poi si è giunti a toccare il fondo. L’assioma Chianti e bottiglione impagliato era ormai inscindibile. Questa immagine di vino ordinario era così lontano dai primi Chianti e spinse alcuni produttori della zona classica a rinunciare alla denominazione e produrre il loro “Chianti Classico” come vini da tavola. Tutt’oggi tra i grandi Supertuscan, nome dato dalla critica enologica straniera a quei vini eccezionali provenienti dalla Toscana che non appartenevano a nessuna denominazione e venivano venduti come semplici vini da tavola, si trovano dei vini che potrebbero usufruire dell’appellativo Chianti Classico, ma che preferiscono non venire associati all’immagine del Chianti.

Oggi le cose sono in qualche modo leggermente migliorate. La qualità del vino Chianti è in media ben lontano dai quei vini degli anni Settanta e Ottanta. Purtroppo però non è ancora sufficiente. Non solo perché la confusione tra Chianti Classico e Chianti persiste, ma anche perché le modifiche al disciplinare hanno aperto la strada a vitigni internazionali come il cabernet franc e il cabernet sauvignon, allontanando sempre di più i vini del Chianti da ciò che erano.

 

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