SPIEGATA LA CAPACITÀ INTRINSECA DEL CERVELLO DI AUTOPROTEGGERSI DAI DANNI DELL’ ICTUS

 

In uno studio pubblicato recentemente su Nature Medecine (Published online 24 February 2013) ricercatori della Oxford University hanno identificato, per la prima volta, un meccanismo di neuroprotezione endogena da ictus,  in grado cioè di proteggere le cellule del cervello e già insito in esso.

Quando un ictus provoca danni a livello della corteccia cerebrale, si assiste ad una autoprotezione da parte del cervello, che riesce a recuperare, anche parzialmente, l’efficienza. Questa capacità del cervello è nota già da molti anni, ma solo oggi si cominciano a capire i meccanismi che la controllano. Già nel 1926 si era osservato che i neuroni di una determinata zona dell’ippocampo sopravvivevano all’ipossia mentre altre zone no, senza però riuscire a spiegare finora l’intrinseca capacità del cervello di autoproteggersi.

“Gli studi precedenti si sono concentrati sulla comprensione di come le cellule muoiono dopo essere state impoverite di ossigeno e glucosio. Noi abbiamo preso in considerazione un approccio più diretto, indagando i meccanismi endogeni che si sono evoluti per rendere queste particolari cellule dell’ippocampo più resistenti all’ictus”, spiega il primo autore della ricerca, il dottor Michalis Papadakis, Direttore Scientifico del Laboratorio di ischemia cerebrale dell’Università di Oxford.

Si è scoperto che in carenza di ossigeno e glucosio (condizioni che si verificano durante l’ictus) viene prodotta una specifica proteina denominata amartina (Tsc1 hamartin protein) che permette alle cellule di sopravvivere.

Si è dimostrato che i neuroni, nella zona interessata dall’ictus, muoiono per l’assenza di amartina e che stimolandone la produzione aumenta la protezione dai danni.

“Questo fenomeno è correlato in maniera causale alla sopravvivenza delle cellule. Se blocchiamo l’amartina, i neuroni muoiono quando il flusso di sangue viene interrotto. Se forniamo l’amartina, le cellule sopravvivono. Abbiamo dimostrato per la prima volta che il cervello ha meccanismi che utilizza per proteggersi e mantenere in vita le proprie cellule”, ha detto il professor Alastair Buchan, capo della divisione di Scienze Mediche e Preside della Facoltà di Medicina dell’Università di Oxford, che ha diretto lo studio.

Non disponendo di riserve, il cervello ha un continuo bisogno di apporto di ossigeno e glucosio. L’ictus (stroke) insorge in seguito ad un disturbo circolatorio cerebrale, si verifica quando si interrompe l’afflusso di sangue ad una parte del cervello e le cellule cerebrali, private di ossigeno e sostanze nutritive di cui hanno bisogno per funzionare correttamente, cominciano a morire.

“I danni cerebrali iniziano subito dopo l’insorgenza di un ictus. Le cellule iniziano a morire in qualche punto del cervello da pochi minuti a un massimo di 1 o 2 ore dopo l’evento”.

 

L’ictus è una delle principali cause di morte e disabilità in Italia e in Europa; dopo infarto e tumori, in Italia è la terza causa di morte e nel Regno Unito, dove si è svolto lo studio, sono 150 mila l’anno le persone colpite.

 

Tra i  fattori di rischio (modificabili) per l’ictus ci sono principalmente l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, la fibrillazione atriale e sembrano rivestire sempre di più un ruolo importante anche l’ipercolesterolemia, il fumo di sigaretta e l’obesità. Altri  fattori di rischio (non modificabili) sono l’eta’, il sesso e la familiarita’ per le malattie cerebrovascolari.

 

Nel prossimo futuro, i ricercatori confidano nella possibilità che la conoscenza del meccanismo biologico intrinseco che porta alla neuroprotezione permetta di sviluppare farmaci che mimino gli effetti dell’amartina per contrastare i danni da ictus, oltre che prevenire l’insorgenza di altre malattie neurodegenerative: “C’è molto lavoro da fare per tradurre tutto questo nella clinica, ma ora, per la prima volta, abbiamo una strategia neuroprotettiva” – così il professor Buchan, che continua – “I nostri prossimi passi saranno verificare se riusciamo a trovare candidati farmaci a piccoli molecole che imitano ciò che fa l’hamartin per mantenere in vita le cellule cerebrali. Anche se ora siamo concentrati sull’ictus, i farmaci neuroprotettivi possono interessare anche altre condizioni che vedono la morte precoce delle cellule del cervello, tra cui l’Alzheimer e la malattia dei motoneuroni”.

 

                                                                                                        

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