RIFORMA DELLA PROFESSIONE FORENSE

I FATTI. Per gli avvocati, negli ultimi tempi, è cambiato tutto. Ne è prova l’art. 21 della legge 247 del 2012 (“Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”): la permanenza dell’iscrizione all’albo diventa subordinata all’esercizio della professione “in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente, salve le eccezioni previste anche in riferimento ai primi anni di esercizio professionale”. L’obiettivo dichiarato delle nuove disposizioni è di consentire l’accesso e la permanenza nella professione di avvocato ai più meritevoli e a chi esercita effettivamente. Nulla di male, almeno nelle intenzioni: il problema, semmai, sta proprio nei criteri espressi dal “Regolamento recante disposizioni per l’accertamento dell’esercizio della professione forense” (decreto n. 47 del 2016), emanato – in attuazione della legge – dal Ministero della Giustizia.

LE NUOVE REGOLE. Il Regolamento prevede, infatti, che per dimostrare di esercitare la professione forense in modo “effettivo, continuativo, abituale e prevalente” l’avvocato debba essere in possesso di questi requisiti:

  • Essere titolare di una partita IVA attiva o fare parte di una società o associazione professionale che sia titolare di partita IVA attiva;

  • Avere l’uso di locali e di almeno un’utenza telefonica destinati allo svolgimento dell’attività professionale, anche in associazione professionale, società professionale o in associazione di studio con altri colleghi o anche presso altro avvocato ovvero in condivisione con altri avvocati;

  • Avere trattato almeno cinque affari per ciascun anno, anche se l’incarico professionale è stato conferito da altro professionista;

  • Essere titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata, comunicato al consiglio dell’Ordine;

  • Avere assolto l’obbligo di aggiornamento professionale secondo le modalità e le condizioni stabilite dal Consiglio nazionale forense;

  • Avere in corso una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione.

La mancanza di tali requisiti, accertata dal Consiglio dell’Ordine competente, determina il provvedimento della cancellazione dall’albo dell’avvocato.

L’INIZIATIVA CODACONS. Il Codacons ha deciso di intervenire a tutela degli interessi degli avvocati: secondo il parere dei nostri legali, infatti, i requisiti previsti dal Regolamento per la permanenza nell’albo sono in contrasto con la libertà di iniziativa economica, nonché con il principio di libera circolazione degli avvocati nello spazio UE, poiché limitano la possibilità di rimanere iscritti all’albo in ragione di criteri non conformi alla deontologia e alla dignità professionale.

Per questi motivi, l’Associazione (WWW.CODACONS.IT) avvia un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: all’iniziativa possono aderire – entro il 29 luglio 2016 – tutti gli avvocati iscritti agli albi professionali sul territorio nazionale.

 

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