NON DIMENTICARSI DELLA PROFESSIONALITA’ VETERINARIA NEL RISANAMENTO DEI CANILI

La senatrice Paola Taverna ha presentato al senato una mozione sul risanamento dei canili basato su sei punti che ruotano sostanzialmente su tre punti cardinali: il ruolo centrale assegnato alle associazioni animaliste e zoofile nell’assegnazione della gestione delle strutture; la libertà di accesso (con finalità di controllo e di ispezione) ai canili gestiti dai privati in convenzione; il monitoraggio delle attività di sterilizzazione obbligatoria ad opera delle aziende sanitarie locali. 

 

Voci nuove, vecchie idee. Siamo nel 2015 e non è cambiato nulla rispetto all’anno dell’avvento della L. 281/91 sul randagismo. Anzi qualcosa è cambiata: ci sono più cani nei canili, ci sono più canili non adeguati perché non a norma o perché giunti al collasso, ci sono meno soldi disponibili e più cani che soffrono, aumentano i cani nelle famiglie e il rischio che vengano abbandonati o portati al canile. Eppure ancora si propongono i soliti attori ed i soliti rimedi.

 

La sofferenza dei cani nei canili è una voce sottovalutata: 

“Una vita intera in stato di carcerazione è una condizione insopportabile per qualunque essere vivente, lo è ancor di più l’assenza di confort ed il sovraffollamento. Se gli uomini in queste condizioni possono evadere da questo stato di costrizione fisica con la forza di astrazione del pensiero, con la lettura, con la scrittura, per il cane, che si realizza nella “referenza sociale” (R. Marchesini, “L’Identità del cane”) del piano relazionale coi propri simili e con l’uomo, non c’è via d’uscita, la frustrazione delle sue peculiarità sociali e relazionali lo porta a sviluppare  patologie comportamentali che ne compromettono il benessere, l’integrità psico-fisica e l’adottabilità.” Tratto da “Problemi di Bioetica in canile”di G. Petrantoni,  in volume collettaneo “Il canile come presidio zooantropologico” di R. Marchesini.

 

Nella mozione della senatrice non si fa alcuna menzione delle istituzioni veterinarie, fatta eccezione per quella relativa all’obbligo di sterilizzazione delle ASL, né delle competenze professionali relative alla cura della salute del corpo e della psiche animale, come indicato nel Veterinary Acts della FVE (Federation of Veterinary Europe).

 

Ai sei punti proposti dalla senatrice sul risanamento dei canili mi permetto di opporre alcuni fra quelli che ho proposto in occasione del mio intervento al Consiglio Nazionale della FNOVI, tenuto nel 2013 a Siracusa, sulle nuove politiche della professione veterinaria.

 

1. Progettazione delle strutture finalizzate non all’ospitalità permanente, ma alla socializzazione ed alla riabilitazione comportamentale.

2. Gestione e organizzazione dei servizi ordinari, di prevenzione e di riabilitazione comportamentale.

3. Valutazione comportamentale, contestuale a quella sanitaria, all’arrivo in canile.

4. Assistenza veterinaria comportamentale al processo di adozione finalizzato al successo dell’affido definitivo.

5. Valutazione e prescrizione terapeutica dei cani morsicatori.

6. Diagnosi, prognosi e terapia dei cani affetti da patologie comportamentali.

7. Sostegno ai proprietari nella prevenzione comportamentale.

8. Campagne di promozione e diffusione della cultura zooantropologica: nelle scuole, nel dibattito sociale, nelle amministrazioni.

 

Bisogna quindi superare i limiti di una legislazione inadeguata in materia di randagismo. Sono tre le cause principali di una legislazione inadeguata per la Medicina Veterinaria: 1) la consuetudine di trasferire la norme dal settore medico a quello medico-veterinario, ignorandone le specificità e la complessità scientifica e professionale; 2) la stesura di norme in campo medico-veterinario da parte di legislatori che sconoscono le realtà culturali e professionali della professione medico-veterinaria; 3) la forte influenza in Parlamento delle associazioni di volontariato e dei laici. 

 

Gaspare Petrantoni

 

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