LE FAMIGLIE MONOPARENTALI (CON UN SOLO GENITORE)

La famiglia formata da un solo genitore è una famiglia che c’è sempre stata. Basti pensare al caso di genitori vedovi, a ragazze madri o a madri con mariti emigrati per lavoro. Oggi i dati ISTAT ci informano però che le famiglie monoparentali attuali sono per lo più una conseguenza di separazioni e divorzi, dato importante che useremo per esaminare le caratteristiche della famiglia monoparentale formata solo dalla madre e solo dal padre.

Famiglia con madre sola

Le famiglie formate solo dalla madre sono più numerose di quelle formate solo dal padre, perché nella maggior parte delle separazioni giudiziali è la madre ad essere scelta dal giudice come genitore affidatario. Sono tanti i compiti anche di una famiglia monogenitoriale, soprattutto quello di dimostrarsi valida e funzionale quanto quella bigenitoriale. Fra i primi compiti vi è spesso quello di dover far fronte ai pregiudizi sociali, in quanto concepita meno valida e adeguata rispetto a quella “tradizionale”, pregiudizio che può portare ad una marginalità ed allontanamento dal mondo esterno. Le madri sole affrontano anche altri problemi, come ad esempio quelli economici. Le situazioni più precarie si hanno soprattutto quando il padre non contribuisce economicamente e la madre è costretta a coniugare la sua condizione di genitore solo a quella di lavoratrice, condizione che per le madri più giovani, con figli spesso molto piccoli, si traduce nel dover ripiegare in lavori part-time e quindi meno remunerati, e per le madri più mature, con figli più grandi e quindi più indipendenti, nella difficoltà invece a trovare impieghi lavorativi. In questi casi spesso interviene in aiuto la famiglia di origine. Il problema più importante resta comunque quello emotivo ed interpersonale: le madri sole tendono a nascondersi dal mondo esterno e dalle altre famiglie sia per i pregiudizi che temono sia per i propri sensi di colpa, primo fra tutti quello di non essere una famiglia “tradizionale”. Per ovviare a questi sensi di colpa molte madri assolutizzano il proprio ruolo, dimenticandosi di essere donne e vivendo anche in maniera più conflittuale il rapporto con i propri figli. Queste donne tendono ad essere più insicure, più tristi, più depresse e genitorialmente più incoerenti e disorientate. È necessario che dopo l’inevitabile periodo di assestamento, che di solito dura un paio d’anni, la madre cerchi di assolvere a questi importanti compiti di sviluppo.

Famiglia con padre solo

Nel nostro paese le famiglie monogenitoriali condotte da un uomo tendono ad aumentare. Si tratta soprattutto di uomini vedovi o separati e divorziati che hanno fatto richiesta di avere affidati i propri figli o che condividono con l’ex moglie l’affidamento. A differenza dei luoghi comuni, le ricerche dimostrano come i padri soli siano spesso perfettamente in grado di sviluppare legami affettivi molto profondi con i figli. Le difficoltà incontrate sono soprattutto con i figli molto piccoli ma, a differenza delle madri, vivono con tranquillità e meno pressione psicologica, la possibilità di aiuti esterni (nonni, baby sitter, asili). Sono invece bravissimi ad istaurare rapporti di complicità e solidarietà con i figli adolescenti, soprattutto maschi; l’errore in questo caso potrebbe però essere quello di creare rapporti paritari con loro. Anche l’uomo, come la donna, si confronta con la solitudine e i sensi di colpa verso i figli, legati alla perdita o al fallimento dell’unione matrimoniale. I problemi economici sono invece quasi sempre dovuti alla difficoltà della carriera lavorativa, spesso ostacolata dagli esclusivi impegni genitoriali assolti.

L’errore che però resta più comune a madri e padri, sia in famiglie monogenitoriali che bigenitoriali, è quello della genitorializzazione, ovvero il trasformare in genitori i propri figli. Un figlio è trasformato in genitore quando è lui a prendersi cura della propria madre e del proprio padre, quando è lui a preoccuparsi dei bisogni affettivi ed emotivi dei propri genitori, fornendo loro amore, affetto ed anche una piccola spalla su cui piangere. Rendere genitori di se stessi i propri figli significa togliere loro il diritto ad un’infanzia felice.

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