LA POLITICA HA BISOGNO DELLA COMUNICAZIONE?

Viviamo in tempi grami. Di idee (se non di ideologie), di tensione etica, di visione globale. Una penuria che non poteva non infettare anche la politica, che di idee, di tensione etica e di visoni si nutre.

In questa assenza del concetto, controbilanciata dalla strapresenza dell’esperienza, del vissuto, ha preso piede la pratica inesausta della comunicazione. Nella sua declinazione più saturante, intrusiva, pervasiva.

Abbiamo parlato tempo fa di un utile volumetto di Perniola sulla necessità, ogni tanto, di assumere una posizione contro la comunicazione, naturalmente contro questa abnorme, esagerata cultura del comunicare che sta fagocitando la realtà, creando una sorta di bolla di verità dentro cui si può dire tutto e il contrario di tutto, basta saperlo comunicare.

A noi piace metterla così: quando la comunicazione cessa di essere lo strumento mediante il quale si fonda, si nutre e si qualifica la relazione (con gli altri, col mondo) e comincia a diventare lo strumento mediante il quale si vende, si compra, si manipola, si controlla, allora abbiamo a che fare con una cosa che è più corretto chiamare marketing, che ci si ostina a far rientrare nel novero delle tecniche comunicative, giusto perché si è fondamentalmente più interessati alle tecniche e molto meno interessati alla comunicazione medesima (quella vera).

Comincia a stufare l’attenzione che si pone sui registri multipli attraverso i quali i politici si interfacciano ai loro potenziali elettori: in realtà meno mercanzie si hanno e più si addobba la vetrina!

In un mondo in cui si ha troppo da fare con la verità per occuparsi dell’enunciato, la credibilità di un politico non è materia da trattare col bilancino della comunicazione. E’ una cosa che precede persino il fatto di aprire bocca! In fondo è solo quando si è stressati che si deve imparare nuovamente a respirare……

Bei tempi quelli in cui, quando il sorteggio metteva a confronto Almirante e Foa, qualcuno si rifiutava di partecipare alla trasmissione elettorale.

Oggi pagano per esserci, nella bagarre, nel chiasso. Nella comunicazione.

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