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LA NASCITA DEL DOPOSCUOLA COMUNALE A RAGUSA
11 Mag 2017 16:51
A seguito del contrasto in atto tra Giunta e Consiglio Comunale sulla questione dell’utilizzo delle doposcuoliste, vi racconto la nascita del servizio di doposcuola pagato dal Comune di Ragusa, come l’ho raccontato ad una laureanda che ha fatto la tesi sulla nascita della CGIL scuola a livello nazionale e a Ragusa in particolare.
Ragusa, 11 maggio 2017
Ciccio Schembari
Agli inizi degli anni ottanta sono segretario provinciale della CGIL scuola. Ero stato a Bologna e avevo conosciuto l’esperienza del tempo pieno nelle scuole elementari. Ne ero entusiasta non solo per l’incremento dell’occupazione ma soprattutto per la qualità dell’insegnamento. Tentai, così, di lanciare l’istituzione e lo sviluppo del tempo pieno nelle scuole elementari della provincia.
Le condizioni c’erano tutte: edilizia scolastica sufficiente; assenza di doppi turni; manica larga dello Stato ad autorizzare posti in organico; manica larga della Regione Sicilia che, con la legge n. 1 del 1979, elargiva ai comuni i fondi per attivare servizi di supporto all’attività didattica e, in particolare, la istituzione della refezione scolastica; un gran numero di maestre disoccupate.
Mi diedi da fare ma parlare, nelle scuole, di tempo pieno era peggio che bestemmiare in chiesa. Non lo volevano i direttori per i quali significava lavoro in più. Non lo volevano le maestre gelose della loro reiterata metodologia e della loro titolarità unica che le esentava da ogni confronto e verifica con le colleghe. Né c’era una forte, e neanche lieve, richiesta da parte delle famiglie.
Unica eccezione fu rappresentata da una scuola elementare di Ispica dove, il progetto fu attivato dal direttore Titta Blanciardo, comunista, iscritto alla CGIL scuola e, soprattutto persona dotata di grande umanità e capacità. Titta poi andò in pensione e a lui subentrò la direttrice Schembari, che mantenne e continuò l’esperienza.
Con l’aiuto della Schembari, organizzai un convegno sul tempo pieno ma seguito nullo. Anche perché era partita una contro iniziativa assai balorda ma diretta e governata dai sindaci e dagli assessori di diversi comuni e che eccitò e mobilitò tutte le maestre disoccupate. Sindaci e assessori, utilizzarono i fondi della legge 1/1979 non per istituire la refezione ma per assumere maestre in qualità di doposcuoliste. I direttori aderirono in massa e avanzarono richiesta in tal senso; le maestre titolari furono contente di scaricare sulle doposcuoliste i ragazzini con difficoltà; le disoccupate contente perché venivano direttamente e immediatamente assunte, anche se con lavoro precario e sottopagato, che però faceva punteggio. Dissi loro che era un lavoro precario e senza sbocco e che invece il tempo pieno avrebbe dato occupazione vera. Mi risposero: «Hai ragione ma i direttori e le maestre non lo vogliono perciò sarà difficile se non impossibile approdare a qualcosa di concreto e poi, ammesso che sorgono i posti bisogna sostenere il concorso e la strada è lunga e aleatoria. Meglio l’uovo oggi che la gallina domani!». Insomma tutti felici e contenti anche se la cosa era e fu una solenne porcheria. A Pozzallo furono assunte tutte quelle che avevano fatto domanda e il numero delle doposcuoliste fu superiore a quello delle titolari. A Modica si registrarono casi in cui le doposcuoliste intervenivano di mattina e le titolari ne approfittavano per andare a fare la spesa. Per la verità ci furono anche esempi di doposcuoliste che lavorarono bene, ma era e rimase una cosa sbagliata. Che può fare un sindacalista contro l’unanimità di consenso degli attori in campo? Nulla! Dice il proverbio “quannu a raghiuni si scontra cu a forza, a forza vinci e a ragghiuni perdi!”. L’unica cosa che riuscii ad ottenere, al comune di Ragusa, fu che l’assunzione avvenisse a seguito compilazione di una graduatoria redatta con gli stessi parametri e criteri di quella ministeriale.
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