INTERVISTA AL PROFESSOR ERMANNO VISINTAINER, TURCOLOGO

Ermanno Visintainer  nasce a Trento nel 1961, consegue la laurea (Summa cum laude) in Lingue e Letterature Orientali, presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia nel 1998. Relatore in convegni internazionali in Turchia presso la Bilkent Ünıversitesi di Erzurum ed in Kazakhstan, presso l’Università Eurasiatica “Lev Gumilëv” di Astana e la Kazakh Academy of Transport and Communications named after M. Tynyshpayev di Alma Ata. Nel dicembre del 2012, presso la stessa Università, ad Alma Ata, consegue l’Onorificenza di PROFESSORE ONORARIO.

È autore di numerosi articoli inerenti alla turcologia e geopolitica su “Linea Quotidiano”, “Officina”, “Il Borghese” e su altre riviste. Membro dell’ASTREA (Associazione di Studi e Ricerche Euro-Asiatiche). Cofondatore e Presidente del Centro Studi “Vox Populi”, nonché Senior Fellow del Think Tank di Studi Geopolitici “Nodo di Gordio” per i quali ha partecipato alla stesura del volume Imperi delle steppe – da Attila a Ungern Khan con la pubblicazione “Continuità epica nelle letterature della Mongolia: dalle Epigrafi dell’Orkhon alla Storia Segreta dei Mongoli” (2008). Nel 2009 è coautore del libro: Porte d’Eurasia con uno scritto dal titolo “Il modello islamico turco, l’Europa e il grande gioco delle fonti energetiche”. Nel 2010 realizza la monografia Ahmed Yassawi: sciamano, sufi e letterato kazako. Nel 2011 contribuisce al vo- lume: La profondità strategica turca nel pensiero di Ahmet Davutoğlu con lo scritto “Le premesse filosofiche della “Profondità Strategica” di Ahmet Davutoğlu . E nel 2011, assieme al Prof. Andrea Marcigliano, pubblica L’Aquila nel Sole, Leadership e carisma da Kültegin a Nursultan Nazarbaye

 

Lei, professore, è un turcologo. Cosa significa?

Qualche tempo fa il Presidente della sezione provinciale trentina di una prestigiosa Associazione Nazionale, in occasione di un pranzo di lavoro, mi pose la medesima domanda: “cos’è un turcologo?” Commentando, con tono non scevro di ironia: “Uno fa il ginecologo ed un altro il turcologo…”. Un’affermazione che denota tutta la crassa ignoranza mutuata dai sussidiari scolastici intrisi di becero neolepantismo, in voga il secolo scorso ed, ahimè, ancora anacronisticamente utilizzati dai vigenti programmi scolastici. 

 

Capisco…

Prescindendo dal fatto che se, ginecologo significa esperto della fisiologia femminile, dal greco gynè, donna, femmina e logos, discorso, trattato. Ragionevolmente turcologo, per proprietà transitiva significherà esperto di mondo turco. Oltretutto non mi sembra una definizione difficile come yamatologo, ad esempio, termine che designa l’esperto di lingua, storia e letteratura giapponese.

Tale asserzione denota, altresì, altrettanta crassa ignoranza in ambito di relazioni internazionali. Giacché la Turchia, negli ultimi anni, è divenuta una potenza regionale economica ed anche politica, esercitante un soft power fra Asia ed Europa. Tant’è che Pietrangelo Buttafuoco, in un vecchio articolo di giornale, addita l’esempio turco scrivendo:

“Il magnifico Mediterraneo farebbe risplendere i forzieri del nostro futuro perché, insomma, se c’è un orizzonte dove si sta facendo il mondo è il Mare Nostrum, non certo Parigi o Berlino che non hanno la forza di Ankara. E tutto di guadagnato è stato per i turchi non entrare in Europa. Adesso raddoppiano di PIL a colpi di dieci punti l’anno, fossero entrati nell’Unione la racconterebbero diversamente.”

 

Essere un turcologo in Italia,cosa comporta?

Essere turcologo in Italia oggi è un privilegio, poiché la turcologia è un campo in cui nessuno, al di là delle solite banalità e luoghi comuni, è in grado di esprimere alcunché di significativo. La Turchia o comunque l’Eurasia, rappresentano il nostro immediato futuro. L’ultima volta che sono stato ad Istanbul in aeroporto ho visto un ologramma, cosa che in Italia non esiste. Con la tecnologia siamo rimasti indietro agli anni ’70. Basta salire su un cosiddetto treno Alta-velocità italiano per rendersene conto. 

Turcologo non significa, comunque, solo esperto di Turchia, bensì come detto innanzi, esperto di mondo turco, che si estende dalla Turchia fino alla Siberia estrema, fino quasi allo Stretto di Bering. Storicamente i turchi provengono dalla Mongolia. Quindi Kazakhstan ed Asia centrale.

 

 

A tale proposito so che è professore onorario dell’Università di Alma Ata in Kazakhstan. Come mai?

Mi reco spesso in Kazakhstan per partecipare a convegni internazionali. Fra il 27-29 novembre scorso ad Astana, presso il Centro Nazarbayev, si è tenuto un Forum dedicato al tema: “Il Kazakhstan in un nuovo mondo”, The First Nazarbayev Readings “New Kazakhstan in New World”, International Forum.

Un evento internazionale, come dice il titolo stesso, ma al contempo di dimensioni straordinarie.

Ad esso hanno partecipato, fra altri, il Direttore del Centro, il Ministro Kanat Saudabayev, il Ministro dell’Educazione, Bakytzhan Zhumagulov, l’ex presidente della Romania, Emil Costantinescu, l’ex Presidente della Croazia, Stjepan Mesić, Christian Pancelet, ex Presidente del Senato francese,  il Sottosegretario Generale dell’ONU Kassym-Jomart Tokayev, per l’Italia, il Presidente del Centro Studi “Vox Populi” di Pergine Valsugana, ovvero il sottoscritto.

Nel dicembre del 2012, presso l’ Università, ad Alma Ata, M. Tynyshpayev, dove ero stato invitato a presentare il mio ultimo libro sul Presidente del Kazakhstan: “L’Aquila nel Sole, Leadership e carisma da Kül Tegin a Nursultan Nazarbayev” ho conseguito l’Onorificenza di PROFESSORE ONORARIO della stessa.

 

 

Lei è poliglotta, mi piacerebbe dicesse come ci è arrivato.

Sono appassionato di lingue, diciamo che ambirei essere un poliglotta. Il mio vecchio professore di filologia altaico-uralica diceva che le lingue sono come le ciliegine: una tira l’altra. Ed è vero. Tuttavia definirmi tale lo trovo iperbolico.

 

Non sia modesto, io l’ho sentita conversare in vari idiomi e di lingue ne conosce proprio tante!

Conoscere veramente una lingua significa avere la possibilità di vivere nel paese della lingua che s’intende studiare. Io mi sono accontentato di farlo a tavolino, integrando quando ho potuto con dei viaggi. Peraltro ritengo che, in fondo, apprendere una lingua in loco sia anche facile. A meno che tu non sia uno zuccone ci sei costretto se vuoi sopravvivere. È un’esperienza da immigrato. Apprendere una lingua per scelta, per volontà di approfondimento o di ricerca è invece un qualcosa di diverso, di distaccato, di svincolato dalle categorie della mera necessità, pertanto, a mio avviso, di maggiormente ammirevole.

 

Appunto! L’ho sentita parlare in turco ed è veramente ed è molto fluente.

Grazie, me la cavo, quanto sia fluente lo dovrebbe chiedere agli interlocutori piuttosto che a me. È una lingua che mi affascina, mi emoziona, anche a distanza di molti anni dal mio primo impatto. Il piacere di parlare una lingua in cui, a differenza di tutte le lingue indoeuropee, lo sforzo non consiste solo nel giustapporre un lessico con un altro, come ad esempio avviene con l’inglese. Bensì di sostituire una struttura sintattica con un’altra. Ragionare in un altro modo. In maniera attributiva e non predicativa. Ma questa è una cosa difficile da spiegare a chi non sia almeno un po’ avvezzo.

Il turco è una lingua agglutinante e talvolta polisintetica: Türkleştiremediklerimizden misiniz?  Una sola parola, anzi una forma verbale che in italiano dobbiamo tradurre con una perifrasi: Siete voi quelli che non siamo riusciti a turchizzare?

 

Mi parli della Turchia. In generale.

 

Turchia e Italia. Due mondi contrapposti e complementari allo stesso tempo. A partire da Enea, il quale:

Trōiae quī prīmus ab ōrīs

Ītaliam, fātō profugus, Lāvīniaque vēnit

lītora,  

dal suol di Troia primo

in Italia profugo per fato alle lavinie prode venne

 

I primi europei con i quali i turchi vennero in contatto, furono quegli italiani venutisi a stabilire sulle rotte commerciali tra Asia ed Europa. Conseguentemente, attraverso le relazioni commerciali, man mano intraprese fra le due parti, si giunse ad una progressiva e variegata intensificazione degli scambi disposta su vari piani e livelli: in ambito culturale, artistico, letterario ed infine bellico.

 

Molto interessante, prego, prosegua…

Il Mediterraneo e l’Impero Romano sono stati i fattori determinanti della formazione dell’Identità politica, commerciale e culturale dell’Europa. Nel Bacino del Mediterraneo, Turchia e Italia hanno ospitato le capitali storiche dell’Impero Romano, quindi della tradizione latina, che sulla base dei principi del diritto romano ha avuto un ruolo essenziale nella costruzione d’Europa.

 

Quindi?

Quindi, l’Impero Ottomano e la Repubblica laica fondata da Atatürk.

İskender Pala, scrittore turco, nella prefazione del libro La Profondità Strategica turca nel pensiero di Ahmet Davutoğlu, sintetizza così la sinergia che potrebbe scaturire fra i nostri due Paesi: “Bütün yollar Roma’ya çıkar!” e “Bütün yollar İstanbul’dan çıkar!”, “Tutte le strade portano a Roma!” e “Tutte le strade partono da Istanbul!”

 

Come ‘ha conosciuto’ la Turchia?

Andai la prima volta nel lontano 1985, sulla scorta delle canzoni di Franco Battiato, quali “L’era del cinghiale bianco” e letture di G. Gurdjieff, come “Incontri con uomini straordinari”, il suo maestro di allora, natio di Kars, nell’Anatolia orientale. Ricordo che partimmo abbastanza prevenuti. “Mamma li turchi” si dice qui da noi. Invece fu un’esperienza folgorante, trasfiguratrice, una palingenesi noetica e culturale.

 

So che spesso ci va e, come si è detto, parla fluentemente il turco. Non credo assolutamente come turista e basta.

Come dicevo, l’estate scorsa, a un collega dell’Università di Venezia, mentre eravamo intenti a fumare un narghilè in un locale antistante alla tomba del grande poeta turco, Ziya Gökalp, nella zona di Sultan Ahmet, nel centro di Istanbul. La Turchia turistica, la Cappadocia, il Monte Ararat, i dervisci di Konya, con tutto l’esotismo che ne scaturisce sono pallidi ricordi risalenti a qualche decennio fa. Attualmente faccio fatica a stupirmi di qualcosa. L’unica cosa che mi affascina sempre rimane la lingua. Di recente ci vado esclusivamente per partecipare a convegni presso qualche università. Due anni fa ero ad Erzurum, nell’Anatolia orientale e l’anno scorso a Trabzon, sul Mar Nero. A maggio sono invitato a Konya, città del mistico Mewlânâ Jalâl ad-Dîn Rûmî (1207– 1273). Poeta persiano d’Anatolia, emblema di un misticismo aperto al dialogo interreligioso, il quale scrive:

 

Gel, gel, ne olursan ol yine gel,                          
ister kâfir, ister mecûsî, ister puta tapan ol yine gel

bizim dergahımız, ümitsizlik dergâhı değildir,     
yüz kere tövbeni bozmuş olsan da yine gel            

 

Vieni, vieni, chiunque tu sia vieni,

che tu sia miscredente, mazdeo o idolatra, vieni

il nostro convento non è luogo di sconforto,

e se cento volte avessi infranto il tuo voto ancora vieni

 

Versi meravigliosi…

Sì. Un componimento in cui egli invita eterodossamente chiunque, infedele, adoratore del fuoco o zoroastriano ed idolatra – etimologicamente buddhista – che sia, ad accedere alla propria dottrina.

A Konya terrò una relazione sullo scrittore turco Necip Fazıl Kısakürek che ho pensato di comparare con il nostro Clemente Rebora: Vite parallele in paesi vicini.

 

 

Lei è molto preparato anche nella letteratura turca. Ne vuole parlare per i nostri lettori?

 

La produzione letteraria turca è vastissima. L’aspetto principale per cui essa si distingue da altre letterature vicine o lontane è di certo costituito dall’assoluta eterogeneità degli scritti, la quale si spinge ben molto di là da quanto qualsivoglia profano sull’argomento possa immaginare. Essa, in sostanza, include tutte le civiltà e di conseguenza le religioni universali, nonché parte di quelle ancestrali diffuse sul continente eurasiatico.

 

Molto interessante

A dispetto di chi stigmatizza i turchi come un popolo che ha dato poco contributo intellettuale all’Islam, il loro apporto è indiscutibile, soprattutto per quanto riguarda il sufismo ma anche per il diritto. Ricordiamo solo la figura di Ahmed Yasawi ancora venerata in tutti i paesi turchi di tradizione islamica.

 

Ha ragione nei libri di storia  non emerge certo tutto questo.

I turchi nella loro sconfinata produzione letteraria non solo hanno lasciato un’impronta indelebile all’interno della letteratura islamica. Sta di fatto che esistono testi letterari in turco riferentisi rispettivamente a religioni come lo Sciamanesimo, il Nestorianesimo, il Manicheismo, il Buddhismo, l’Ebraismo ed ovviamente l’Islam. Nondimeno i sistemi grafici che, nel corso dei secoli, sono stati impiegati per trascrivere questa lingua, superano di gran lunga quelli in uso presso le rimanenti lingue.

 

E di conseguenza…

Si può, altresì, affermare che da questo punto di vista la letteratura turca è unica al mondo. Un pregiudizio diffuso del nostro tempo, tuttavia, è quello che identifica tassativamente l’Islam con la turcità, avviluppando ed imprigionando quest’ultima in una sorta di camicia di forza che le impedisce qualsiasi possibilità di svincolo o di risonanza. Sebbene tale preconcetto, dal punto di vista della nostra prospettiva storiografica europea possa anche trovare delle giustificazioni, ovverosia pur non sconfessando l’influenza preponderante esercitata dalla menzionata religione sul passato del mondo turco ed europeo, esso non dissimula, di per sé, una propensione all’apriorismo.

 

E cioè?

Riguardo ai turchi, quanti sanno che l’arte delle steppe l’hanno propagata loro fino alle rive dello Jenisei siberiano, che l’arte sino-buddhista della dinastia turco-cinese Wei o Tabgač e che la pittura centro-asiatica di Qïzïl, giunsero fino in Giappone esercitando una profonda influenza? Chi sa che il Taj Mahal di Agra fu costruito dall’imperatore Moghul, Shah Jahan, nelle cui vene scorreva sangue turco, e non andiamo oltre negli esempi, peraltro già propostici dallo studioso J. P. Roux, che sarebbero innumerevoli. Di certo, sempre ribadendo le parole dello stesso autore:

“Con i turchi abbracciamo la storia  universale (…)ma dell’importanza che essi hanno avuto non Sappiamo nulla.”

Peraltro ricordo che ci sono state ed esistono ancora comunità cristiane fra essi, come i Nestoriani dell’Asia centrale in epoca pregengiskhanide, i Gagauzi di Moldavia o i Čuvassi dell’attuale omonima repubblica, oppure ebraiche, come i Khàzari e i Karaiti in passato.

 

Lepanto. Storia. Che mi dice in proposito?

Un evento storico sul quale, negli ultimi anni, è venuto a crearsi, non senza il sostegno di una certa stampa nazionale, un anacronistico quanto becero movimento neolepantista.

Due anni fa, tra Trento e Venezia, abbiamo organizzato dei convegni dedicati al tema di Lepanto: “Dallo scontro di ieri all’intesa di oggi”, di cui abbiamo pubblicato un libro. Un progetto che si proponeva di promuovere, a 440 anni dalla Battaglia di Lepanto, un importante momento di pacificazione e confronto internazionale, facendo incontrare e collaborare le massime autorità culturali, istituzionali e militari, dei Paesi coinvolti nello storico evento bellico.

 

Per capire: a che cosa erano finalizzati questi eventi?

I numerosi eventi collegati al progetto sono stati finalizzati a portare un qualificato contributo di studi, pubblicazioni, elaborazioni e spettacoli teatrali, realizzati da studiosi ed esperti di chiara fama e di livello internazionale sia in campo storico-artistico sia in ambito geopolitico. Per l’occasione ebbi modo di incontrare il Capo di Stato Maggiore della Marina militare turca presso l’Arsenale di Venezia, l’Ammiraglio Eşref Uğur Yiğit, il quale mi disse: “Comprendo lo spirito dell’iniziativa e vi darò tutto il mio sostegno, sebbene mi veniate a parlare dell’unica sconfitta subita dalla nostra gloriosa flotta”.

 

Attualmente  la Turchia, ha molti interessi verso l’EU. Perché?

L’interesse della Turchia per l’Europa non è recente, essa possiede indiscutibilmente un’anima europea, fin dai tempi di Enea, sebbene qui il riferimento vada alla Turchia moderna, laica e kemalista. L’Unione Europea è altra cosa. Anche alla luce dei recenti fatti di Cipro. Chi ambirebbe entrare a fare parte di una Comunità la cui principale finalità sembra essere quella di esercitare un totalitarismo fiscale e bancario, vessatorio nei confronti dei membri più deboli?

 

Prof. Visintainer Lei sa che  la Turchia è ospite d’onore di al Film Festival della Montagna a Trento. Un commento?

Ne sono al corrente attraverso i giornali e soprattutto attraverso un colloquio privato avuto recentemente a Roma con un ambasciatore. Ufficialmente nessuno mi ha informato. Data la situazione in cui versa la nostra provincia, non mi stupisco più di tanto.

 

Peccato davvero. Avrebbe avuto senso che fosse uno degli invitati. Vuole salutare i lettori del mio giornale RagusaOggi?

Rivolgo un caloroso saluto a tutti i ragusani ed alla Sicilia. Un’isola leggendaria e bellissima che purtroppo non conosco direttamente. Li inviterei a leggere il romanzo storico di Pietrangelo Buttafuoco, “Il lupo e la luna”, perché è un libro che parla proprio delle interrelazioni storiche intercorse fra la Sicilia e i turchi, ovvero l’Impero Ottomano. Un testo veramente avvincente che stiamo tentando di far pubblicare anche in Turchia.

 

 

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