È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
CAVA GONFALONE, LA CITTA’ INVISIBILE
22 Set 2015 13:25
La città svuotata, invisibile, silenziosa, muta, di un silenzio rumoroso che rimbomba giungendo alle nostre orecchie, che ci sussurra come un mostro gigante chinandosi al nostro cospetto, “questo è il luogo dove i vostri padri hanno scavato, hanno sudato, hanno sofferto per estrarre la pietra bianca. Quella pietra calcarea che trovate sotto l’intonaco delle case in cui abitate. La pietra con cui sono state realizzate chiese, scuole, decori e tanto altro. Qui, in questo luogo “svuotato”, durante la Seconda Guerra Mondiale, si sono rifugiati i vostri nonni per sfuggire alle bombe; è qui che molti si crearono uno spazio per vivere portando con se persino il letto”.
Percorrendo via Risorgimento, la strada che unisce Ragusa Ibla a Ragusa Superiore, volgendo lo sguardo alla nostra destra, colpisce il chiaro-scuro misterioso e intrigante delle Latomie di Cava Gonfalone, quasi mimetizzate nella vegetazione, che si mostrano come un gigante monumento, protagonista in negativo, all’inverso, della realtà soprastante, quindi la città invisibile e la città visibile, la “fata Morgana” del ragusano. La città invisibile è contestualizzata nella fitta vegetazione, e al suo interno si respira ancora l’odore della fiorente attività estrattiva della pietra bianca calcarea, che fino agli anni 30/40 circa era in essere nel territorio ragusano. La Ragusa sotterranea, luogo semi-nascosto e suggestivo, allo stesso tempo magico perché attraversando le cavità delimitate dai grossi piloni, che non sono altro che il risultato degli scavi che si susseguivano nell’alternarsi dei giorni, delle ore e del sudore dei “cavatori” ragusani che hanno fatto di questo luogo una città “svuotata”, sembra di sentire il picchettare sulla roccia, il rumore dei carrelli, le voci, le anime, le presenze dei nostri “padri” fondatori. Poi sembra anche di sentire il suono delle sirene che, durante la Seconda Guerra Mondiale avvisavano i cittadini dell’imminente arrivo degli aerei e quindi il rumore degli uomini, delle donne, dei bambini e degli anziani che si affrettavano a nascondersi in queste benedette “grotte” divenute rifugi anti-bombardamenti. L’aria si fa umida e l’odore della pietra bagnata dai rigagnoli d’acqua piovana o piccoli torrenti, diviene penetrante. Un albero cresciuto verso il basso sembra prendersi gioco dei visitatori che incuriositi lo guardano, e che, poi, sbalorditi, volgendo lo sguardo verso l’esterno, sono consapevoli, che sopra questo enorme ipogeo scavato in orizzontale, ci sia la città costruita, Ragusa, e tutto questo diventa di una bellezza travolgente. Ma questi luoghi, che potrebbero benissimo esser considerati dei monumenti dal valore inestimabile, oggi come si presentano?
Da un recente sopralluogo, avvenuto in seguito a ripetute segnalazioni di atti di vandalismo, ho appurato, insieme ad altre persone, che buona parte delle strutture in muratura, realizzate dalla sovrintendenza, in mattoni pieni a vista, presentano chiari segni di degrado, ( vetri rotti, porte distrutte, bagni deturpati); delle tre opere installate del Maestro Franco Clia, una è stata asportata e smontata dal luogo stabilito in sede di progettazione, e posizionata al centro della cavità destinata, anch’essa su progetto della sovrintendenza, ad anfiteatro, e sfregiata con delle scritte indecorose. Azioni di persone che nella loro triste vita hanno ben poco da fare e quindi optano bene di trascorrere il loro noioso tempo distruggendo le opere pubbliche, di interesse storico, paesaggistico, artistico e tanto altro ancora.
Ho verificato che nel tempo, successivamente alla realizzazione delle opere della sovrintendenza, si sono susseguite delibere, proposte sulla possibile fruizione della Vallata Santa Domenica, articoli su riviste locali e interrogazioni rivolte all’amministrazione comunale, la quale attualmente ha la custodia di Cava Gonfalone, e qui, di seguito incollo un breve stralcio della nota di Chiavola (Ragusa in movimento) del 13/3/15 (fonte: ragusaoggi.it): “si sta facendo qualcosa per assicurarne la piena fruizione ai cittadini e per scongiurare che si concretizzi uno sperpero di denaro pubblico?”Al di là dell’opera di sistemazione e di abbellimento, avviata alla fine dello scorso anno, è stato predisposto un progetto di riutilizzo e di piena fruizione a vantaggio della cittadinanza per Cava Gonfalone? “Sappiamo – dice Chiavola – che la Soprintendenza ai beni culturali, nel sito in questione, aveva predisposto delle aree adibite a teatri, spazi espositivi, stand e negozi. E si parlava perfino di un laghetto nell’affascinante cornice dell’antica latomia, il tutto inserito nel contesto del parco urbano dei valloni. Stiamo parlando di un patrimonio unico e dal valore inestimabile considerato che non esiste al mondo una città che possa vantare sotterranei così particolari”.
Sappiamo tutti che la città di Ragusa ha sotto gli occhi, e pare proprio il caso di evidenziarlo, “sotto il naso, o sotto la città”, un parco dalla struggente bellezza, che qualsiasi altra città ci invidierebbe. Ma forse tutto questo non è sufficiente perchè abbiamo bisogno di pensare ai giardini o ai parchi, come aree sviluppate allo stesso livello di calpestio e di sviluppo urbanistico, e possibilmente con costruzioni moderne e di dubbio gusto (ma è anche vero che “de gustibus non est disputandum”). Rendere concretamente fruibile l’area non è un’operazione semplice, ma poter riprendere in mano la situazione oggi, tutto sommato, sarebbe meno dispendioso di domani. A Cava Gonfalone bisogna adoperarsi per debellare incuria e vandalismo; progettare un piano di sicurezza e di accessibilità anche per le persone disabili; messa in sicurezza del “solaio” delle Latomie, in cui le faglie al soffitto e le fessurazioni nei piloni, appaiono profonde e pericolose (vedi foto con relativo frammento di roccia crollata). Spero, come altri cittadini, che i soldi serviti per la realizzazione degli interventi a Cava Gonfalone, così come le parole non siano donate al vento per perdersi tra le foglie degli alberi, ma che queste descrizioni dello stato di fatto, e le critiche costruttive, possano spronare chi di dovere a impugnare la situazione che nel prossimo futuro potrebbe diventare vera fonte di reddito, nonché grande attrazione turistica!
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