Rondoni giù dal nido per il troppo caldo, appello dei loro salvatori ragusani: “Aiutateci!”. VIDEO

Specialmente i più piccoli cercano di ripararsi dall’afa, vanno in soffocamento, si sporgono dai nidi realizzati nei sottotetti, cadono sull’asfalto e i marciapiedi bollenti. In questi giorni, nel ragusano e in altre zone della Sicilia è ben visibile in tutta la sua drammaticità il triste fenomeno dei rondoni morti o in fin di vita a causa delle temperature caldissime. Ragusaoggi.it torna ad occuparsene dopo un anno perché la storia si ripete, toccando il cuore dei più ma, evidentemente, non di tutti.

Sono oltre duecento i rondoni recuperati e curati da Antonio Bologni, nel retro del proprio negozio “Pescando” a Ragusa. “Purtroppo 9 rondinelle su 10 non ce la fanno, uccisi dal caldo dopo un’ora dalla caduta. I più grandi hanno maggiori capacità di sopravvivenza. Quest’anno il fenomeno non ha ancora assunto le proporzioni dello scorso anno, complice il maggiore fresco serale”, spiega Bologni.

Ogni giorno, Antonio e la compagna Luisa danno cibo agli uccellini perché una volta caduti dal nido non possono essere più recuperati, se non da mano umana. Un lavoro immenso, lungo, estenuante, complesso. Il cibo – per lo più minuscoli vermi – dev’essere imbeccato attraverso delle apposite cannucce, tenendo fermi i piccoli volatili.

Antonio Bologni lancia un appello alle istituzioni, alle associazioni di volontariato e a privati perché la situazione non può essere demandata soltanto al buon cuore (e al portafoglio) di due persone. Il via vai di persone nei locali via Ingegner Migliorisi 41 è incessante. Anche da fuori il territorio provinciale, molti sanno che quando viene ritrovato un rondone ancora in vita, la prima cosa da fare è “portarlo nel negozio di articoli di pesca di Ragusa”.

“Facciamo quel che possiamo, forse più di quanto – spiega Bologni -. Tuttavia è molto difficile nutrire e curare oltre duecento volatili. Ci serve un aiuto concreto e in fretta.” I volatili sono trattenuti fino al recupero completo e poi liberati. “Soltanto oggi ne abbiamo liberato cinquanta, nel frattempo sono stati portati in negozio altri trenta esemplari – rivela Bologni -. Ecco perché ci serve una mano d’aiuto economica.”
Sul territorio mancano associazioni come Lipu ed Enpa, né i centri di recupero siciliani sembrano in grado di assorbire una tale mole di lavoro.

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