Ragusa e il sostegno ai bambini feriti dalla pandemia

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola 

 “Houston! … qui Ragusa.”

Breve storia del cavolo: la pandemia ha colpito i giovani, la Camera ha bocciato il bonus psicologo, in alternativa ha approvato il sostegno rubinetti, decoder e tv. Ma per fortuna noi viviamo a Ragusa.
Mi spiego. Il bonus-voucher di 150 euro (solo per cominciare) avrebbe consentito a un ragazzo in difficoltà, a una famiglia, a un adulto solo e sofferente di essere aiutato psicologicamente. In compenso ora sbocceranno ovunque rubinetti rigogliosi e scintillanti di salute mentale.
I servizi territoriali non riescono a rispondere ai bisogni. E la psicoterapia nel privato è un lusso che non tutti possono permettersi. Agli psicologi distribuiti nelle scuole per l’emergenza Covid, anche sulla scia di una “moda” del momento, sono state destinate pochissime ore e solo per alcuni mesi. E la figura dello psicologo scolastico coincide da decenni con una legge-chimera (assimilabile ad un’illusione dovuta alla terza dose del vaccino). La prevenzione del disagio giovanile: parole, soltanto parole.

Insomma, mi sento un po’ un rubinetto. Che perde. Perde moltissimo. E tuttavia, posso dirmi fortunato, perché sono cresciuto in una realtà, quella ragusana, che ancora oggi, grazie a una precisa volontà anche politica (e già da prima che insorgesse la pandemia), per l’intero anno scolastico vede nelle scuole l’assidua presenza dello psicologo (in un gruppo di lavoro che comprende pedagogista, assistente sociale, mediatore culturale e altre figure specialistiche). È un “unicum” nel territorio nazionale, una scelta di campo che rivela un’attenzione reale (e non meramente retorica) ai fragili, una sensibilità autentica nei confronti dei più piccoli, una lungimiranza d’orizzonti nel guardare seriamente al futuro. Una visione. Riflette uno stile deciso e ammirevole nel dipingere il Welfare (il sostegno psicosociale di rete in una comunità) che include altre risorse in una forma capillare di servizi: lo Spazio Neutro, l’assistenza specialistica a scuola, il Centro Affidi, l’educativa domiciliare, e via dicendo. Lo sguardo delle istituzioni e delle agenzie che segue ogni bambino, ogni adolescente, ogni genitore per tentare la grazia di un auspicio: che nessuno venga lasciato solo, indietro.

La pandemia ci ha feriti. E ha ferito soprattutto i più piccoli. In una forma talvolta silenziosa, sottile e subdola, tuttora non pienamente riconosciuta. Ma essenziale. L’essenziale è invisibile agli occhi. Solo per chi si volta dall’altro lato. E non vuole proprio vedere. E non vuole dare il giusto nome alle cose. Bambini e adolescenti, nelle loro vulnerabilità e fragilità trascurate, hanno risentito profondamente della lunga stagione oscura e delle sue infauste declinazioni (privazioni, Dad, restrizioni del respiro delle relazioni). La fiducia nelle risorse degli esseri in fase evolutiva e nella loro flessibilità reattiva è dovuta. Nondimeno, inevitabilmente, il paesaggio del presente si rifletterà sulle dimensioni emotiva, educativa, psicologica e fisica delle generazioni a venire.

Le coordinate imposte ai minori entrano in contrasto con le pulsioni naturali del ciclo evolutivo di vita nel quale essi sono coinvolti. Lo testimoniano i dati relativi al ritiro sociale, la dipendenza da internet, gli atti di autolesionismo, l’apatia, il senso di incertezza, i disturbi del comportamento, le condotte distruttive, i deficit di attenzione. In molti casi, i bambini tra i tre e i sette anni sono stati a lungo esposti a elevati livelli di “isolamento” e stress. A volte manifestano sintomi quali un eccessivo attaccamento, la paura, l’irritabilità, la disattenzione, la litigiosità.
A fronte di questo scenario, continuano a mancare le risposte territoriali tempestive (servizi sono sottodimensionati) in grado di accogliere la sofferenza.

E il 31 dicembre scorso la Camera dei deputati appunto ha ufficialmente bocciato il bonus psicologo all’interno della Manovra di bilancio. L’ennesima dimostrazione di come si sia capito poco dell’emergenza. Eppure la pandemia si muove ancora tra di noi.
Non sono ingenuo e lo so bene. I rubinetti, il decoder, le tv rispondono meglio a una ricerca di consensi rivolta al materiale e al beneficio immediato. Sostenere le nuove generazioni appare come un investimento a lungo termine secondario rispetto alle emergenze a breve termine. Ma forse a Ragusa non è così. Per fortuna. Per scelta.

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