Omicidio Lucifora, condannato a 15 anni l’ex carabiniere Davide Corallo

La Corte di Assise di Appello di Catania ha condannato a 15 anni in riforma della sentenza di primo grado della Corte di Assise di Siracusa, l’ex carabiniere Davide Corallo, per l’omicidio di Peppe Lucifora. La Procura generale aveva chiesto la condanna a 17 anni e 4 mesi di reclusione. L’omicidio venne consumato il 10 novembre del 2019 nella casa di Lucifora in largo XI Febbraio a Modica. Il corpo seminudo del cuoco modicano venne rinvenuto all’interno di una stanza chiusa a chiave. Si pensò ad un delitto passionale che ipotizzava una relazione tra i due uomini. Davide Corallo, all’epoca dell’omicidio unico indagato, 41enne e carabiniere, era stato assolto a marzo 2022 con formula piena dopo avere trascorso 2 anni in carcere. Alla sentenza si era appellata sia la Procura di Ragusa, sia la parte civile, (i tre fratelli di Lucifora) attraverso l’avvocato Ignazio Galfo. La procura generale, rappresentata da Giovannella Scaminaci, aveva chiesto la condanna a 17 anni e 4 mesi ravvisando elementi di colpevolezza di Corallo. 

L’iter processuale 

Nel corso del processo di Appello sono stati risentiti tutti i periti e consulenti intervenuti nel primo grado di giudizio oltre al medico legale Giuseppe Iuvara che effettuò l’autopsia e 12 testi non sentiti in primo grado. In avvio di Appello venne anche nominato un nuovo perito d’ufficio, il maggiore Cesare Rapone dei Ris di Roma. Nella casa di Lucifora vennero effettuati altri due accessi dei Ris – Reparto investigazioni scientifiche – dei carabinieri di Roma con il maggiore Cesare Rapone, nominato appunto dalla Corte d’Assise di Appello di Catania, con l’ex comandante del Ris di Parma, generale in congedo Luciano Garofano, consulente della difesa. Oltre ai tecnici già nominati, avevano partecipato anche i Ris di Messina con il tenente colonnello Carlo Romano consulente della Procura di Ragusa e di parte civile. Gli ulteriori approfondimenti oggetto della perizia erano incentrati su reperti prelevati dalla stanza da letto e dal bagno, maniglie e oggetti oltre al sifone del lavandino. Era stata una traccia mista di sangue di Lucifora e di Dna di Corallo, presenti nella corona dello scarico del lavandino del bagno, a portare i sospetti su quest’ultimo ma la datazione del reperto che individuava Corallo come presente in casa in orario compatibile con l’omicidio non aveva dato certezza scientifica. Particolarmente discussa, fu una traccia di dna misto dei due uomini evidenziata ed analizzata dal Ris di Messina, e rinvenuta nello scarico di un lavandino. Una prova che secondo la Procura avrebbe collocato Corallo in quella casa in orari compatibili con la morte di Lucifora.

L’omicidio di Lucifora – che per quanto accertò l’autopsia, morì tramortito e poi soffocato dalla morsa letale di una mano che gli sfondò la trachea – sarebbe maturato in ambienti omosessuali. Le ulteriori tracce biologiche e dattiloscopiche raccolte durante il processo di Appello sono state anche comparate con quelle repertate all’epoca dei fatti. Oltre alla condanna a 17 anni e 4 mesi (in primo grado la pubblica accusa aveva chiesto la condanna a 16 anni), la Procura generale ha chiesto l’interdizione perpetua di Corallo e il versamento di una provvisionale di 10.000 euro a ognuna delle tre parti civili costituite, cioè i tre fratelli di Lucifora. La Corte d’Assise d’Appello ha condannato oggi Davide Corallo a 15 anni di carcere, con interdizione perpetua, libertà vigilata per 3 anni scontata la pena, l sospensione della responsabilità genitoriale durante l’esecuzione della pena e una provvisionale alle parti civili di 10.000 euro l’una.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it