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LA PROCESSIONE DEL VENERDÌ SANTO A RAGUSA CI DICE COME ERAVAMO E COME SIAMO
12 Apr 2017 19:25
La Processione del Venerdì Santo a Ragusa, quale essa si svolgeva fino agli anni cinquanta del ‘900, contava sette sacre figure: il Cristo alla colonna, l’Ecce Homo, il Crocifisso, la Scesa della Croce, la Pietà, il Cristo all’urna e la Madonna Addolorata. Ciascuna di esse era conservata in una delle parrocchie della città ed era affidata ad una ben precisa categoria sociale: il Cristo alla colonna era conservata a San Giovanni Battista (la cattedrale dedicata al santo patrono) e assegnata ai massari (coltivatori diretti); l’Ecce Homo conservata nella parrocchia dell’Ecce Homo e ai carrettieri; il Crocifisso a Santa Maria delle Scale e ai i mastri (maestri o maestranze, in genere muratori ma anche falegnami, barbieri e artigiani in genere); la Scesa della Croce ai pirriaturi (i picconieri); la Pietà ancora a Santa Maria delle Scale e ai mastri; il Cristo all’urna a San Giovanni e ai i parrini (i preti, il clero); la Madonna Addolorata a la Badia (chiesa non parrocchia attaccata a San Giovanni) e ai cavaleri (i nobili).
Ogni maestranza aveva la sua sacra figura. Mancavano i braccianti agricoli perché poveri benché numerosi e gli impiegati numericamente inconsistenti.
C’era anche coincidenza tra parrocchia e quartieri abitati dai vari ceti sociali. I massari e i cavaleri infatti risiedevano quasi esclusivamente attorno a San Giovanni, i carrittieri nel quartiere dell’Ecce Homo, i mastri a Santa Maria delle Scale, i pirriaturi ai Cappuccini. Insomma la città era divisa in un ben preciso disegno geopolitico in cui ogni quartiere aveva una ben precisa identità non solo architettonica ma di ceto sociale, di usi, di comportamenti e di modi di vivere e di vestire. Queste identità, nello svolgimento delle attività sociali ed economiche, interagivano tra di loro durante tutto l’arco dell’anno nel modo proprio e particolare dei Ragusani dando vita alla comune identità in cui la città si riconosceva. Si può perciò affermare che la Processione del Venerdì Santo, con la presenza diretta delle varie maestranze, rappresentava, più di altre e, forse, più della stessa festa del patrono – San Giovanni Battista – il rito che sintetizzava questa comune identità. Il rito religioso come sintesi di una identità socio-culturale! La comunità si riuniva e si ritrovava attorno al mistero grande della morte e della resurrezione del Cristo.
I riti cominciavano la Domenica delle Palme. L’Ecce Homo veniva portato a San Giovanni, da dove, celebrata l’ura (un’ora di preghiere), faceva ritorno alla chiesa di provenienza. Il Lunedì Santo toccava al Crocifisso e nei giorni successivi alla Scesa della Croce e alla Pietà. Il Giovedì Santo non c’era processione ma si celebrava il rito della visita ai sepolcri: in ogni chiesa veniva allestito il sepolcro: Cristo in mezzo a tanti fiori e a piatti di grano germogliato dal caratteristico verde chiaro e tenero. Il seme muore per dare nuova vita! Il Venerdì Santo, all’imbrunire, tutte le sacre figure venivano raggruppate dentro la Chiesa Madre, San Giovanni Battista, e si dava inizio alla processione. In testa c’erano i massari col Cristo alla colonna, e, a seguire i carrettieri con l’Ecce Homo, i mastri con il Crocifisso, i pirriaturi con la Scesa della Croce (la più pesante), ancora i mastri con la Pietà, i parrini col Cristo all’urna e chiudevano i cavaleri con l’Addolorata. Le due categorie più importanti, i massari e i cavalieri, aprivano e chiudevano la processione.
Perché i mastri avevano due statue? All’inizio la statua della Pietà non c’era e i mastri avevano solo il Crocifisso. Ma, alla fine degli anni venti del 1900, alcuni di essi acquisirono un maggiore benessere per cui rivendicarono il diritto di seguire, nella processione i pirriaturi in quanto stare più vicino ai cavaleri dava più prestigio. Ma poteva la Scesa della Croce precedere in processione il Crocifisso, poteva il Cristo, prima essere sceso dalla croce e poi rimesso in croce? La storia andò avanti per qualche anno finché i più “mafiosi” dei mastri non misero in atto la provocazione: smontarono il Cristo dalla Croce, coprirono il tutto con un lenzuolo e mandarono la statua in cattedrale. Il Parroco, che era uomo saggio, non rispose d’imperio: la cosa avrebbe sicuramente provocato dei tafferugli. Chiamò i provocatori e li sfidò sullo stesso terreno: se era vero che maggior prestigio avevano acquisito occorreva che lo dimostrassero con i fatti, nella fattispecie con la raccolta dei fondi necessari per realizzare una nuova statua, la Pietà, che appunto poteva seguire, in processione, la Scesa della Croce dei pirriaturi. Fu così che i mastri e la parrocchia di Santa Maria delle Scale ebbero due sacre figure.
Il senso della processione di ieri, del “come eravamo”, si può percepire meglio se diamo uno sguardo al “come siamo”.
Oggi la processione conta altre due sacre figure: il Cristo all’orto e il Cristo che incontra la Madre, donate negli anni sessanta da un certo don Mariu u Bidduzzu, c’è stata una modifica nell’assegnazione alle parrocchie ma manca totalmente l’affidamento alle categorie sociali. Non ci sono più le vecchie maestranze né sono state sostituite da nuove. I massari sono quasi scomparsi né abitano nel centro storico e così i cavaleri. I carrettieri non ci sono più né sono stati sostituti dai camionisti. La maggior parte dei ragusani, occupata nel terziario (impiegati statali, parastatali, insegnanti, operatori della sanità, bancari, commesse), non costituisce identità. Nella stessa famiglia c’è il professionista con la moglie insegnante, il commerciante con la moglie impiegata, l’impiegato con la moglie parrucchiera, l’artigiano con la moglie infermiera. Né sussistono identità territoriali. Il centro storico è degradato e ospita extra comunitari. Nello stesso condominio abitano famiglie appartenenti alle categorie più disparate. Non c’è identità, ma solo contiguità determinata dall’ammontare del reddito familiare. Le case popolari, le cooperative, i condomini privati, la zona villette. Si può affermare che al territorio attorno alla nuova parrocchia del Preziosissimo Sangue, in contrada Bruscè, fatto da villette è associata una ben precisa identità socio-culturale? Sicuramente no! Si può solo parlare di contiguità da pari reddito e la parità di reddito non costituisce identità. Neanche nei consumi. Una famiglia intellettuale e una famiglia artigiana o commerciante, contigue perché pari reddito, hanno sicuramente consumi culturali e del tempo libero diversi.
La Processione del Venerdì Santo continua a farsi, anno dopo anno, ma ha totalmente perso il senso e l’afflato di una volta: attorno alle sacre figure ci sono parrocchiani e non più identità socio-culturali. Tutte le domeniche le chiese si riempiono, i riti religiosi ci sono sempre e vengono praticati, ma possono ancora essere legame sociale per una società slegata, in cui le spinte centrifughe e disgregatrici sono fortissime? Da ciò, forse, la ricerca di rifugio verso forme religiose caratterizzate da intimismo, misticismo e fanatismo spinto.
Così, a partire dal rito sacro della Processione del Venerdì Santo si finisce per parlare dei Ragusani e ciò lo faccio, con una discreta ricchezza di informazioni sulla nascita della categoria dei massari, sui lavori in campagna, sullo sfilato siciliano, sul rapporto genitori e figli, in un mio saggio dal titolo “Ragusa, dalla società orizzontale alla società verticale alla ricerca del centro perduto“.
Ragusa, 6 giugno 2007
Ciccio Schembari
Pubblicato sul numero 23 / 2007 “È festa” della rivista on line www.operaincerta.it
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