BANCO !

Quante volte, da giovani, abbiamo sentito questa parola: “banco!”, nell’angusta saletta nascosta di una bisca di periferia come nell’augusto salone del circolo, che era sempre di cultura o di conversazione ma che sempre si sostentava con i  proventi del gioco natalizio, entrambi locali pieni di fumo denso che avvolgeva tutto e tutti, la parola, non gridata ma parimenti ferma e decisa, era come una lama che fendeva di netto quella coltre di fumo ma, delicatamente, si posava sul tappeto verde.

Era il momento in cui i comuni giocatori, per pochi minuti, venivano estromessi dal gioco, ma la parola suscitava, ugualmente emozioni forti: succedeva a un momento d’impasse, quando il banco del baccarà o dello chemin de fer aveva vinto diversi colpi, si era fatto cospicuo e le puntate delle ali cominciavano ad ansimare.

Entrava allora in scena il giocatore che, per innato spirito del gioco o per mettersi in vista, ‘chiamava’ banco per sbloccare la situazione: in caso di vincita si era reso protagonista del ‘coup de theatre’, veniva guardato come uno che con le carte ci sapeva fare, non importa quanto aveva vinto, se perdeva c’era un silenzio reverenziale che faceva trasparire, però, altrettanta ammirazione.

La situazione di stallo era comunque sbloccata, il vincente continuava o andava al banco e la ruota continuava a girare, fra la soddisfazione di tutti gli altri giocatori, vincenti e perdenti.

Invano auspichiamo di ascoltare parole di simile decisione per sbloccare l’attuale situazione politica in città: tutti si riservano di convocare vertici e basi dei partiti, chi chiede 24 ore, chi ne chiede 48, chi pone termini perentori per candidature a opinabili primarie per cui non c’è alcun trasporto, il mancato rispetto dei termini lascia trasparire tutta l’indecisione e lo smarrimento che pervade, in queste ore i presunti protagonisti dell’agone elettorale.

Certe candidature vengono fuori solo per ‘abbaiare’, ma si sa che can che abbaia non morde, o per puro delirio di onnipotenza, ma i protagonisti sanno che, alla fine, i partiti maggiori tirano fuori il candidato, come il giocatore che punta, e, alla fine, se gli va bene, raccattano un assessorato. In queste ore lo smarrimento è totale perché sono proprio i partiti maggiori nel pallone e non si sa, quindi, da chi farsi dare l’assessorato e tutti sanno che in una situazione tale tutto può succedere, nel senso che un semplice comprimario può diventare sindaco mentre i papaveri possono essere destinati all’appassimento.

Ai tempi d’oro della politica il silenzio era indice di grandi movimenti, oggi è indice dell’incapacità di gestire la situazione.

Aspettavamo un segnale forte dalla conferenza stampa del secondo circolo del Partito Democratico: ci eravamo detti: “Finalmente qualcuno parla!” ma dentro di noi pensavamo anche che il purosangue, ancorché  ormai lontano dagli anelli di gara, scandisse la parola : “Banco !”

Serve qualcuno che faccia schioccare la frusta come indomito domatore, non pretendiamo che vinca a frusta alzata, ma che dia, almeno, un segnale che non è morta la politica delle decisioni forti per far posto a quella del negoziato che non è trattativa, dell’inciucio che non è accordo sottobanco.

Invece si è visto solo un circolo implorante, in nome della tradizione del partito e della sinistra, un banale e ovvio richiamo all’unità che non è strategia ma unica fonte di sopravvivenza. Pratici ma nodosi tragitti di reclutamento del candidato ideale sono stati spacciati per medicina che può dare la guarigione, ma il tono e l’espressione lasciavano capire che c’è l’esigenza di una cura pesante e spalmata sul lungo periodo, che non può essere quello stretto della campagna elettorale.

Invece di dire, tutti fuori dai piedi, perché quando il gioco si fa duro entrano in campo i campioni, si grida alla raccolta di uomini e idee, all’abbraccio ancorchè fasullo, in un estremo tentativo di soluzione che lascia trapelare solo la professionale competente consapevolezza del difficile momento.

Ma mettere insieme il diavolo e l’acqua santa non è sempre facile, il passato non ha insegnato nulla, forse è l’influenza nefasta dei due poster che aspettano di essere attaccati a muro.

 

Principe di Chitinnon

 

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