UN FUTURO INCERTO

Prima che si svolgessero le elezioni europee il Movimento 5 stelle avendo raggiunto una considerevole quantità di voti di qualche decimo oltre il 25 per cento riteneva di aver imboccato la strada giusta per conseguire un risultato elettorale oltre ogni ragionevole previsione. Era convinto, in estrema sintesi, che avrebbe mandato tutti a casa  e sulla scorta di tale proponimento continuava ad evitare rapporti politici con altri partiti. Venne quindi non accolta la proposta di concertare una nuova legge elettorale in sostituzione del tanto deprecato Porcellum dichiarato dalla Consulta incostituzionale.

 Il governo ebbe, pertanto, come solo interlocutore il centro destro e venne fuori il famoso patto del Nazareno. Non previsti da nessun sondaggista i risultati delle elezioni europee oltre che inaspettati furono, almeno per il Pd, sconvolgenti. I pentastellati persero un considerevole numero di voti e il Pd di Renzi superò inaspettatamente quella percentuale di voti che non si registrava da una cinquantina d’anni. Gli elettori vollero dare in prestito a Renzi, credendo nella fattibilità operativa delle sue proposte, un consenso molto elevato per uscire da una crisi economica falcidiante per il presente ed alquanto incerta per il futuro.

I grillini avendo rifiutato il primo invito per dare vita ad una legge elettorale  dopo i risultati delle europee hanno cambiato strategia cercando, pur in presenza della parziale attuazione dell’accordo del Nazareno, un’intesa con il Pd sulla scorta di un disegno elettorale che prevede il voto di preferenza e non la formazione di  coalizione di partiti per raggiungere quella minima percentuale di voti che farebbe scattare il premio di maggioranza. L’intesa sembra ancora in corso, ma con poche possibilità di poter sostituire l’accordo del Nazareno che, allo stato, ha portato all’approvazione alla Camera la nuova legge elettorale.

E’ da ritenere molto poco probabile un’inversione di rotta per iniziare tutto d’accapo, anche perché non appare chiaro se un’eventuale adesione allo loro proposta elettorale con tutte le rifiniture possibili possa comportare anche un’alleanza politica su temi governativi in atto di attuazione o sul altri ad conseguenti o di completamento.

In questo ampio panorama di crisi che in atto attraversiamo  ogni singolo problema non è la medicina generale, quanto piuttosto un tassello che va inserito in un quadro i cui contorni talora non si riescono a delineare, ma con cui bisogna per forza fare i conti.

Stando alla teoria esposta di recente in una rubrica televisiva da un sociologo italiano l’avvenire che attende i giovani alla ricerca di un lavoro è di segno del tutto opposto al verificarsi di una crescita del prodotto interno lordo che, invece, secondo un’aspettativa sentita e convinta dovrebbe diminuire l’elevato tasso di disoccupazione.

Il sociologo sostiene che per competere economicamente in un mondo globalizzato le industrie dirigono le loro innovazioni all’acquisizione di macchinari che per produrre il bene finale o il manufatto da immettere nel mercato richiedono un numero inferiore di lavoratori. A tale scelta operativa sarebbero, altresì, costrette per competere in un mercato globale ove, fra l’altro, il costo della manodopera è differente. Per adeguarci e competere appare evidente che una prima rivisitazione spetta e compete a delle riforme che ci possano consentire di essere più produttivi da un lato e dall’altro attirare investimenti esterni, pur non dovendo scordarci che inseriti come siamo in ambito europeo si è costretti a rispettare quei famosi parametri europei per non correre addirittura il rischio di essere commissariati. Nel frattempo, se un qualche fondamento ha la tesi del sociologo, la povertà assoluta sarebbe destinata ad aumentare ed incidere fortemente nel tessuto sociale della vita quotidiana.

Il Presidente Renzi pare che abbia ottenuto dell’Europa, nel caso in cui ne  dovessero ricorrere le condizioni, una certa flessibilità  prima dell’obbligo di rispettare i parametri per la verità molto rigidi. Questi parametri in certa misura dovrebbero essere rivisti perché risalgono ad oltre 20 addietro quando ancora l’assetto economico dei paesi membri, sia nel bene che nel male, non ave conosciuto gli effetti del mercato globale e l’incidenza economica dei paesi emergenti.

A vivere una condizione di disagio economico non siamo solo noi italiani. La cri ha natura e dimensione europea e solo – anche se sembra facile dirlo – adottando le misure idonee ne possiamo diminuire gli effetti negativi. Ma quali sono quelle più appropriate?

 

 

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