SEMPRE INDISTURBATI I LADRI DI RAME LASCIANO AL BUIO MEZZA PROVINCIA

Con la coda tra le gambe, vedo spuntare mio fratello nella comune familiare casa al mare. “Ma come – dico io, in coro col resto della famiglia che si era evidentemente illusa di essersi liberata, per almeno un paio di settimane agostane, del più piccolo membro consanguineo, quello snob che aveva deciso di trascorrere la parte centrale dell’estate lontano dal caos del litorale – non avevi deciso di trasferirti nella casa di campagna per due settimane?”

“Proprio così – la laconica risposta del trentenne alternativo, barba lunga e sentimenti anti-capitalistici – ma purtroppo a casa in campagna siamo senza luce, senza acqua, senza possibilità di aprire il cancello, senza niente, perché i rumeni hanno rubato i cavi elettrici per prelevare il rame”.

In quel momento, ascoltando il ragazzo insolitamente arrabbiato, diciamo incazzato, lui normalmente ascetico e simil-buddista, che mai accenna a discorsi anche solo larvatamente razzisti mentre in quel “i rumeni” dimostra non soltanto di credere, come tutti, che a rubare il rame siano sempre e solo rumeni, ma lo dice anche con un tono di distacco verso una altra etnia, oltre che verso una banda di delinquenti, cosa che mai avrei solo sospettato in mio fratello, in quel momento, dicevo, mi ricordo che da un bel po’ di tempo leggo, anche se distrattamente, di mezza Scoglitti senza acqua perché nella zona dei pozzi hanno rubato i cavi, di centinaia di aziende agricole distribuite in tutta l’area ragusana senza corrente perché nelle zone poco abitate i soli ignoti hanno rubato i cavi. Collego il tutto, mi arrabbio non poco (non so se per la triste notizie di dovermi sopportare in casa anche ad agosto il minore dei familiari, quello – diciamolo – più rompipalle, lettore di Siddartha ma con la colazione servita a letto oppure per questo fatto dei cavi rubati).

Poi rifletto, e poi ancora discuto con un fraterno amico che indossa una divisa. L’argomento è ovvio: ma perché rubano i cavi? Cosa ne fanno? Scopro un mondo per me del tutto nuovo: i ladri tagliano i cavi elettrici, li accumulano, li incendiano per eliminare la copertura di plastica e recuperare i panetti di quel rame diventato un metallo raro. D’accordo, ma se qualcuno recupera il rame perché è diventato raro, lo farà non per collezionare lingotti, ma più verosimilmente per venderlo a qualcuno che dovrà usarlo. Ed anche questa seconda figura interverrà con un esborso economico non per collezionare etcetera etcetera, ma per impiegare il rame per farne cavi di conduzione o altri prodotti finiti.

E poi, possibile che si possa serenamente tagliare, recuperare, bruciare, vendere il rame senza che nessuno possa farci nulla? Senza che i responsabili vengano identificati ed adeguatamente puniti? Ecco il busillis, mi chiarisce l’amico in divisa: a parte il fatto che controllare l’immenso territorio rurale ibleo è cosa difficilissima, ma anche ad individuare i responsabili di un furto, anche ad arrestarli, saranno accusati di un reato per il quale faranno forse un mese di carcere, interrompendo la loro “attività” temporaneamente, per poi riprenderla immediatamente dopo. Praticamente, dal punti di vista dei ladri, il gioco vale serenamente la candela.

Ma insomma, dico io sbuffando nel mentre penso a mio fratello e alla sua (nostra) casa rurale di contrada Piano Materazzi ereditata da generazioni di nanni e ratananni, possibile che siamo, noi cittadini così disarmati, così esposti?

“Certo, proprio così” la brusca e inappellabile risposta del mio amico in divisa il quale, però, sommessamente aggiunge che un vantaggio, piccolo se si vuole, esiste in tutto ciò: i rivenditori di gruppi elettrogeni, del tutto comodamente e senza alcuna neanche lontanamente addossabile responsabilità, stanno facendo ottimi affari.

 

                                                                                                                      Hicsuntleones

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