Papa Francesco, il figlio di migranti venuto dalla fine del mondo

Era il 13 marzo del 2013 quando Jorge Mario Bergoglio, gesuita argentino di origini italiane, si affacciava dalla loggia di San Pietro con un saluto semplice e disarmante: “Fratelli e sorelle, buonasera”. Un Papa che veniva da lontano – “quasi dalla fine del mondo”, come lui stesso disse – ma che in realtà era profondamente vicino a milioni di persone. Era il primo Pontefice latinoamericano, il primo gesuita a salire al soglio di Pietro, e soprattutto il primo Papa figlio di migranti.

Il padre Mario e la madre Regina erano entrambi originari del Piemonte: lui di Portacomaro, lei di origini canavesane. Migrarono in Argentina nel 1929, portando con sé valori di fede, lavoro e solidarietà che avrebbero segnato la vita del giovane Jorge. Cresciuto nei quartieri popolari di Buenos Aires, tra fabbriche e parrocchie, Bergoglio ha portato nella Chiesa universale la sensibilità di chi conosce le periferie, materiali e spirituali, del mondo.

Un pontificato nel segno della semplicità e della misericordia

Dal giorno della sua elezione, Papa Francesco ha segnato una svolta nella storia della Chiesa. Scelse di chiamarsi Francesco, come il poverello di Assisi, indicando fin da subito una direzione chiara: una Chiesa povera per i poveri, vicina agli ultimi e attenta al creato.

Il suo pontificato è stato attraversato da gesti forti: il rifiuto degli appartamenti papali per vivere nella residenza di Santa Marta, il lavaggio dei piedi a migranti e detenuti, gli appelli accorati contro la guerra, la fame, le disuguaglianze.

Riforme, sinodalità e trasparenza

Francesco ha avviato importanti riforme nella Curia romana, puntando su maggiore trasparenza finanziaria, efficienza amministrativa e soprattutto sinodalità: una parola chiave del suo magistero. “Camminare insieme” è lo stile che ha voluto imprimere alla Chiesa, promuovendo l’ascolto del popolo di Dio e dando voce anche ai laici, alle donne, ai giovani.

Ha convocato sinodi storici, come quello sull’Amazzonia, dove ha denunciato lo sfruttamento ambientale e sociale, e ha lanciato il “Cammino sinodale” che coinvolge tutte le diocesi del mondo, un processo senza precedenti nella storia recente della Chiesa.

Encicliche e visione globale

Le sue encicliche – Laudato si’ (2015), Fratelli tutti (2020) e Lumen fidei (scritta insieme a Benedetto XVI) – delineano una visione globale e integrale dell’umanità. Francesco lega insieme fede, giustizia sociale, cura dell’ambiente, dialogo interreligioso e pace.

Ha parlato spesso di una “Chiesa in uscita”, che non resta chiusa nei sacri palazzi, ma va verso le strade, le fragilità, le frontiere esistenziali. È stato vicino alle vittime degli abusi, ha chiesto perdono per gli errori del passato, e ha chiesto a tutta la Chiesa un cammino di conversione.

Un messaggio che unisce, un Papa per il nostro tempo

Papa Francesco ha toccato il cuore di credenti e non credenti, di cristiani e persone di altre fedi. La sua figura resta un riferimento morale per il mondo contemporaneo, in un’epoca attraversata da crisi sociali, climatiche, politiche.

Con la sua voce limpida e la sua origine da figlio di migranti, venuto dalla fine del mondo, ha riportato al centro del messaggio cristiano ciò che spesso era rimasto in ombra: la misericordia, la fraternità, la compassione. Ieri, nel giorno di Pasqua, nonostante le sofferenze, l’ultimo saluto ai fedeli in piazza San Pietro.

E proprio oggi, nel momento in cui la Chiesa si interroga sul futuro e sulle sfide che l’attendono, quella voce continua a indicare una direzione: camminare insieme, senza lasciare indietro nessuno.

Un messaggio che aveva visto proprio nei migranti la volontà di porre la massima attenzione. E il suo primo viaggio ufficiale da pontefice fu proprio a Lampedusa, in Sicilia, isola dove si verificano durante ogni anno centinaia di sbarchi di persone che sperano in un futuro migliore. Migranti ,proprio come i suoi genitori.

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