L’URLO DI PACE DI PAPA FRANCESCO

“Perdono, dialogo, riconciliazione – – sono le parole della pace con cui  Papa Francesco conclude il suo appello per evitare la una guerra  nell’amata Nazione siriana, nel Medio Oriente, in tutto il mondo”.

Quello di Francesco e’ stato un discorso di forte impronta spirituale, legato agli intendimenti di preghiera e digiuno per la pace. Un papa particolarmente concentrato, quasi schiacciato dal peso dell’angoscia per quello che potrebbe accadere nei prossimi giorni, ha parlato dell’armonia del Creato voluta da Dio e del caos scatenato dall’uomo che “alza la mano contro il suo fratello per ucciderlo”. Ovvero dai tanti Caini di ieri e di oggi. Non ha fatto alcun riferimento al progetto del presidente Usa Barack Obama di punire con un attacco militare il presunto uso di armi chimiche da parte del regime siriano. ”E’ possibile – però si è chiesto – percorrere un’altra strada?”, diversa da quella della guerra.

In piazza San Pietro, erano presenti diversi politici e rappresentanti delle istituzioni italiane, dalla presidente della Camera Laura Boldrini al ministro della Difesa, Mario Mauro. E c’erano anche, tra gli altri, il sindaco di Roma Ignazio Marino e il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini. L’appello alla preghiera e al digiuno di Francesco per la pace in Siria è stato seguito oggi un pò in tutto il mondo.

 Si  sono uniti  all’iniziativa del Papa il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, guida spirituale dei cristiani ortodossi, ed anche il Gran Muftì di Siria, Ahmad Badreddin Hassod, che ha pregato nella maestosa moschea omayyade di Damasco. Prima della cerimonia di San Pietro, nel pomeriggio, in uno dei suoi soliti ‘fuoriprogramma’, Bergoglio aveva incontrato un gruppo di fedeli e, prendendo in prestito un microfono del Tg5, aveva tra l’altro detto loro: “Se non ci rivediamo qui, ci vedremo in Purgatorio”. Più tardi, a San Pietro, avrebbe parlato dell’inferno della guerra, rimanendo fino a tarda sera con il suo popolo, nella speranza di accedere le luci della speranza. Come recita il Talmud, l’ora più buia è sempre quella prima dell’alba

 

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