LA STORIA DELLE MAMME INCATENATE E LA DERIVA DEI DIRITTI COSTITUZIONALI

La storia delle mamme incatenate è qualcosa di più della protesta per il diritto allo studio per i propri figli disabili. Poca o nessuna attenzione da parte dei giornali nazionali, molto interesse da quelli locali, come uno dei tanti fatti che oggi tormentano il nostro paese. Le facce contratte e ostinate delle donne strappate alla loro quotidianità dalla battaglia per i diritti dei loro figli, sono il tragico emblema dell’avaria del governo di Crocetta e di riflesso del governo nazionale.  Perché solo di avaria, se non di fallimento, si può parlare quando le istituzioni non consentono l’esercizio dei diritti fondamentali per ogni cittadino italiano.

Di fronte al progetto di abolizione delle Province Regionali, ogni governo regionale si è comportato in modo diverso. In uno stato di perenne indecisione, il nostro governo siciliano ha pensato bene di non trasferire fondi alle province pur mantenendo intatte le competenze.  E’ come se il governo siciliano operasse in condizioni di oblio rispetto al contesto. E così passa l’estate e inizia la scuola e, ‘improvvisamente’, mancano i servizi di assistenza specialistica (rivolti ai sordi e ai ciechi e agli alunni disabili frequentanti le scuole superiori) di competenza della Provincia.

I primi segnali, per la verità,  si erano visti già a fine anno scolastico, quando il Commissario della Provincia di Ragusa aveva chiesto alle Cooperative di farsi carico del servizio di assistenza specialistica per gli ultimi quindici giorni di attività scolastica.

Per tutta l’estate le associazioni hanno continuato a ricordare alle amministrazioni che a settembre la scuola iniziava per tutti anche per gli alunni con disabilità! Già questo è indicatore di una deriva preoccupante. E’ proprio necessario che i cittadini e le associazioni che li rappresentano devono ricordare che inizia la scuola? E che con l’inizio della scuola, servizi di assistenza specialistica e trasporto  devono essere attivati?

Il 16 Settembre inizia la scuola senza servizi. Dall’incontro con il Prefetto e il Commissario svoltosi il 18 settembre, si ottiene un generico impegno che porta le famiglie ad organizzarsi in un sit in il 7 ottobre. In quell’occasione, una mamma spinge il suo ragazzo sulla sedia a rotelle verso il Commissario Straordinario della Provincia Regionale di Ragusa, dicendo “glielo spieghi lei a mio figlio, con parole semplici, perché non va a scuola, che me lo chiede tutti i giorni”. Nessun commento può spiegare la tragedia dell’esclusione sociale meglio di questa immagine.

Il 14 ottobre, che doveva essere il giorno della svolta, la risposta è una nuova richiesta di attesa sempre per l’assenza di fondi e di risposte concrete al livello regionale. Da qui, la decisione irrevocabile di occupare la Provincia. Tre giorni dopo, le mamme di Ragusa si incatenano fuori all’ingresso della Provincia urlando con i cartelloni il diritto dei loro figli.  

Dal sit in alle catene, la protesta diventa sempre più forte, sempre più minacciosa, sempre più sostenuta dalla comunità.

Le donne di Ragusa non mollano. Gli sguardi fissi ti dicono che non si fermeranno finchè non ci sarà uno straccio di certezza. Come Maria Occhipinti, la donna di Ragusa che capeggiò nel 1944 la ‘rivolta dei non si parte’ e con il pancione degli 8 mesi, fermò i carrarmati, impedendo che partissero ancora una volta per il fronte gli uomini lavoratori della terra, per un rigurgito di guerra di cui nessuno capiva la logica ma tutti subivano le conseguenze.

Dopo anni di battaglie per le pari opportunità, l’inclusione e l’autonomia con risultati sempre provvisori, è lecito chiedersi perché il governo non riapre gli istituti speciali, visto che ha deciso di ridurre le ore di sostegno, di non trasferire fondi per l’assistenza specialistica, di togliere alle scuole tutto il necessario per poter costruire una reale inclusione.

Non attivare tutti i servizi che consentono il raggiungimento delle pari opportunità significa ritornare necessariamente indietro agli istituti speciali! Parlare di inclusione scolastica e sociale senza  attivare gli strumenti previsti dalla legge è demagogia. E francamente, ormai, nessuno si può più permettere la demagogia. La crisi, invece, impone una pianificazione delle risorse e soprattutto una gerarchia delle priorità.

 

Sabina Fontana

Presidente Associazione Pro Diritti H

Coordinamento Provinciale Associazioni Persone

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