La nuova pavimentazione del Santuario di Gulfi donata da due imprenditori chiaramontani

Due imprenditori impegnati nel sociale realizzano la nuova pavimentazione del santuario di Maria SS. di Gulfi, a Chiaramonte. Il pavimento è stato realizzato per adeguare liturgicamente e recuperare l’immagine architettonica che il santuario aveva perso in seguito a vari interventi eseguiti nei secoli scorsi, con diversi materiali.

Giovanni Damigella e Santo Cutrone hanno offerto materiali e sostenuto i costi della realizzazione e di altre opere accessorie per la conservazione del tempio sacro, anche con il contributo dell’8 per mille della Chiesa cattolica, con cui è stato realizzato l’impianto di riscaldamento dell’aula liturgica. I lavori sono stati coordinati dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Ragusa e dal direttore dell’Ufficio diocesano di Arte sacra, don Giuseppe Antoci. Il progettista è l’architetto Giovanni Gatto.

Durante lo scavo sono state rinvenute tracce dell’antica pavimentazione, precedente rispetto a quella in botticino che il santuario aveva. “Dopo il terremoto del 1693 – spiega Giovanni Gatto – nel 1715, sono iniziati i lavori di ampliamento della chiesa, seguiti da frate Ginepro da Siracusa, dei Frati Minori Zoccolanti e conclusi nel 1745. In quel periodo affidata ai rettori don Stefano Cutello e don Saverio Iannizzotto. Quella pavimentazione probabilmente era in pietra bianca e pece. Abbiamo utilizzato come riferimento un’antica foto della chiesa (non datata) che mostrava una pavimentazione precedente, attuando un rigoroso studio filologico. –

Nel corso dei lavori, rimuovendo alcune superfetazioni dietro la tribuna dell’altare, sono emerse tracce importanti dell’antica pavimentazione appartenente al basamento del baldacchino dove è esposta la Madonna di Gulfi. Anche durante lo scavo nell’aula liturgica abbiamo trovato delle “cementine” e degli ottagoni in pietra calcarea ed in pece. Questo ha rafforzato la nostra scelta progettuale iniziale: la pavimentazione è stata realizzata seguendo la figura dell’ottagono, che caratterizza diversi elementi della chiesa, tra cui la bella e imponente cupola. Abbiamo realizzato delle indagini termografiche sulle pareti laterali, un’adeguata ventilazione sotto il pavimento tramite un vespaio aerato, un nuovo intonaco deumidificante e un pavimento radiante per migliorare il benessere termico dei fedeli. Inoltre, abbiamo recuperato l’antico fonte battesimale, composto da elementi scultorei in pietra pece, dal fonte il pietra lavica proveniente dalla chiesa medievale di San Lorenzo e dalla colonna portante in pietra calcarea. Oggi sarà nuovamente utilizzabile per il sacramento del battesimo”.

Don Giuseppe Antoci ha ripercorso la storia della chiesa, che si trovava nella zona dell’antica Gulfi, dove sorgeva l’antico abitato. “Un antico portale, risalente al 1300, è visibile sulla facciata esterna della chiesa. Immaginavamo che a quell’altezza si potessero trovare le tracce dell’antica fondazione. Così è stato. Abbiamo trovato la trave dell’antica fondazione e abbiamo reso visibile nel pavimento il punto esatto in cui si trova il nucleo originario”. Don Antoci ha ricordato l’importanza del tempio, tra le poche chiese consacrate dell’antichità, l’arrivo della statua nel 1500, probabilmente commissionata agli scultori carraresi Giacomo Mancino e Pietro Beneventano, collegati alla bottega dei Gagini, la realizzazione dell’abside della chiesa (1587), le origini della festa di Gulfi, con l’editto di Filippo IV di Spagna del 1644, la presenza nel convento dapprima dei frati Cappuccini, poi degli Agostiniani, la ricostruzione dopo il terremoto favorita dalla predicazione del padre gesuita Antonio Finocchio.

 

Il rettore del santuario, don Graziano Martorana, ha donato ai due mecenati un’acquasantiera in argento con l’immagine della Madonna di Gulfi.

Il sindaco, Sebastiano Gurrieri ha ringraziato i due imprenditori e ricordato la necessità di salvaguardare la storia e la cultura di una piccola comunità come Chiaramonte. “Giovanni Damigella e Santo Cutrone sono imprenditori che dedicano del tempo per donare risorse a questo paese. Bisogna valorizzare e conservare la propria storia, anche attraverso opere come questa”. Gurrieri ha ricordato che nel 1997 il comune ha ceduto al santuario i locali dell’eremo.

 

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