È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
DROGA: HA SENSO ANCORA PARLARNE?
11 Lug 2012 16:18
Oggi come ieri, come sempre. Nel pianeta droga il tempo sembra essersi fermato. Si aprono ancora dibattiti, sociologi e psicologi provano a dare risposte, riempiono a suon di gettoni talkshow e rubriche nei giornali a divulgazione popolare, ma niente cambia. Cambia solo l’approccio alle droghe e l’età dei giovani che si abbassa sempre più.
Mi ritrovo a leggere qualcosa on line, mi soffermo quanto basta, poi passo oltre. Ma poi torno indietro a rileggere l’articolo di Vincenzo, che denuncia una nuova indifferenza, “una indifferenza che non fa prigionieri, che non lascia impronte, mascherata da grandi impegni, in realtà solo tenue preoccupazione per i pericoli derivanti dall’uso e abuso delle sostanze-” Non posso entrare nel partito degli indifferenti.
Ho reso servizio per molti anni in una Comunità di recupero. Preparavo i ragazzi per la licenza di terza media, uno strumento che rendesse più semplice l’inserimento nel mondo del lavoro, una volta completato il percorso comunitario.
Erano i giovani degli anni ’70, travolti dall’illusione del ’68 e dall’esperienza dei figli dei fiori, ragazzi che avevano lasciato la scuola per seguire la contestazione e tutto ciò che era opposizione al sistema. Ho conosciuto militanti di Lotta Continua e Potere Operaio convinti di dovere fare una rivoluzione che potesse rimettere le carte in tavola in un mondo controllato dal Capitale, che avevano magari letto pagine di Marcuse, ma che non possedevano gli strumenti critici che solo l’istruzione può dare.
Poi sono stati i figli di chi aveva fatto il sessantotto, di coloro che si facevano chiamare dai figli per nome perché si doveva essere loro amici, non si poteva certo ripetere quel rapporto autoritario contro cui si era lottato. Ragazzi confusi figli di una generazione confusa, delusa, in gran parte rientrata nel sistema perché la lotta va bene, ma quando si diventa grandi bisogna pur vivere.
“Le idi di marzo di questa umanità contemporanea corresponsabile degli errori dimenticati fino al punto da scambiare il proprio posto a tavola con quello dei figli”. Lapidaria, precisa l’analisi di Andraous.
In Comunità arrivavano larve umane, spesso senza denti, provati dall’epatite , alcuni sieropositivi o in Aids conclamata, stanchi di una vita persa dietro la roba, decisi a riprendersi la propria vita. E tanti ce l’hanno fatta.
Poi la droga è cambiata, è diventata” più buona”, possibile e gestibile, rassicurante. Che vuoi che sia qualcosa il sabato, tanto per provare ad essere diversi, e poi fa gruppo, in fondo tutti fanno così. E invece si continua a morire, anche di più, solo che spesso la morte è dovuta ad inspiegabili incidenti ”autonomi”, all’alta velocità o ad un colpo di sonno.
La droga non è mai uscita di scena. Troppi interessi le ruotano attorno; basta saperla diversificare per creare sempre nuovi bisogni, nuove dipendenze.
ll problema droga è di tutti, non appartiene al vicino della porta accanto. Riguarda noi, si nutre delle nostre fragilità, delle nostre disattenzioni.
Purtroppo la famiglia come istituzione ha perso la sua battaglia, oggi le agenzie educative sono altre, passano attraverso i media ed il Web.
Quale risposta, ci si chiede. Nessuno può dare una soluzione. Ai ragazzi serve misurarsi con le cose difficili, quelle che danno sale alla vita; gli serve sentirsi importanti, indispensabili in un mondo che va alla deriva, un mondo che ti presenta però le ONG, che ti presenta Medici senza frontiere, che lancia grandi sfide con Libera, che chiede, a te, proprio a te, di esserci. Un cammino faticoso, di costruzione o di ricostruzione, un percorso di ri-conquista della dignità personale e del rispetto della vita stessa. E ancora una volta è la scuola a dovere scendere in campo e gli strumenti li ha tutti, nonostante i tagli e le gravi problematiche che sta vivendo. Basta che si trasformi in un laboratorio permanente di cultura per la formazione dell’uomo consapevole della sua Storia e responsabile artefice del le generazioni future.
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