Costa iblea, altro che sanatoria: la Consulta “demolisce” le speranze degli abusivi

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 72/2025 depositata il 23 maggio, ha finalmente cancellato ogni dubbio sull’efficacia e obbligatorietà del divieto di edificazione entro 150 metri dal mare sancito dalla legge regionale siciliana n. 78/1976: quel tratto di costa, ribadisce la Consulta, deve rimanere libero da cemento e abusi di qualsiasi tipo. Una vittoria per la tutela dell’ambiente a cui Legambiente Sicilia, per voce del suo presidente Tommaso Castronovo, ha subito chiesto di tradursi in atti concreti: «basta promesse di sanatorie – ha dichiarato Castronovo – ora serve demolire gli abusi e restituire alla natura le nostre splendide spiagge».

Il quadro regionale

Nonostante dal 1976 fosse già previsto il divieto assoluto di costruire nella fascia costiera dei 150 metri, negli ultimi decenni quasi il 9 % delle coste siciliane è stato ingoiato dal cemento: ville e villette abusive, muraglie e palazzine spuntate a ridosso delle dune hanno per anni deturpato paesaggi un tempo incontaminati. Le forzature interpretative e le lentezze burocratiche hanno permesso, di fatto, di aggirare un vincolo che invece avrebbe dovuto tutelare la bellezza e la biodiversità delle nostre spiagge.

L’appello di Legambiente: subito le demolizioni

«La Consulta ha rimesso le lancette della tutela ambientale al 1976 – sottolinea Castronovo – ora non possiamo più rimandare: servono interventi rapidi di rimozione degli abusi lungo tutto il perimetro costiero.» Demolire, sì, ma con un criterio di priorità: prima le costruzioni più recenti e impattanti, poi i manufatti meno invasivi, restituendo gradualmente alla natura spazi vitali per dune, flora e fauna.

Il caso della provincia di Ragusa

Anche qui in provincia di Ragusa, dove le spiagge di Marina di Ragusa, Punta Secca e Sampieri sono da anni meta di turismo internazionale, emergono situazioni critiche. In diversi tratti della costa, villette e ampliamenti – a volte accuratamente mascherati da piccoli interventi di ristrutturazione – sono sorti a poche decine di metri dall’acqua, ignorando il vincolo paesaggistico e il divieto di edificazione.

la costa ragusana non è esente da casi emblematici: basti pensare alla zona di Punta Braccetto, dove già nel 2021 fu scoperto e segnalato un parcheggio abusivo realizzato proprio nella fascia di rispetto paesaggistico e a un passo dal mare, nel cuore del Parco dei Canalotti Green Report. E ancora, a fronte di un intervento legislativo datato, si ricordano almeno cinquanta case costruite tra Branco Piccolo, Passo Marinaro e Punta Braccetto, ritenute “insanabili” già dal 2015 e inserite nella lista delle opere da abbattere

I punti critici del ragusano

  • Punta Braccetto (Parco dei Canalotti): parcheggi abusivi e manufatti sorti in area SIC (Sito di Importanza Comunitaria), in piena fascia 0–150 m.
  • Branco Piccolo e Passo Marinaro: decine di abitazioni realizzate fino all’ultimo decennio, molte delle quali ormai degradate e prive di qualsiasi titolo edilizio valido.

Verso un piano di risanamento costiero

A questo punto, i comuni rivieraschi del ragusano sono chiamati a recepire la sentenza e a redigere – entro sei mesi – un piano di risanamento ambientale che individui le opere abusive da abbattere e stabilisca tempi certi per le demolizioni. Legambiente Sicilia si è già offerta di collaborare con i Comuni e la Regione per mappare gli abusi e programmare gli interventi, affinché non restino solo parole, ma diventino più spiagge libere e sicure per tutti.

Cosa succede ora

  1. Mappatura e censimento
    I Comuni rivieraschi, in collaborazione con la Regione e con Legambiente Sicilia, devono aggiornare il censimento degli abusi presenti entro la fascia dei 150 m, tenendo conto anche delle aree protette
  2. Piano di risanamento ambientale
    Entro sei mesi dall’entrata in vigore della sentenza, ogni amministrazione dovrà redigere un piano di rimozione delle opere abusive, fissando priorità e tempistiche chiare.
  3. Demolizioni puntuali
    Partendo dai casi più gravi e recenti si procederà con le ordinanze di abbattimento, restituendo alla naturalità della costa il primo lembo di spiaggia.

La sfida del futuro

La restituzione ai cittadini di quei primi 150 metri di costa non è un capriccio di ecologisti: è un atto di responsabilità verso le future generazioni, che meritano di conoscere dune, flora e fauna litoranea integri, lontano da recinzioni e palazzine che impediscono la migrazione degli animali e il rinnovamento delle sabbie. In Sicilia, e in particolare nella provincia di Ragusa, l’applicazione rigorosa della sentenza della Consulta potrà segnare l’inizio di un nuovo modello di turismo sostenibile, capace di coniugare sviluppo economico e rispetto dell’ambiente.

La parola passa ora ai sindaci e agli uffici tecnici: davanti a loro, l’occasione storica di ripensare il rapporto tra città e mare, restituendo alle nostre coste il diritto di restare… semplicemente spiagge.

Il Parlamento siciliano aveva invece avviato esame di una norma che salvasse le case vicino alla costa. Nel contesto dell’esame del disegno di legge 499 sulle “Disposizioni in materia di urbanistica ed edilizia”, in IV Commissione dell’Assemblea regionale siciliana, era stato presentato un emendamento dal capogruppo di Fratelli d’Italia, Giorgio Assenza. La proposta mirava a riaprire i termini della sanatoria edilizia del 1985, consentendo l’approvazione delle istanze già depositate per immobili costruiti entro la fascia dei 150 metri dalla battigia, nel periodo compreso tra giugno 1976 e giugno 1985.

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