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ABOLIZIONE DELLE PROVINCE
18 Gen 2017 18:25
Dopo diverse prese di posizioni da parte dei partiti che formano la maggioranza nel nostro Paese ed anche da parte dell’opposizione, pare che l’ultima decisione è quella di adottare una legge costituzionale per l’abolizione completa delle Province.
Il problema non è di poco conto, perchè se ciò dovesse avvenire si innesterebbe un capovolgimento di natura istituzionale e burocratica di rilevante interesse.
Una modifica costituzionale di tal genere – a mio avviso – dovrebbe interessare sia le regioni a statuto ordinario sia quelle a statuto speciale, come la Sicilia.
La decisione che si vorrebbe assumere si fonda, essenzialmente, sul concetto che le Province sono enti ad un di presso inutili e che comportano delle spese per lo Stato che si vorrebbero eliminare stante una crisi economica che sta investendo diversi paesi europei.
Le Province, come enti intermesi fra i comuni e le regioni, sono deputate come primo ed importante compito a curare e svolgere attività di ostruzione e manutenzioni delle strade provinciali con tutte le implicanze connesse ad un’attività di tal genere che è di primaria importanza. Sono, nel contempo, titolari di altre funzioni, quali lo sviluppo economico, servizi sociali a respiro provinciale unitamente ad altri compiti che qui sarebbe superfluo indicare.
L’eliminazione delle Province non può comportare nello stesso tempo l’eliminazione dei compiti che le stesse svolgano. Qualche altro ente e organismo dovrebbe subentrare, fermo restando l’unico “risparmio”, per così dire, delle spese per l’elezione del presidente dell’ente e del consiglio provinciale. Ma il proposito di una diminuzione della spesa, se portato a termine il progetto, non può concretizzarsi solo con l’eliminazione delle spese gestionali.
La reale riforma dovrebbe essere data dalla razionalizzazione di molti servizi che sono espletati, nel contempo, anche dei comuni.
Non v’è dubbio che esiste una serie di competenze e di servizi, a volte doppi per scopo e finalità, che una riorganizzazione degli stessi potrebbe riportare ad uno standard di concreta efficienza a tutto vantaggio dei cittadini che sono i fruitori principali e finali dell’attività della pubblica amministrazione.
Una prima riforma potrebbe essere data dalla eliminazione della suddivisione delle strade, appartenenti al patrimonio indisponibile delle province dei comuni, per quanto qui di ragione, fra provinciali e comunali, affidando le stesse ad un unico servizio opportunamente ricomposto e attrezzato. Un aspetto ineliminabile della riorganizzazione dei servizi è rappresentato dal dato obiettivo che alcuni di essi sono di natura strettamente sovraccomunali e che, pro-quota come in atto, non possono, a scapito della loro efficienza e finalità operativa continuare ad essere gestiti solo dai comuni.
Si andrebbe, senza dubbio a peggiorare l’attuale stato di cose, se con l’eliminazione della province i servizi ora affidati e svolti dovessero essere trasferiti alle regioni. Ciò comporterebbe che un cittadino per ottenere anche un’autorizzazione per impegnare una parte di strada per un acceso nel proprio fondo dovrebbe presentare l’istanza di autorizzazione ad un ufficio regionale con un disagio operativo facilmente immaginabile.
L’intera discussione politica che si è svolta attorno a questo problema è stata sempre vaga, generica e non è mani entrato nel cuore del problema da risolvere.
Un’ipotesi operativa era data dal numero degli abitanti residenti in ambito provinciale. Si sarebbero dovute eliminare le province con meno di 300 mila abitante e con tale criterio della nove province siciliane ne sarebbero rimaste sette, con esclusione quindi di Enna e Caltanissetta. L’altro criterio, per salvare alcune province del Nord Italia, era dato dal numero dei metri quadrati formanti il territorio provinciale a prescindere dal numero degli abitanti.
L’ultima proposta è stata quella della loro totale eliminazione da attuare mediante legge costituzionale per modificare l’articolo 114 della Costituzione.
Per ciò fare è necessario un iter parlamentare per il quale ci vuole, per gli adempimenti obbligatori, non meno di un anno di tempo. Nel frattempo ci avviciniamo alle prossime elezioni nazionali per la nomina di un altro governo o dello stesso se riesce a raggiungere il quorum necessario. Nello stesso tempo dovrebbe, secondo unanime affermazioni, diminuire il numero dei parlamentari e possibilmente cambiare la legge elettorale che, a quanto pare, non piace a molti.
In definitiva, è ragionevole pensare che il problema della eliminazione delle provincie sarà inserito in altre incombenze da svolgere e da qui ad allora potrebbe anche verificarsi l’ipotesi che delle province non ne parlerà più nessuno. Non è detto che sicuramente avvenga, ma può succedere con ampio margine di reale accadimento.
Politicus
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