È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
VOLONTARI MISSIONARI “FUORI DAL COMUNE”… DI RAGUSA!
28 Ago 2010 17:58
A raccontare la sua esperienza missionaria in una terra così lontana , da noi sconosciuta per certi versi, come quella del Madagascar, è una giovane veterana dell’Oratorio Salesiano di Ragusa: Marcella Schininà. “Dopo anni di formazione personale e di fede che ho maturato respirando all’Oratorio di corso Italia, ho sentito il bisogno di fare tesoro di qualcosa di diverso; – esordisce Marcella – era un desiderio che portavo nel cuore da molto tempo quello di partire per il Madagascar, e quando mi è stata offerta l’occasione di partire – continua – ho capito che era proprio quello di cui avevo bisogno”. Ad oggi si fa forse un po’ di confusione e si cede alla tendenza di elaborare luoghi comuni nei riguardi di queste terre lontane, sulle diverse culture e civiltà che popolano il nostro stesso mondo; eppure siamo tutti sotto lo stesso cielo. Sono loro ad essere immaginati dalla gente comune come “quei poveri disgraziati” che vivono nella miseria, nelle malattie.
Ma le miserie e le malattie esistono anche nelle nostre realtà: le miserie di cuore e le malattie dei vizi. Lì non possono permetterselo e i giovani missionari ce ne danno testimonianza: “I malgasci sono conosciuti per la loro grande accoglienza – ci fa conoscere Marcella – e non siamo rimasti delusi. Nei villaggi eravamo ospiti di onore – continua – ci aprivano le loro capanne avendo a cuore di voler condividere con noi quel poco che posseggono”.
Curioso (e forse divertente) sarebbe poter fare un confronto tra le autorità amministrative malgascie e quelle del ragusano, ad esempio; citiamo solamente che il primo cittadino “straniero”, vive in una capanna composta da due piccoli ambienti, una vecchia panca e una sorta di letto. “Ti voglio raccontare un piccolo episodio: – continua la giovane missionaria – ci trovavamo nel villaggio “Ambakoana”in visita lì per un giorno, un villaggio disperso in mezzo alla foresta dopo aver percorso un’ora in jeep e 8 km a piedi.
Abbiamo pranzato lì e dopo siamo stati invitati al grest del luogo dove noi abbiamo fatto animazione e distribuito caramelle – racconta Marcella – di seguito, segue una scena quasi da film: l’animatore da il tempo col tamburo e tutti cantano una bellissima canzone accompagnandoci fino all’uscita del villaggio cantando – conclude – e tenendoci per mano”.
E’ proprio vero, dunque, che la bellezza delle cose ama nascondersi … lo fa, difatti, rifugiandosi in questi luoghi lontani dove la gente gioisce e apprezza le piccole cose, gli incontri, le persone. Il Madagascar è una terra “silenziosa”, di gente che vive di agricoltura, di pesca e di quel famigerato riso, dove le comunicazione sono difficili per via delle condizioni pessime in cui si trovano le strade: spesso bisogna attraversare il fiume Sampirano a piedi o in canoa per giungere da una parte all’altra.
Il “compito” del missionario? Visita i villaggi, sta in mezzo al popolo e fa la messa con loro; porta aiuti umanitari mentre fa catechesi e, instancabile, raccoglie le richieste delle genti con cui si instaura un rapporto di piena fiducia. La speranza di riuscire un giorno a portare le innovazioni e le tecnologie necessarie per favorire uno sviluppo assai maggiore, trova però un ostacolo dinnanzi alla cultura malgascia seconda la quale,infatti, è essenziale rispettare il culto degli antenati (“anche loro fecero così”).
Così, quella di Marcella e degli altri 10 missionari diventa occasione di testimonianza, di conoscenza e se vogliamo anche di preghiera; diventa un’occasione per esaltare la speranza per noi, “frenetici e lussuosi occidentali”, perché sappiamo ancora volgere il pensiero umano, prima di quello divino, verso il “cielo straniero”. (Roberta Bertolone)
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