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“UNA STORIA SEMPLICE”
21 Dic 2014 15:28
“Una storia semplice” è uno fra i più avvincenti romanzi di Leonardo Sciascia, pubblicato dal “Corriere della sera” nel 1986, anno in cui lo stesso Sciascia si spense.
Viene quasi considerato un testamento del famoso scrittore siciliano, che denunciò, armato della propria penna e del proprio coraggio, la mafia e la corruzione.
Della terra del vino e del sole, dei mille sapori e profumi, il romanzo tratta la piaga più dolorosa: la mafia. Una storia semplice è tutt’altro da ciò che si può dedurre dal titolo del romanzo: è un giallo complesso e intrecciato.
I protagonisti del romanzo sono tutti “mezzi uomini” – mezzi poliziotti, mezzi carabinieri, mezzi magistrati, mezzi preti e mezzi testimoni – uomini omertosi, uomini che vivono nel silenzio di chi ha paura e di chi troppo non vuole né sapere né, tantomeno, ragionare. Mezzi uomini che preferiscono “campare”, evitando i problemi.
La sera del 18 Marzo, vigila della festa dedicata a San Giuseppe, intorno alle 21:37, arrivò una chiamata al comando dei Carabinieri. Dall’altra parte del telefono c’era Giorgio Roccella, diplomatico, in pensione, di Monterosso, che era ritornato nella sua vecchia abitazione di S. Cutugno, per rileggere e studiare alcune vecchie lettere di Garibaldi e Pirandello, eredità di famiglia, conservate in soffitta. In quella telefonata, Roccella spiegò al brigadiere La Gandara, che aveva qualcosa da mostrargli. La mattina seguente, nell’abitazione di via Cutugno, venne ritrovato, nel suo studio, il cadavere di Roccella con un foro alla tempia. Poche tracce: una pistola, che sembrava un pezzo di antiquariato, e un foglio che conteneva solo due parole, che sembravano dire tutto, ma, allo stesso tempo, niente: “Ho trovato”. Fin dall’inizio, il questore, il colonnello, il magistrato e tutti gli altri mezzi uomini cercano di chiudere velocemente il caso, facendolo sembrare un suicidio; tutti tranne uno: il brigadiere. Quest’ultimo non vuole fare l’”eroe”, vuole semplicemente fare bene il proprio lavoro, almeno fin quando anche lui non diventi un mezzo uomo come tutte le maschere di questa storia. Il giallo rispecchia ciò che succede da qualche secolo in Sicilia. L’orrore, la malvagità, la crudeltà della mafia si scontrano con il coraggio di chi non vuole tacere, ma, come nella maggior parte delle volte, viene messo a tacere. Leonardo Sciascia, che conosce in prima persona la difficile realtà siciliana, ci narra, utilizzando uno stile semplice che rende il romanzo scorrevole, una delle tante storie in cui la mafia trionfa.
Il romanzo viene divorato dal lettore, che, scrupolosamente, segue il corso dei fatti, cercando attentamente indizi per giungere alla conclusione. Non appena però, egli riesce a mettere insieme i fatti, il proprio filo logico viene sconvolto da colpi di scena, che lo portano ad una sempre più coinvolgente lettura.
Questo romanzo è uno strumento di denuncia della mafia e di tutta la gente che collabora con essa. Uno straordinario strumento di conoscenza per chi non comprende l’orribile mostro che è la mafia.
Mariangela Paladino
Istituto Tecnico Statale “Garibaldi” Marsala
Classe III C SIA
Docente Referente: Maria Rita Bellafiore
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