TEATRINO DELLA POLITICA: SOLO UN EUFEMISMO

Le vicende politiche degli ultimi giorni, nazionali, regionali e locali, hanno trovato un buon paravento nei tragici fatti di Sampieri e, oggi, di Lampedusa, che hanno impedito di valutare a fondo fatti che hanno dell’incredibile.

A Roma si è compiuto il capolavoro dei vecchi leoni della Democrazia Cristiana, che meglio sarebbe chiamare, anche, lupi. In un colpo, mettono all’angolo Berlusconi, ora anche politicamente, riducendone il peso e il carisma, non solo nei confronti del governo, ma, più drammaticamente, nei confronti del suo partito e del centro destra. Ridicolizzati, con una buona dose di DNA democratico cristiano di origine siciliana, falchi e falchetti, pitonesse e colombe, che da oggi, per credibilità e capacità politiche, possono solo aspirare a esistere politicamente come protagonisti di una galleria di palazzo Grazioli o di Villa San Martino con i ritratti degli uomini del partito di Berlusconi, come si fa nelle chiese con i ritratti dei Vescovi e dei Parroci.

Ma l’azione di Letta e compagni democristiani (solo compagni si poteva capire male) non è tanto nei confronti di un uomo e di un partito al capolinea, quanto piuttosto nei confronti delle forze emergenti e rinnovatrici del PD, che in nome del mantenimento in vita del governo, per il BENE COMUNE e null’altro, saranno invitati a soprassedere a voglie di leadership, in attesa di tempi migliori.

Con la benedizione del Capo dello Stato, c’è tempo per navigare tranquilli, si allontana lo spettro delle elezioni, si ridimensionano le ultime possibili ambizioni della destra, si tagliano le ali a quelle dei grillini, il cui volo sarà fisiologicamente destinato a rallentare, più di quanto non sia accaduto finora, si può preparare il terreno per quelle forze moderate di centro che possano organizzarsi per ridurre ad un ruolo di sempiterna subalternità i post comunisti che, come sempre, erano quasi arrivati ad addentare la preda del potere: avranno da mangiare pure loro, e si sa che con i democristiani la tavola è sempre ben imbandita, ma lo dovranno fare sotto controllo, composti, con il tovagliolo sulle gambe e non tenendo i gomiti sul tavolo.

A Palermo spettacolo non meno divertente, con Crocetta degno dell’arte dei migliori buskers a livello mondiale, un equilibrista di rare capacità che si muove con elegante leggiadria fra maggioranze inesistenti, strizzatine d’occhio al centro destra, palpeggiamenti ai grillini e assessori dimissionari che, magicamente, continuano ad espletare il loro mandato, con abbondanza di proclami e carenza di provvedimenti concreti per la Sicilia, in uno scenario fantastico dove la bellezza domina sulle grezze movenze dei politici siculi.

Ci restava l’isola nell’isola, la nostra città capoluogo, da poco dominio incontrastato dei portacolori del rinnovamento targato 5 Stelle (anche se qualche malalingua dice che le targhe non siano originali).

Come al solito, sembrava che da noi le cose andassero diversamente, che tutto filava liscio, qualche intemperanza, sparsa qua e là, per aprire nuovi circoli, qualche fibrillazione in qualche movimento, ma su tutto gravava la solida certezza di un  governo della città improntato al rinnovamento e ai più rigidi criteri di buon governo. Rinnovamento e buon governo, al momento più dichiarati e declarati che non attuati, con una politica lenta, fatta di piccoli passi in sintonia con la mancanza di un bilancio di cui non si vuole parlare e che stenta a proporsi, quasi che gli amministratori vogliano fare come lo scolaro che fa i compiti all’ultimo giorno delle vacanze. Una attività amministrativa finora dedicata a spettacoli e organizzazione degli stessi, con cifre considerevoli e attenzioni rivolte all’effimero e il nulla per sport, cultura, sociale, lavoro, scuola, turismo, innovazione e sviluppo economico.

Nell’attesa, i ritmi blandi di questa amministrazione a 5 Stelle ‘allungata con l’acqua’ vengono scanditi da infinite e stucchevoli tattiche per conquistare commissioni che, finora, hanno esitato il nulla, fra annunci di rimpasti di cui si conoscono tutti i movimenti in entrata e qualcuno in uscita ma non si immaginano le reazioni degli esclusi, di quelli messi da parte. Abbondanza di esperti e collaboratori più o meno gratuiti, consiglieri prima delegati, poi rientrati nei ranghi, salvo qualcuno che ancora continua, non avendo sentito il suono della… campanella.

Per fare un po’ di teatro, i nostri amici grillini si mettono d’impegno: come fanno i più grandi, a norma di regolamento interno, ogni tre mesi devono cambiare il capogruppo.

Discutibile, poco condivisibile e per niente accettabile alla luce dell’inesistente attività svolta, finora, non solo dal capogruppo ma da tutti i consiglieri, non si comprende come ci si possa trastullare con queste formalità invece di sollecitare l’amministrazione a lavorare. Ma trattandosi di fatti interni, ci si dovrebbe esimere dal mettere il naso, a patto che, naturalmente tutto si faccia senza far trapelare nulla.

Se questa era la regola, si conosceva e si doveva agire in tempo: invece, prima viene fuori la notizia, si trovano conferme qua e là, viene fuori anche il nome del secondo capogruppo, a questo punto sarebbe opportuno munirli di codice a barre per il riconoscimento, dovendosi avvicendare 18 persone.

Infine viene fuori la proroga, il mandato affidato al capogruppo, Antonio Tringali, viene allungato di un mese, udite udite, perché c’è stato poco tempo per assolvere il mandato affidatogli.

Ora, siamo tutti convinti che, presi ad uno ad uno, i grillini sono tutti bravissimi ragazzi, ma quando i ragazzi nell’entusiasmo esagerano e mancano di rispetto, allora le cose non vanno e inizia il ‘teatro’.

Se non c’era stato nessun commento alla notizia della fine del mandato di Tringali, era solo per rispetto di tutti i grillini, perché, mettendo da parte ridicoli e falsi regolamenti che, quando si vuole, altrove, in aule più importanti, vengono derogati, lasciava interdetti la scelta di estromettere anzitempo un personaggio che, sin dal primo momento, ha solo apportato enorme beneficio d’immagine a tutto il movimento, con una credibilità e una affidabilità acclarata, prima di tutto, dai rapporti di estrema fiducia e di reciproco apprezzamento con il primo cittadino e, pare, anche con il Presidente del Consiglio.

Che Tringali potesse esercitare, egregiamente, il ruolo di raccordo fra il mondo pentastellato, con i suoi riti e i suoi principi, e quello dei comuni mortali, di ogni estrazione politica, era sotto gli occhi di tutti.

In un contesto dove gli assessori sono stati scelti con criterio meritocratico, e saranno dolori quando si dovranno giustificare scelte di diverso carattere, non si può pensare di affidare il ruolo di capogruppo tenendo in mano l’alfabetiere per l’ordine dei cognomi e, sul tavolo, il pallottoliere per la conta dei voti.

Se non c’è ‘teatro’ si proceda subito all’avvicendamento, altrimenti sarà meglio e più proficuo scrutare l’orizzonte e cercare di salvare qualche carretta del mare.

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