Sea Watch: l’umanità non può essere merce di propaganda

*Vicenda Sea Watch: l’umanità non può essere merce di propaganda*
*Italia ed Europa lavorino per superare il trattato di Dublino.*

Di Giuseppe Scifo*

Sabato pomeriggio CGIL, con le associazioni della rete nazionale #IOACCOLGO, della quale fanno parte diverse associazioni come Legambiente, Caritas, le chiese Evangeliche, l’Unione degli Studenti, Gruppo Abele e altre organizzazioni, e singoli cittadini, ha manifestato in solidarietà alla Sea Watch sotto lo slogan *#prima gli esseri umani*.
Non si è trattato di un momento di contrapposizione politica, ma come in altre occasioni, si è manifestato per dare un segnale in controtendenza rispetto alla deriva razzista che sempre di più sta investendo il nostro Paese. Anche questa volta si è giocato sporco sulla pelle dei disperati che lasciano il proprio Paese, afflitto da guerre e fame, per fare propaganda innalzando il livello di odio delle persone e dell’opinione pubblica.
Il gesto estremo e disperato della capitana della Sea Watch è stato reso necessario per permettere alle 40 persone, da due settimane bloccate su quella nave, di poter essere sbarcate perché ormai in condizioni di salute giunte allo stremo. Non è una battaglia ideologica all’interno di uno scontro tra fazioni opposte, ridotte ormai a tifoserie contrapposte in una dialettica di basso livello che si diffonde sopratutto a livello di social network.
È una questione di umanità e di civiltà. Il sistema normativo italiano ed europeo hanno dimostrato tutta la loro demagogica inefficienza a discapito delle persone che soffrono e che rischiano di morire in mare. L’Europa e l’Italia devono porre con forza la questione del superamento del trattato di Dublino per mettere in campo strumenti normativi in grado di garantire l’accoglienza diffusa a livello europeo affermando il rispetto di diritti umani fondamentali quali il soccorso in mare e il diritto internazionale di protezione per chi fugge da guerre, dittature, fame ,terrorismo e catastrofi ambientali.
Eppure si continua a girarsi dall’altra parte del vero nodo del problema e si continua ad ignorare la grande crisi umanitaria che investe migliaia di migranti, donne e bambini, imprigionati nell’inferno libico. Si discute ancora se la Libia, è oppure no, un porto sicuro quando è ormai chiara, come dice l’ONU, la situazione di violenza che subiscono i migranti nei centri di detenzioni libici.
Una situazione di vero infermo aggravata dalla guerra civile che ormai da mesi è degenerata in quella regione del Mediterraneo a pochi chilometri dall’Europa.
La Libia non può essere un interlocutore affidabile per gestire questa crisi umanitaria epocale. Di questo deve prendere atto l’Italia a livello politico, vale per il governo e anche per l’opposizione. Ma vale e deve valere soprattutto per la comunità internazionale a partire dall’Unione Europea. Bisogna fermare quest’olocausto contemporaneo e rimettere al centro della politica l’umanità, le persone che soffrono prima di ogni cosa.
I Paesi occidentali devono assumersi la responsabilità di tracciare un nuovo corso della storia dopo decenni si sfruttamento dei Paesi da dove oggi scappano le persone per la fame e le guerre, partendo dal garantire protezione per chi è costretto a scappare da quei luoghi.
Non possiamo permetterci un ritorno indietro nella storia, dove prevale la barbarie, l’egoismo e il principio di supremazia della razza. Quindi continueremo a manifestare con chiunque non vuole rassegnarsi a questo barbaro destino e all’egoismo. Siamo convinti di essere dalla parte giusta, a fianco degli ultimi, dei più poveri e dei disperati. Il principio di solidarietà e umanità che da due secoli caratterizza il movimento dei lavoratori a livello Internazionale oggi non può venir meno, convinti che solo attraverso la difesa dei diritti di tutti si può sviluppare una nuova stagione di diritti di scala globale.

Segretario generale
CGIL Ragusa

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