RIFORMARE LA GIUSTIZIA?

Quando ho cominciato a scrivere questi articoli sulla giustizia avevo previsto un percorso che si concludesse con le soluzioni praticabili per una vera riforma del sistema giudiziario. Il clima politico di questi giorni, e non solo di questi giorni, mi fa sembrare surreale parlare di soluzioni. Perché la domanda che ci poniamo ascoltando le notizie in materia è invece un’altra: ma vogliamo riformare la giustizia per renderla efficiente nell’interesse dei cittadini, oppure l’obiettivo della politica è un altro? La settimana scorsa, con una intervista pubblicata su Repubblica, l’avvocato Giulia Buongiorno, presidente della commissione giustizia della Camera dei Deputati, senza troppi giri di parole, dichiarava che in effetti si invoca la grande riforma ma si punta solo a salvare il premier e a punire i magistrati.

E, in effetti, guardando a tutta la serie di c.d. riforme che vengono sfornate a getto continuo in materia di giustizia, si vede come il filo conduttore che le unisce tutte non è il potenziamento e la razionalizzazione del sistema giudiziario pubblico ma la sua mortificazione e l’esportazione della giustizia verso ambiti più controllabili da parte del sistema politico o economico.

Nell’ambito penale basta ricordare il progetto di processo breve, o altre leggi che abbreviano i termini di prescrizione, (invece di dotare il sistema di risorse per accelerare i processi) e la proposta di eliminare l’obbligatorietà dell’iniziativa penale togliendo contestualmente ai pubblici ministeri la direzione delle indagini che viene attribuita invece alla polizia giudiziaria.

In ambito civile, due recenti riforme, quella sul processo del lavoro e quella che introduce l’obbligo della preventiva mediazione in molte cause civili, sono accomunate entrambe dall’indebolimento dei poteri del giudice e delle garanzie nei confronti dei cittadini più deboli.

In un convegno di studi tenutosi venerdì 1 aprile a Ragusa sul “Collegato lavoro” (la riforma del processo del lavoro) tutti i partecipanti hanno convenuto su quanto detto sopra, prospettando il pericolo di un progressivo de-potenziamento della giustizia pubblica e, conseguentemente, delle garanzie nei confronti dei cittadini che solo essa può offrire.

Né si può sostenere che il potere politico non ha compreso il problema: il 18 gennaio, presentando, d’intesa con il ministro della giustizia, un protocollo d’intesa tra ministero della PA e CSM, il ministro Brunetta ha dichiarato di essere convinto che l’80% dei problemi della giustizia italiana sono di natura organizzativa.

A questo punto, evitando di addentrarci in problemi tecnici che non interessano i nostri lettori, al solo scopo di dimostrare che, volendo, ci sono strade serie da seguire, indichiamo sommariamente alcune possibilità.

  1. Revisione delle circoscrizioni giudiziarie: non si riesce a realizzare una seria revisione degli uffici giudiziari esistenti (gli esempi di doppioni inutili di uffici giudiziari come quello di Modica, a soli dieci chilometri di distanza da Ragusa e con un carico di lavoro irrisorio, si sprecano) realizzando così economie organizzative e aumentando la produttività di risorse umane e materiali. Da anni si propone invano anche la soppressione di almeno 300 uffici del giudice di pace del tutto inutili. Ciò perché le resistenze clientelari locali sono più forti delle esigenze di razionalità e di efficienza.

  2. Specializzazione. Si insiste molto sulla separazione delle carriere dei magistrati al solo scopo, politico, di mettere sotto il controllo dell’esecutivo il lavoro dei pubblici ministeri. Si omette di affrontare il problema della specializzazione dei magistrati e del personale amministrativo. Il magistrato è uno dei pochi professionisti che, con poche limitazioni introdotte di recente, può cambiare incarico e materia di lavoro (dal penale al civile, al lavoro e così via). E’ come se ad un medico ortopedico fosse concesso di svolgere la professione di oculista; per restare nell’ambito legale, un avvocato che nasce penalista non si sogna, a un certo punto della sua carriera, di cambiare specializzazione. Ma c’è di più. I magistrati hanno occupato tutte le posizioni organizzative del ministero della giustizia e degli uffici giudiziari, estromettendone i relativi specialisti, e gestendoli con la dovuta incompetenza. Per una giustizia di eccellenza, bisogna attribuire le varie posizioni alle persone competenti e che possano svolgere gli incarichi con la relativa responsabilità.

  3. Riorganizzazione dei processi di lavoro. Abbiamo visto, nella seconda puntata di questa serie di articoli, che la produttività degli uffici giudiziari è diversa al sud o al centro rispetto agli uffici del nord. Ciò a parità di normativa e risorse; spesso anzi il personale è più carente al nord che al sud. Si potrebbe avviare una politica di riorganizzazione degli uffici meno efficienti con lo studio delle buone pratiche e con sistemi di valutazione premiante nei confronti degli uffici che raggiungano obiettivi prefissati.

  4. Informatizzazione. Si potrebbe far leva su validi processi di informatizzazione (alcuni progetti anche avanzati, come quello sul processo civile telematico, esistono ma non sono attuati) per rendere l’organizzazione più efficiente e vicina ai cittadini.

 

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