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PROVE DI GUERRA FREDDA
17 Lug 2016 13:15
Da pochi giorni si è concluso il XXVI summit della NATO a Varsavia, contraddistinto questo più da ombre che da luci. Mi permetto di scrivere questo perché l’ultimo vertice delle nazioni alleate atlantiche occidentali sembrerebbe essere stato più una convention di partito “all’americana” che un summit politico-militare. La mia riflessione è facilmente avvalorabile semplicemente descrivendo quanto accaduto capitale polacca.
Inizio dicendovi che la scelta di svolgere il summit in Polonia non è stata del tutto casuale ma frutto di pressioni volute da Washington verso tutti gli alleati, affinché la NATO facesse sentire la sua presenza in quella parte d’Europa considerata dall’establishment U.S.A. come l’ultima nazione amica prima del nemico. Qualche rigo addietro mi sono permesso di scrivere che il summit NATO è sembrato essere molto simile ad un congresso di partito che ad un qualsiasi summit militare; questo perché quanto visto a Varsavia non è stato per niente dissimile da quanto si vede ogni giorno nel mondo politico. Infatti, in entrambe le situazioni è voluta sacrificare una corrispondente visione dei fatti, come realmente accadono, in cambio di una fittizia retorica propizia al proprio interesse.
Sì, perché come un qualsiasi segretario di partito cerca di arringare i propri compagni indottrinandoli con le sue idee in linea con il programma politico, facendoli addirittura sentire come parte di un elite predestinata a compiere una missione salvifica, sia per loro che per l’intero paese, anche al vertice NATO in Polonia si è occultata una reale situazione geo-politica in cambio di una nuda e cruda retorica voluta fortemente dagli ambienti americani. Proprio quella retorica che ha visto accusata la Russia di un’aggressione perpetrata nel 2008 nei confronti di una Georgia la quale stessa UE aveva indicato come iniziatrice delle ostilità. Si è focalizzata l’attenzione sul referendum della Crimea, dichiarato illegale ma ci si è scordati di menzionare quello secessionista del Kosovo, sempre del 2008, per istanze, tale e quale a quello della Crimea, ma al contrario di quest’ultimo considerato valido.
Si è continuato dicendo di stare attenti alla minaccia Russa, la quale circonda ed avvolge il mondo. Per meglio avvalorare quanto affermato, basta riportare la cartina con le basi NATO dislocate sull’intero globo per far capire quanto si è distanti dalla realtà circa l’accerchiamento russo. Purtroppo però al XXVI summit della NATO non si è solo discusso ma si sono prese alcune scelte di ordine militare che fanno presagire più che un rispolvero della guerra fredda, ad una vera e propria edizione rivista e corretta, aggiornata al 2.0. Non è difficile giungere a questa conclusione se si ascoltano le parole del segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, il quale si è dichiarato più che soddisfatto sull’accordo che ha deciso il potenziamento del “nuovo fronte orientale” dove verranno dislocati a tempo pieno in Polonia, Estonia,Lituania e Lettonia (tutti quattro stati che ancora oggi sembrano non aver digerito essere stati parte prima dell’impero zarista e poi dell’URSS) dei battaglioni multinazionali.
Tale decisione in sé non rappresenta una minaccia alla pace ma forse qualcosa di più: una provocazione vera e propria. Non bisogna essere degli esperti militari per capire che i battaglioni rappresentano più che un baluardo difensivo verso un eventuale (ed improbabile) attacco russo una mera provocazione militare.
Come se non bastasse anche Renzi e Gentiloni si sono fatti notare in questo gioco ideologico nel quale sarebbe meglio strisciare tra spazi di neutralità invece che tra fazionistiche prese di posizione. Infatti nei contingenti multinazionali dislocati nei quattro paesi sopra citati, anche l’Italia con la massima soddisfazione del governo (che soddisfazione si potrà mai trarre dal portare i figli della patria al fronte?) schiererà un suo contingente in Lettonia. Infatti, la decisione dell’invio di un contingente italiano nel Baltico è stata a mio avviso una delle tante scelte sbagliare presa durante il summit della NATO a Varsavia, dove invece di ricercare un clima distensivo non si è fatto altro che gettare benzina sul fuoco.
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