L’EUFORIA DELLA VITTORIA

Quando una città è governata da una maggioranza bulgara e non c’è una opposizione con un minimo di colonna vertebrale, non è certo una situazione ideale per quanto più che legittima.

Se poi chi detiene la maggioranza dimostra di non capire la legge elettorale, le norme procedurali e i regolamenti, allora la situazione è tragica. Se poi c’è un difetto grave di comunicazione che fa diffondere ad alcuni consiglieri comunicati dai contenuti farneticanti, c’è poco da sperare per il futuro.

In Italia, e in Sicilia per le prerogative dello Statuto speciale, vigono molte leggi cervellotiche, complicate, farraginose, a volte perverse. Nelle leggi elettorali si concentrano i meccanismi più inspiegabili e contorti, ma la legge non si discute, si applica e basta.

Spesso gli effetti delle contorsioni legislative non vengono nemmeno percepiti dal popolo che arriva, a stento, a capire che la legge è difficile da interpretare, tutt’al più complicata. E poi c’è quell’aura di austera severità, intangibile, che aleggia attorno a tutto ciò che concerne le elezioni e rende indiscutibile ogni effetto o conseguenza.

A Ragusa le ultime elezioni hanno messo a nudo le conseguenze di una legge, per certi versi incomprensibile ma pur sempre legge dello Stato da rispettare e osservare.

Per sintetizzare, diremo che un Sindaco si afferma con il 70 % dei consensi, trascina dietro di sé una maggioranza in consiglio di 18 consiglieri su 30, relega, più per le scellerate strategie degli avversari che per suo merito, la coalizione avversaria in un angolo, vanificando un 46,11% di preferenze alla coalizione che, sommato a quello dell’alleato al ballottaggio, un altro 10,49%, avrebbe potuto significare un 56,60% in grado di determinare la maggioranza in consiglio anche in caso di sconfitta del candidato sindaco.

Il quadro venutosi a creare determina comunque, per legge, una situazione paradossale nelle commissioni, dove si fronteggiano, in perfetto equilibrio, all’inizio, 8 componenti che fanno riferimento alla maggioranza consiliare e 8 che fanno riferimento alle minoranze. Si determina, per legge, un equilibrio che potrebbe imbrigliare la macchina amministrativa, anche se alla fin dei conti il ruolo delle Commissioni è solo consultivo e non determinante per le sorti dell’amministrazione.

Se poi un gruppo consiliare delle minoranze, composto da due consiglieri, si scinde perché un consigliere va al gruppo misto, si verifica, sempre per legge, che la commissione vede aumentare di una unità il numero dei componenti, salta l’equilibrio e, addirittura, i rappresentanti delle minoranze, insieme, possono determinare la maggioranza nelle commissioni.

Ma tutto è normale, regolato dalla legge, perfettamente legittimo ogni comportamento anche di ostruzionismo, ancorché criticabile.

Normale anche, forse meglio dire comprensibile, che chi sa di aver vinto le elezioni può non digerire questo tipo di situazione, legittima ogni espressione di dissenso o di non condivisione per qualsiasi atteggiamento ostruzionistico, incomprensibili reazioni scomposte che fanno trapelare anche carenza di una visione chiara dei fatti della politica e delle norme elettorali, poco concepibile per chi la politica la deve fare.

E’ così che i grilllini della seconda commissione additano i colleghi, che loro chiamano di minoranza ma che, in effetti, in commissione, sono maggioranza, per ‘aver superato ogni limite’.

Verrebbe da chiedersi chi scrive i comunicati o se il testo è frutto di espressione unanime: si legge che “Il Movimento 5 Stelle, pur avendo una maggioranza schiacciante in Consiglio, frutto del chiaro responso elettorale, …………”. Da gente onesta, ci si sarebbe aspettato di leggere:  frutto del chiaro dettato della legge, del meccanismo elettorale del ballottaggio e della scelta degli avversari, perché, se di responso elettorale si deve parlare, questo aveva concesso al Movimento 5 stelle solo il 9,62 % dei consensi, penultimo nella scala delle preferenze fra tutte le coalizioni e i partiti che si presentavano da soli.

Così come una legge scellerata permette di lasciare a casa oltre il 50% di chi ha ricevuto il consenso degli elettori, senza che nessuno abbia avuto da recriminare, così si deve accettare il fatto che in Commissione si sta sotto.

Nulla da eccepire sul rifiuto del dialogo, sui possibili ed eventuali danni per la città, sulle censure per voltafaccia inaspettati, tutte cose che fanno parte della normale dialettica politica. Auspicabile poter valutare le motivazioni per la mancata approvazione del Piano Triennale delle opere pubbliche.

Non si può parlare solo di un perverso e assurdo regolamento interno del Consiglio, se non si ammette che si è maggioranza per una altrettanto perversa legge elettorale. In ogni caso, se di regolamento del Consiglio si tratta, nulla impedisce alla maggioranza di apportare le necessarie modifiche.

In un secondo comunicato, altri sei consiglieri del M5S, componenti della sesta commissione, dimostrano maggiore leggerezza nella redazione dello stesso.

Parlano di assalto delle opposizioni, senza distinzione alcuna, alla sesta commissione, parlano di un mancato rispetto di ruoli e competenze solo per il fatto di far valere i numeri di maggioranza, criticano per il tentativo di portare a casa anche questa poltrona.

Sembra di vederlo, nell’immaginario dei grillini, l’assalto alla diligenza, con Antonio Tringali e Federico Piccitto a cassetta che frustano i cavalli, Martorana che spara numeri verso le opposizioni che inseguono a cavallo, con Sonia Migliore che sembra la Madonna delle Milizie e Mario d’Asta felice per il fucile nuovo che gli hanno regalato.

Le opposizioni avrebbero verificato di non avere i numeri sufficienti ma insistono in una azione predatoria. Quello che inquieta i grillini è la ostinazione dei consiglieri di minoranza che così facendo, grazie a un regolamento che mortifica chi ha vinto democraticamente le elezioni amministrativa, vogliono a tutti i costi ciò che per consenso elettorale non gli spetta.

Tutte le altre considerazioni non sono altro che retorico politichese, la posizione dei grillini sembra pretestuosa perché sembra voler imporre ciò che leggi e regolamenti non  prevedono, la resa totale e obbligatoria degli sconfitti.

Resta, comunque, l’amaro in bocca per il termine ‘predatoria’ che si riferisce a chi, “abitualmente o occasionalmente vive di preda, di ruberie, di saccheggi”.

Si resta sconcertati per la gratuita gravità di una offesa lanciata sparando nel mucchio, per comportamenti politici, perfettamente legittimati dalle norme ancorchè non condivisibili, toni e offese che esigono un indispensabile forte ridimensionamento da parte, prima di tutto, di Presidente del Consiglio e vertici dell’Amministrazione.

Non meno preoccupante l’indifferenza delle minoranze, soprattutto se non ci sarà un segnale forte e unanime di reazione ad atteggiamenti, anche solo verbali, di questo tipo.

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