La vera anima rock di Sanremo è stata lei: Orietta Berti

La vittoria dei Maneskin consegna al pubblico di Sanremo la parvenza di una vittoria rivoluzionaria. Intendiamoci, una vittoria che poteva starci, vista la giovinezza, la freschezza e anche il coraggio di restare sempre sé stessi nonostante tutto. Li conosciamo sin da quando arrivarono secondi ad X Factor, edizione vinta poi da Lorenzo Licitra. Loro erano nel team di Manuel Agnelli e sin da subito ci si era accorti che i ragazzi avevano almeno carisma e presenza scenica.

Da allora, hanno sempre mantenuto questo stile rockeggiante, un rock che non fa male a nessuno. Certo, non stiamo parlando dei Led Zeppelin e forse magari cambieranno ancora nel corso degli anni ma una cosa è certa e bisogna dargliene atto: i Maneskin hanno avuto almeno il coraggio di portare a Sanremo un pezzo diverso: se si fossero presentati con una power ballad tipo la loro “Torna a casa” (Marlena torna a casa, per intenderci), avrebbero vinto a mani basse. Ma oltre a qualche riff, le luci stroboscopiche, un testo per ragazzini e qualche chitarra dal suono distorto, c’è poco altro. Ma sono giovani e bisogna sempre avere fiducia nei giovani e chissà che negli anni non ci riserveranno altre sorprese, magari con un po’ di maturità musicale in più.

Ma per noi, la vera anima Rock di Sanremo è stata lei: Orietta Berti. Lei, che si è fatta inseguire dalla polizia in piena notte per le vie di Sanremo perché doveva andare a provarsi i vestiti dalla sarta. Lei, che ha allagato la camera d’albergo combinando un disastro. Lei, diventata virale su internet con una video intervista in cui storpia Ermal Meta in “Ermal Metal” e i Maneskin in “Naziskin”. Adorabile nel suo candore. E’ stata lei a salire sul palco dell’Ariston e dare lezioni di tecnica a tutti: mai una nota stonata, mai una stecca. Perfetta. E nonostante non abbia milioni di follower, ha ottenuto un meritatissimo nono posto. Per noi, la vincitrice morale di questa edizione.
A 77 anni ha fatto capire di sapere bene come si sta su un palco: presenza scenica, ha fatto il suo, non ha bisogno di ballare davanti a una telecamera con gesti epilettici o di gridare “Ibuprofene” e altre parole sconnesse (per dimostrare cosa poi?). Lei è talmente avanti da risultare davvero la migliore performer di tutta la kermesse.

Una kermesse, diciamocelo, davvero sottotono: a parte gli orari impossibili buoni solo per i sonnambuli, la serata finale avrebbe messo ko perfino un toro. Arrivare fino alle 2.30 per vedere il vincitore con tanto di pubblicità e ospitate, è inumano. La conduzione, per carità, anche sobria di Amadeus non dispiace, ma la spalla Fiorello è risultata davvero sottotono: battute strane, un umorismo fuori tempo. E Amadeus anche fin troppo adorante nei suoi confronti.
Non ce ne vogliano i fan di Achille Lauro, ma francamente anche lui ha scocciato: questo personaggio costruito a tavolino, che si fa portavoce di un messaggio rivoluzionario solo per un pubblico di sessantenni e per qualche prete che si scandalizza a vedere due uomini baciarsi, ci lascia veramente indifferenti. Roba, tra l’altro, già vista vent’anni fa, da quando Madonna baciò Christina Aguilera e Britney Spears agli MTV Video Music Award. Signori, era il 2003 e la Rai ci è arrivata adesso? Questa finta rivoluzione, questa voglia di scandalizzare quando non c’è proprio niente di scandaloso anche ad essere pansessuali, è roba vecchia e sembra che tutti stiano scoprendo l’acqua calda. Rivogliamo l’Achille Lauro di “Rolls Royce”, quello che cantava rockeggiando e che finì a striscia la notizia perché il testo parlava di ecstasy. Non che fosse la cosa più rivoluzionaria mai vista, visto che ci sono centinaia di canzoni che parlano di droga (da Lucy in the sky with diamonds dei Beatles fino a Perfect Day di Lou Reed), ma almeno si poteva riflettere sul fenomeno.
E gli altri? Gli altri così. Un secondo posto della Michielin e del marito di Chiara Ferragni che lascia francamente basiti, vista la canzone veramente dimenticabile dei due e una performance sul palco sottotono. Delusione dei “big” della voce: Renga fuori fase da una decina d’anni, un’Arisa che non emoziona, gli altri non hanno lasciato neanche il segno.

Interessante il duo Colapesce-Dimartino, anche se la canzone ha uno stile retrò che non fa impazzire ed è una sonorità già ascoltata. Non la miglior canzone che hanno in repertorio.
Bugo ha confermato che in effetti con o senza Morgan, è lo stesso.
Sicuramente in radio ascolteremo molto Irama, la Michielin-Fedez e i Maneskin.

Ci perdoneranno i lettori, ma non riusciamo a capire quale sia il fascino di canzoni come quelle di Noemi, Ayane, Annalisa, Ermal Meta e simili: passeranno come l’acqua passa attraverso i tubi, ovvero senza lasciare traccia.
Le vere scoperte del festival, dal punto di vista musicale, restano Madame, la rappresentante di lista, Extraliscio e Davide Toffolo e Willy Peyote, se proprio vogliamo essere onesti.
Ma una cosa è certa: meritatissimo il penultimo e l’ultimo posto per Aiello e Random.
Se gli altri non ce li ricordiamo, un motivo ci sarà.

Ecco la classifica finale

1. Maneskin – Zitti e buoni

2. Fedez e Francesca Michielin – Chiamami per nome

3. Ermal Meta – Un milione di cose da dirti

4. Colapesce e Dimartino – Musica leggerissima

5. Irama – La genesi del tuo colore

6. Willie Peyote – Mai dire mai (La locura)

7. Annalisa – Dieci

8. Madame – Voce

9. Orietta Berti – Quando ti sei innamorato

10. Arisa – Potevi fare di più

11. La rappresentante di lista – Amare

12. Extraliscio e Davide Toffolo – Bianca luce nera

13. Lo Stato Sociale – Combat Pop

14. Noemi – Glicine

15. Malika Ayake – Ti piaci così

16. Fulminacci – Santa Marinella

17. Max Gazzé – Il farmacista

18. Fasma – Parlami

19. Gaia – Cuore amaro

20. Coma Cose – Fiamme negli occhi

21. Ghemon – Momento perfetto

22. Francesco Renga – Quando trovo te

23. Gio Evan – Arnica

24. Bugo – E invece sì

25. Aiello – Ora

26. Random – Torno a te

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