LA PRIVACY

Da questa settimana, tutti i lunedì, ci incontreremo su queste pagine per parlare delle regole della convivenza civile di una società moderna ed evoluta come la nostra: regole legali, a partire dalla Costituzione e dalle leggi fondamentali, ma anche regole di “galateo civile”, che tutte assieme fanno la differenza tra una società democratica e una società “tribale”.

Prenderemo lo spunto da fatti o notizie di cronaca, che in questo periodo non sono certamente rari, dai suggerimenti dei lettori e, per grandi linee, seguiremo anche un percorso teorico.

Oggi, e per qualche incontro successivo, parleremo della “privacy”, un termine che, forse a causa dell’esterofilia dilagante, o forse perché fa comodo così, viene oggi usato a proposito e, più spesso, a sproposito. Il significato di questa parola, che in italiano si può tradurre come privatezza, intimità o riservatezza, è in poche parole il diritto ad essere lasciati in pace. Cosa tutt’altro che facile in una società sempre più evoluta dove la tecnologia memorizza tutto della nostra vita, anche gli aspetti apparentemente più banali. Se usate un telefonino, per anni i dati relativi ai vostri movimenti, alle vostre conversazioni, alle vostre abitudini saranno memorizzati; se avete una carta di credito, qualcuno saprà tutto delle vostre spese, dei vostri movimenti, dei vostri gusti; se avete accettato la carta sconti del supermercato, in qualche computer sono memorizzati i vostri gusti alimentari e sarete bombardati da offerte di prodotti relativi al vostro profilo di consumatore; se usate un computer e vi collegate a internet o vi registrate su siti di reti sociali (tipo facebook ), anche le vostre opzioni più intime possono essere a conoscenza di terzi.

Sono questi solo alcuni esempi di esigenza di tutela della riservatezza individuale. Ma il diritto alla privacy, come tutti i diritti, non può essere illimitato. Se si dice un’ovvietà quando si dice che il diritto alla libertà di ciascuno finisce dove inizia il diritto alla libertà del prossimo, anche il diritto alla privacy trova molti limiti: il diritto da riconoscere ai terzi su vicende private (ad esempio, il diritto di chi deve acquistare un immobile di accedere alle vicende dello stesso tramite i registri immobiliari), il diritto della giustizia di indagare nella vita privata di persone sospettate di reato (non si può invocare la privacy contro le indagini della magistratura; si pensi solamente che la maggior parte dei reati avvengono nella “privacy”: il ladro ruba di notte, i delitti sessuali non avvengono in piazza ma nel chiuso delle case, i delitti finanziari si realizzano nel chiuso degli studi privati, ecc). E ancora. Il diritto alla privacy non è uguale per tutte le persone. Il diritto alla tutela della privacy è maggiore per le persone normali; ma è molto più limitato per le persone che sulla pubblicità hanno costruito la propria vita: le persone che lavorano nello spettacolo o i politici che hanno chiesto i voti ai cittadini proponendo un particolare modello di vita devono poi permettere che i cittadini possano giudicare, al momento del voto, acquisendo le relative notizie sulla vita privata degli stessi. E, infine, il diritto alla privacy si deve rapportare con contrapposte esigenze dei cittadini, altrettanto degne di tutela: il diritto alla libertà di informazione e la libertà di stampa, la trasparenza della pubblica amministrazione e il diritto di accesso agli atti della stessa.

Come si intuisce da questi pochi cenni, la materia è piuttosto complessa e non la si può liquidare semplicemente dicendo “non si può violare la mia privacy!”. I rapporti tra i cittadini in una società evoluta devono essere regolati con normative altrettanto complesse che permettano di garantire le esigenze di ciascuno. Ma ciascuno ha il dovere di rendersi conto della complessità della situazione e di attenersi a comportamenti conseguenti.

Nelle prossime settimane affronteremo alcuni aspetti importanti di questa problematica: lunedì prossimo parleremo di intercettazioni telefoniche.

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